La vicenda di Luca Ventre ha un grande punto di domanda che poi, dopo tutto, è il succo dell'intera vicenda. Come risaputo, dopo aver scavalcato il cancello dell'ambasciata di Montevideo (di certo iniziativa da condannare) è stato bloccato (eufemismo) da un poliziotto che in pratica aveva stretto nella sua morsa mortale il 35enne imprenditore di origini lucane. Ebbene, questo tutore dell'ordine, indagato da parte della Procura della Repubblica di Roma), non doveva trovarsi laddove si è consumato in pratica l'omicidio. Perché allora era lì? Chi lo ha fatto entrare? Chi gli ha dato il permesso di raggiungere un luogo comunque protetto da una sorveglianza che costa 90mila euro l'anno? Luca Ventre era davvero una persona così pericolosa?
A noi non risulta, non aveva addosso neanche un'arma, una pistola per esempio. E dunque cosa è successo in quei minuti all'interno dell'ambasciata? Di certo possiamo dire senza sbagliare che se il poliziotto non fosse stato laddove purtroppo ha utilizzato maniere forti per neutralizzare l'uomo, oggi non parleremmo di questa morte e Luca sarebbe ancora in vita e probabilmente sapremmo anche il motivo che lo ha spinto a entrare (senza ovviamente averne il permesso anche perché era un giorno di festa il 1° gennaio) in quel modo all'interno dell'ambasciata che, ricordiamo, è territorio italiano.
Dunque, a quasi 6 mesi dall'omicidio, abbiamo una vittima e un indagato. Manca però un tassello fondamentale: chi ha autorizzato l'ingresso del poliziotto? Quando avremo la risposta a questa domanda, allora sì che il puzzle sarebbe completo. Speriamo che, anche in onore di Ventre, qualcuno si prenda la responsabilità delle proprie azioni.