Nonostante l'allarme sanitario che la pandemia ha giustamente scatenato in tutto il mondo, i wet market - quei luoghi in cui la comunità scientifica ritiene che sia avvenuto lo spillover del Covid-19 da animale all'uomo - continuano a esistere indisturbati.

Ad aprile, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l'Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) hanno chiesto congiuntamente la sospensione a livello mondiale della vendita di mammiferi selvatici vivi nei mercati tradizionali, noti come wet market, a causa dell'alto rischio che questi ambienti comportano per la trasmissione di malattie di origine zoonotica.

Nell'ultimo periodo, i riflettori di tutto il mondo sono stati puntati su questi luoghi, i cosiddetti "mercati umidi", così chiamati per via del sangue degli animali macellati sul posto per i clienti che desiderano carne "fresca"; si tratta di mercati diffusi in ogni parte del mondo e finiti a più riprese al centro di controversie a causa del ruolo che hanno giocato nel dare origine a malattie che hanno colpito violentemente gli esseri umani negli ultimi decenni.

Se l'epidemia da Covid-19 sia frutto di un salto di specie sviluppatosi all'interno di un wet market, a oggi, è ancora un interrogativo aperto, tuttavia tutte le precedenti epidemie e pandemie hanno avuto i wet market e luoghi simili al centro dello spillover, incluso in alcuni casi anche gli allevamenti intensivi. Una cosa però è certa: gli esperti concordano nel ritenere che le prossime pandemie saranno di origine animale e avverranno in luoghi come questi mercati, dove la sofferenza degli animali è di casa. In particolare, secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, il 75% di tutte le malattie nuove o emergenti nell'uomo proviene dagli animali.

Nel 2020, noi di Animal Equality abbiamo pubblicato due indagini che mostrano le condizioni scioccanti nei mercati umidi in Cina, Vietnam e India. Queste inchieste hanno documentato l'estrema negligenza e le crudeltà di cui gli animali sono vittime all'interno di questi luoghi insalubri che ancora oggi nonostante gli avvertimenti dei funzionari sanitari continuano a esistere. I filmati inediti esclusivi girati dagli investigatori nei wet market mostrano animali come cervi, procioni, coccodrilli e cani vivere in condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, ingabbiati con crudeltà e sottoposti a fame, sete e malattie.

Le immagini raccolte testimoniano in questi ambienti la presenza di animali vivi e morti esposti a sporcizia, smog e inquinamento, senza alcun tipo di controllo o supervisione. A causa delle terribili condizioni in cui sono tenuti, gli animali raggiungono livelli di stress così elevati che il loro sistema immunitario cede, creando la combinazione perfetta per una catastrofe come la pandemia che stiamo affrontando.

Nello stesso mercato, inoltre, sono ammassate specie di animali selvatici e allevati che nella vita naturale non coesisterebbero mai. Questa condizione forzata aumenta il rischio di trasmissione di malattie zoonotiche tra l'uomo e gli animali, spesso confinati in gabbie anguste e recinti antigienici. Come se non bastasse, gli animali vengono uccisi pienamente coscienti e il loro sangue bagna i pavimenti delle bancarelle. In questo contesto, le condizioni igienico-sanitarie risultano pessime ma i controlli di sicurezza sanitaria continuano a essere inesistenti.

Per fermare la sofferenza degli animali all'interno dei wet market e dire basta a un sistema che comporta rischi enormi per la salute globale, abbiamo presentato oltre mezzo milione di firme alle Nazioni Unite (ONU) insieme a una petizione che chiede la fine della vendita di animali vivi nei wet market di tutto il mondo. Perdere tempo, infatti, non è più possibile. Le restrizioni in riferimento a questi luoghi pericolosi e disumani sono ora più che mai una necessità da attuare.