Ci stiamo affacciando alla ripresa. Dalla seconda metà dell’anno - dice Bruxelles - sarà “forte”. Certo i danni della pandemia non si cancellano in fretta e infatti torneremo ai livelli pre Covid solo nel 2022, ma le previsioni della Commissione europea danno il polso di un percorso che è in fase di avvio. E già questo è un dato rilevante dopo un anno in cui l’asticella del passaggio dal tonfo alla ripresa è stata costantemente spostata in avanti.

I vaccini e le riaperture stanno liberando le attività economiche e i consumi degli italiani, seppure gradualmente, e un’ulteriore spinta, sul medio periodo, arriverà dal Recovery. Ma cosa c’è dietro questa ripresa? La locomotiva è l’industria in casa nostra, ma anche un export che ha retto durante il lockdown e che guarderà sempre più alla Cina oltre che all’Europa. Abbiamo continuato a vendere il riso alla Germania e il vino all’Olanda, ma anche le scarpe alla Corea del Sud e la plastica alla Cina. Costruiremo la ripresa con l’alimentare e le costruzioni, proveremo a renderla più forte con l’elettronica e i robot.

Così l’industria ha preparato il rimbalzo. In Italia con la farmaceutica, ma anche vendendo l’olio di oliva alla Francia e le macchine tessili alla Turchia - Lo dice uno studio realizzato da Intesa Sanpaolo e Prometeia: mentre molti settori - dagli hotel ai ristoranti - erano immersi nella crisi dell’autunno scorso, con il ritorno delle restrizioni dopo l’estate “free”, c’è chi stava preparando la ripresa. È stata l’industria manifatturiera a dare il primo segnale positivo. Perché è vero che l’anno scorso ha perso 90 miliardi, ma la gran parte dei danni c’è stata a marzo-aprile e comunque il calo è stato inferiore alle attese. Meno della crisi del 2009. Siamo indietreggiati nella produzione legata alla moda (-21,6%) e abbiamo perso parecchia strada nella meccanica (-13,5%), ma abbiamo tenuto botta con l’alimentare e le bevande, con una riduzione molto più contenuta (-1,4%). Il lockdown e lo smart working ci hanno portato a passare più tempo in casa e per questo l’industria degli elettrodomestici è rimasta sostanzialmente in linea con la produzione del 2019 (il calo è stato dell′1,5%).

Ma c’è stato anche un settore manifatturiero che ha registrato un segno più: la farmaceutica. Ha iniziato a trainare il recupero insieme all’alimentare, sia per i fabbisogni delle famiglie italiane, sia per i prodotti venduti all’estero. L’Italia ha continuato a vendere l’olio di oliva alla Francia, ma anche le macchine tessili alla Turchia.

Perché la locomotiva della ripresa è la manifattura (ancora una volta). Merito dell’export che ha puntato di più sulla tecnologia - La pandemia, come si diceva, ha messo la manifattura sotto pressione ma non ha intaccato il sentiero di recupero. Soprattutto per quanto riguarda l’export: le esportazioni italiane hanno tenuto meglio di Germania e Francia (-8,8% a prezzi costanti contro il -9,1% di Berlino e il -16% di Parigi). Ma è scendendo nella pancia delle trasformazioni della manifattura che si capisce perché è stato il rafforzamento della cosiddetta competitività avvenuto nel decennio 2010-2019 ad aver costruito l’argine contro il Covid e ad aver fatto ripartire prima la stessa manifattura esposta sui mercati internazionali.

Sta cambiando, seppure gradualmente, il posizionamento dell’Italia sui mercati. Ma sta cambiando soprattutto la specializzazione in settori a medio-alto contenuto tecnologico. Questi due elementi hanno portato la propensione all’export dell’industria italiana dal 36% del 2010 al 48% del 2019. Con un incasso di 100 miliardi. Secondi in Europa, dietro solo alla Germania.

Dentro la ripresa. La domanda interna è il traino dell’industria, l’affanno dei consumi - La ripresa del manifatturiero italiano sarà guidata principalmente dalla domanda interna. Meno intenso, invece, il recupero atteso per l’altra componente della domanda interna, i consumi, che dopo il rimbalzo del biennio 2021-2022, insufficiente a recuperare le perdite del 2020, cresceranno a passo più contenuto nel medio periodo, condizionati dalla debolezza dei redditi e dal ripristinarsi lento delle condizioni di normalità dal punto di vista della mobilità e delle misure di distanziamento sociale. Solamente i consumi di alcuni prodotti durevoli (mezzi di trasporto, elettronica di consumo, mobili, elettrodomestici) confermeranno una maggiore vivacità, sostenuti dalla presenza di incentivi in chiave ecologica.

Le costruzioni e gli elettrodomestici, il tesoretto dell’alimentare: i settori che guideranno il rimbalzo - Eccoci alla ripresa attesa da giugno-luglio. La manifattura marcerà a ritmo più sostenuto rispetto ai servizi e a fine anno anticiperà il recupero del gap accumulato con il Covid. E arriverà a superare i livelli pre pandemia, con oltre 70 miliardi in più rispetto al 2019, nel 2022, quando gradualmente tutta l’economia tornerà alla normalizzazione. Anche qui un anticipo perché molti settori avranno gli stessi livelli di fatturato pre pandemici solo negli ultimi mesi dell’anno prossimo.

