Venerdì 29 ottobre papa Francesco riceve in udienza in Vaticano il presidente Joe Biden e la First Lady, Jill Biden. L'incontro tra papa Francesco e il secondo presidente cattolico degli Usa avviene in un momento complicato per entrambi. Specialmente la popolarità di Biden risente in negativo della lentezza e difficoltà delle riforme rispetto alle enormi aspettative suscitate dall'elezione.

Si tratta di due leader molto diversi dai predecessori che diedero vita al primo incontro nella storia tra un presidente cattolico degli Usa e il vescovo di Roma. Il 2 luglio 1963, quando John F. Kennedy fu ricevuto in Vaticano, il quarantaseienne presidente guardava con fiducia alla campagna elettorale del 1964 per la rielezione. Ma la presidenza Kennedy sarebbe stata interrotta dall'assassinio a Dallas pochi mesi dopo, il 22 novembre 1963. Paolo VI era stato eletto papa solo pochi giorni prima, nel giugno 1963; la chiesa cattolica stava vivendo con l'opinione pubblica americana e mondiale quella straordinaria luna di miele che fu il concilio Vaticano II (1962-1965) aperto dal suo predecessore, Giovanni XXIII, nell'ottobre 1962. L'incontro tra Paolo VI e JFK avveniva nel contesto di una nuova era di dialogo tra la chiesa cattolica e il mondo globale, e di una nuova vicinanza tra Santa Sede e Usa da un punto di vista anche teologico: nel 1965 il Vaticano II approvò la nuova dottrina sulla libertà religiosa, soprattutto grazie al contributo diretto del teologo gesuita statunitense John Courtney Murray (che solo un decennio prima era stato condannato al silenzio dalla Curia Romana).

Questa vicinanza transatlantica tra Vaticano e Stati Uniti viene ora ridefinita, se non messa in discussione, nella Pangea, la possibile deriva dei continenti, che è il cattolicesimo globale contemporaneo. Dalla sua elezione nel 2013 in poi, Francesco, il primo papa che non proviene dall'area del Mediterraneo o dell'area euro-atlantica settentrionale, ha re-impostato le relazioni tra il papato e l'ordine politico internazionale: l'accordo del 2018 sulla nomina dei vescovi con il governo della Repubblica Popolare Cinese; lo sforzo per sganciare il cattolicesimo dall'Occidente e per mediare nuove relazioni all'interno dell'Islam tra sunniti e sciiti (soprattutto con il viaggio in Iraq del marzo 2021); il sostegno ai movimenti popolari radicali in America Latina. È un bilancio complesso, non privo di criticità, se si guarda per esempio alla situazione dell'America Latina. Ma non v'è dubbio che il nuovo orientamento geopolitico della Santa Sede, specialmente sulla Cina, lascia perplessi e preoccupati gli ambienti diplomatici statunitensi.

Il fatto più straordinario del contesto dell'udienza del 29 ottobre tra Biden e Francesco in Vaticano è nella miscela esplosiva tra politica di partito e lotte interne alla chiesa cattolica negli Usa in questa nuova fase delle "culture wars" tra liberal e conservatori. Questa udienza in Vaticano si svolge appena due settimane prima dell'assemblea autunnale della conferenza dei vescovi cattolici statunitensi che a Baltimora discuterà un documento sull'Eucaristia che alcuni vescovi vorrebbero approvare al fine di escludere i politici cattolici a favore dell'aborto legale, e in particolare il presidente Joe Biden e la presidente della Camera Nancy Pelosi, dal ricevere la comunione a Messa.

Va rilevato il fatto che papa Francesco e il Vaticano, pur mantenendo il tradizionale insegnamento cattolico sull'aborto, stanno tentando di proteggere, attraverso messaggi inequivocabili, l'accesso ai sacramenti per il cattolico Joe Biden dall'attacco dei vescovi statunitensi. All'inizio di maggio 2021 veniva resa nota una lettera del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Luis Francisco Ladaria, al presidente della USCCB, José Gomez, in cui il cardinale scriveva che "sarebbe fuorviante se si desse l'impressione che aborto e eutanasia da soli costituiscano le uniche gravi questioni della dottrina morale e sociale cattolica". Lo stesso papa Francesco, rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa sull'aereo di ritorno dalla Slovacchia il 15 settembre 2021, diceva di non aver mai negato a nessuno la comunione. Il 9 ottobre, papa Francesco ha ricevuto in Vaticano Nancy Pelosi nel contesto delle iniziative per la preparazione della conferenza COP26 sulla lotta ai cambiamenti climatici.

Questi interventi non hanno mutato, almeno finora, l'atteggiamento dei vescovi degli Usa più attivi in questa campagna contro la presidenza Biden. La maggioranza filo-repubblicana e anti-Francesco dei vescovi statunitensi sta cercando non solo di mettere in imbarazzo il presidente Biden, ma di intimidirlo. Qualunque cosa accada con il documento che i vescovi discuteranno a Baltimora a metà novembre, la discussione stessa ha già creato alcune aree del Paese (ad esempio, San Francisco e Denver) dove il presidente cattolico degli Stati Uniti rischierebbe un incidente con la chiesa locale se si presentasse per la comunione a Messa, vista la posizione personale espressa in pubblico attraverso i media dai vescovi di quelle diocesi. Ma c'è anche il rischio di singoli preti in varie diocesi che assumano iniziative personali contro parte dei loro fedeli che votano democratico, sentendosi moralmente legittimati dalla campagna in corso contro Biden e Pelosi. Il paradosso è quello di un Vaticano che, al fine di salvare la chiesa cattolica Usa dall'involuzione settaria in corso, deve proteggere dall'attacco dei vescovi Usa l'accesso ai sacramenti di un presidente cattolico eletto da un Partito democratico che negli ultimi anni si è radicalizzato in direzione libertaria sulla questione dell'aborto. La politica vaticana verso Biden è una questione di protezione della cattolicità della chiesa cattolica negli Usa, non un endorsement alle politiche di questa amministrazione.

