Caro Direttore, abbiamo letto su LA VOCE D’ITALIA di Caracas che, dopo il grande successo che ha avuto alla prima edizione, è tornato il concorso cinematografico “Fare Cinema – L’immigrante italiano”. È un’iniziativa per riscattare la memoria storica di un passato che onora decine di migliaia di connazionali che sono giunti in un paese del quale oggi, si parla solo molto male: il Venezuela. L’emigrazione italiana in questo paese ha caratteristiche particolari come, per esempio, che, a differenza dell’Uruguay o l’Argentina (esempi vicini), circa la metá degli italiani parlano abbastanza bene la nostra lingua. È vero, si tratta di un’emigrazione più recente forse, comunque, italiani emigrati dal nostro paese, purtroppo, non ne vengono ormai da molti anni. Come si fa per recuperare le radici di una comunità profondamente integrata nel tessuto sociale, politico ed economico di ognuno dei paesi di accoglienza?

Ovviamente sottolineando il ruolo svolto nell’ambito dello sviluppo delle arti e la letteratura. Per questo, alla sua seconda edizione presentata dalle autorità italiane, torna fare cinema-l’immigrante italiano iniziativa promossa dal Ministero degli Affari esteri ed organizzato dall’Ambasciata e il Consolato Generale d’Italia a Caracas guidato da un carissimo amico come Nicola Occhipinti. Ricordo con molto affetto l’ex Console aggiunto di Buenos Aires ai primi anni del millennio con il quale ho lavorato in innumerevoli occasioni quando, quasi ogni settimana, dovevo recarmi in Argentina per raccontare storie italiane su RAI ITALIA. L’iniziativa è appoggiata anche dall’Istituto Italiano di Cultura di Caracas, Cavenit, la Società Dante Alighieri di Maracay, il Comites e il “Trasnocho Cultural”, avendo il proposito di valorizzare l’industria del cinema.

L’edizione di quest’anno del Concorso è dedicata ai “mestieri” dell’emigrazione italiana. Gli interessati avranno tempo fino al prossimo 20 novembre per presentare il proprio cortometraggio e il 13 dicembre saranno annunciati i nomi dei vincitori. Non si tratta tanto di premi da migliaia di dollari, non si tratta di un concorso per la vanità di pochi, ma di un’iniziativa che, perfettamente, potrebbe essere portata avanti in Uruguay. Dall’Ambasciata, Consolato, Istituto di Cultura, COMITES, CGIE, Associazioni, per raccontare storie che potremmo anche pubblicare sul nostro giornale. Sono tante e la partecipazione, l’interessamento sono pochi. Dovremmo imparare da queste iniziative importanti per stimolare, soprattutto i nostri giovani, a trasmettere le nostre tradizioni e la nostra cultura.

Stefano Casini