Si parte dall’estate. Da luglio a dicembre saranno l’alimentare e la farmaceutica a segnare il recupero, seppure parziale. Insieme ai settori che recupereranno in modo più veloce rispetto alla media: prodotti e materiali da costruzione insieme agli elettrodomestici. Alcuni dati lo spiegano bene. Il settore dei prodotti e dei materiali da costruzione passerà da -6,3% del 2020 a +8,9% quest’anno. Gli elettrodomestici da -1,5% a +3,8 per cento. Il settore dell’alimentare e delle bevande da -1,4% a +3,9% e la farmaceutica da +0,8% a +2,8 per cento.

Il salto del 2022. I robot, i macchinari e il ritorno della moda - Dal 2022 e fino al 2025, in linea con l’arrivo dei soldi del Recovery e con la natura digitale di gran parte dei progetti, le previsioni sui settori manifatturieri danno volto a un rimescolamento della produzione. L’industria italiana registrerà gli aumenti di fatturato più significativi nel settore dell’elettronica (+7,9% nel 2022), ma anche in quello della meccanica (+8,1% sempre il prossimo anno). E ritornerà il peso specifico della moda, il settore manifatturiero più colpito dal Covid con una perdita del fatturato pari al 21,6%: arriverà a +7,7% nel 2022 dopo lo step intermedio del +11,9% di quest’anno. In ripresa anche il settore delle auto e delle moto (+6,6%).

 

Anche l’export per la ripresa. Cosmetici, mobili e alimentare in testa - Oltre alla domanda interna sarà anche l’export a trainare la ripresa. Le esportazioni potranno recuperare i livelli pre-crisi nel 2022 grazie alla rafforzata competitività delle imprese italiane che permetterà d’intercettare la maggiore vivacità del commercio mondiale. Il contributo del canale estero sarà particolarmente importante nel recupero di alcuni settori produttori di beni di consumo, innanzitutto per la moda, ma anche per il cosiddetto largo consumo (in particolare per il comparto della cosmesi), per i mobili e per l’alimentare e le bevande.

L’Asia (Cina in testa) per il secondo tempo dell’export italiano - L’export italiano ha retto nonostante il lockdown e un mercato europeo - il primo sbocco in termini di volumi - che si è ristretto. L’Europa resterà il core business, ma già nei prossimi anni l’Italia dovrà tutelare e rafforzare la quota che possiede in un mercato in evoluzione e molto ricco, quello asiatico guidato dalla Cina. Sono 15 i Paesi di quell’area che hanno siglato l’accordo Rcep (Regional Comprehensive Economic Partnership) per tenere insieme 9.300 miliardi di euro del commercio mondiale e 2,2 miliardi di persone. Questi mercati, dalla Cina a Singapore, passando per il Giappone e la Thailandia, valgono 39 miliardi per l’Italia, l′8% dell’intero export. Ma già quest’anno questi Paesi avranno una crescita dell’import superiore di almeno due punti rispetto a quella attesa per la media degli scambi mondiali. In pratica avranno bisogno di importare di più e c’è chi, come l’Italia, potrebbe avvantaggiarsi di questa possibilità. Ma la concorrenza all’interno dell’area rappresentata dai 15 Paesi asiatici è fortissima e tutti sono pronti a spartirsi un mercato regionalizzato in cui sarà per questo difficile rafforzare la propria quota.

Il contributo del canale estero sarà particolarmente importante nel recupero di alcuni settori produttori di beni di consumo, innanzitutto per il Sistema Moda ma anche per il Largo Consumo (in particolare per il comparto della cosmesi), per i Mobili e per l’Alimentare e bevande.

Con il Recovery ci giochiamo lo scatto sulla manifattura digitale - L’industria italiana pre pandemia si posizionava su un buon livello di digitalizzazione. Soprattutto nell’elettronica, nella meccanica, nella filiera dei metalli e nelle specializzazioni più tradizionali del made in Italy, cioè l’alimentare e le bevande. Quindi bene su robotica, intelligenza artificiale, cloud. Male, invece, sui cosiddetti servizi di vendita come l’e-commerce e male sulla fibra ottica e sul 5G. Covid ha portato a un miglioramento delle competenze digitali e più in generale tecnologiche delle aziende, soprattutto perché il lavoro è diventato meno fisico e più online.

Ora con i soldi del Recovery ci giochiamo lo scatto verso una manifattura più digitalizzata. I settori che da qui al 2025 potranno avvantaggiarsi di più sono l’elettronica, la meccanica, le auto e le moto, l’elettrotecnica. Sono le specializzazioni più legate agli investimenti del piano italiano da 248 miliardi. A cascata i settore a monte della cosiddetta catena di valore, quindi i prodotti in metallo e la metallurgia che beneficeranno anche del traino dell’edilizia. Ma le costruzioni spingeranno anche grazie ai mobili: avranno un grande appeal sul mercato estero, ma anche in Italia dove sono attesi consumi in salita per quel comfort domestico che molti italiani hanno scoperto con la pandemia e a cui sono pronti a non rinunciare. Scenderanno invece la farmaceutica e l’alimentare: da apripista della ripresa, si posizioneranno in fondo alla classifica nella fase due della risalita.