Ma è parte anche di una storia, che inizia subito dopo il conclave del 2013, di ostilità con la maggioranza dei vescovi degli Usa. Un elemento chiave da ricordare a proposito della maggioranza filo-repubblicana dei vescovi statunitensi è che un buon numero di essi aveva apprezzato, o mancato di rispondere, alle affermazioni straordinariamente gravi pronunciate a mezzo stampa dall'ex nunzio pontificio negli Usa tra 2011 e 2016 (e sostenitore di Trump, anche dopo il rifiuto del 45esimo presidente di accettare il risultato delle elezioni del novembre 2020), Carlo Maria Viganò, che nell'agosto 2018 cercò di destituire papa Francesco con accuse non provate e teorie complottiste (Dal 2020 monsignor Viganò sta cercando di riconvertire quelle teorie complottiste alla causa no-vax). Tra i membri dell'episcopato americano che ora stanno cercando di escludere Joe Biden dall'Eucaristia, vi sono gli stessi che hanno guardato con favore non solo alla presidenza Trump, ma anche a quello che è stato effettivamente un tentativo fallito di colpo di stato contro papa Francesco di quell'agosto 2018.

Questa complessa triangolazione tra papato, vescovi Usa e presidenza Biden vede altre forze in campo. La Corte Suprema degli Stati Uniti, la cui maggioranza conservatrice è dominata da cattolici nominati dai presidenti repubblicani, sarebbe pronta a pronunciarsi nei prossimi mesi su casi di aborto in modo tale da abrogare la sentenza di legalizzazione dell'aborto "Roe v. Wade" del 1973 e scatenare quello che il presidente Biden ha chiamato "un caos costituzionale". In modo simile alla maggioranza dei vescovi statunitensi, i giudici cattolici conservatori della Corte Suprema esprimono una cultura teologica che è in aperto contrasto, in modi diversi, sia dal presidente Biden che da papa Francesco. Conferenza episcopale cattolica e Corte Suprema a maggioranza repubblicana condividono la medesima sorte: giudicati da buona parte degli americani non più al di sopra le parti, ma forze di complemento rispetto al Partito repubblicano conquistato da Donald Trump.

L'elezione del presidente Biden nel novembre 2020 venne accolta in Vaticano con un percepibile sospiro di sollievo, dopo i quattro anni molto difficili dell'amministrazione Trump, caratterizzata da tensioni senza precedenti tra la Casa Bianca e il papato. Ma dopo nove mesi di amministrazione Biden, ora il Vaticano si chiede che tipo di promesse il secondo presidente cattolico sia in grado di mantenere su cambiamento climatico, immigrazione, e (soprattutto dopo il ritiro dall'Afghanistan) multilateralismo nelle relazioni internazionali. Non è chiaro se e fino a che punto l'amministrazione Biden sarà interessata o in grado di ripristinare la posizione di centralità morale e politica degli Usa agli occhi del nuovo Vaticano globale. Il papato di Francesco ha vistosamente abbandonato un rapporto privilegiato con il mondo occidentale, dal quale però non può prescindere (sulla questione ambientale e non solo).

Sul versante ecclesiale, resta da vedere se papa Francesco rappresenta l'inizio di una nuova era nel rapporto tra papato e modernità globale - un atteggiamento più dialogico e meno ideologico -, oppure se sia solo un intermezzo prima di un possibile ritorno, con l'elezione del successore, allo status quo di un approccio più conflittuale a partire dai "valori non negoziabili." Dopo l'intervento all'addome per Francesco nel luglio scorso, sono riprese le voci circa le manovre di preparazione del prossimo conclave e lo stesso papa ha ammesso in un'intervista pubblicata dai media vaticani che alcuni cardinali non vedono l'ora di sostituirlo. 

La forte opposizione contro il papato di Francesco, che ha la sua capitale politica, mediatica e finanziaria negli Usa, potrebbe influenzare i futuri equilibri di potere nella chiesa a livello globale, anche prima del prossimo conclave. Lo scontro in corso nelle aule del potere del cattolicesimo statunitense e la resistenza delle forze anti-Francesco – la conferenza episcopale, la Corte suprema, la rete dei think tank conservatori, i grandi donatori della filantropia cattolica – potrebbe dire molto sul prossimo futuro del cattolicesimo. Un fallimento del pontificato di Francesco e del tentativo di liberare il cattolicesimo dalla morsa del fondamentalismo teologico e dell'autoritarismo politico potrebbe essere un segnale inquietante per chi pensava che la presidenza Trump e il cattolicesimo trumpiano fossero solo una parentesi.