Di FRANCO ESPOSITO

Inchiesta a Salerno. Al centro delle indagini il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, già sindaco di Salerno. Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati i rapporti tra il governatore regionale e l’imprenditore Zoccola. Meglio conosciuto come il ras delle cooperative. Una vicenda di appalti e presunte corruzioni, sulla quale è calata il silenzio totale del Partito Democratico. Il partito di De Luca di cui il figlio Piero, non coinvolto nelle indagini, è vice capogruppo alla Camera.

L’accusa vorrebbe dimostrare il reale funzionamento del sistema di potere posto in essere da Vincenzo De Luca per governare Salerno e poi la Regione Campania. Il presidente e la sua Corte. Sarebbe nato così, secondo gli inquirenti, il sistema Salerno. Le regole e l’ascesa di Vincenzo De Luca asservite a tutte le attività amministrative a un solo uomo, lui stesso, con un unico chiarissimo scopo: diventare il controllore di ogni attività economica che passava dal Comune di Salerno.

Ma come fare per rendere funzionale e soprattutto permanente la macchina del consenso? De Luca avrebbe piazzato i suoi uomini in quarantotto aziende partecipate, 305 membri nei Cda, 184 revisori dei conti. L’unico obiettivo creare una macchina oleata e finalizzata a procacciare voti per sopravvivere ed espandersi.

De Luca indagato come reagisce? “Sei fai politica e non prendi dieci avvisi, è meglio che vai a casa”. Al centro della vicenda, una cena per farli incontrare. Sedici febbraio 2020, attorno allo stesso tavolo, in un ristorante nella zona del porto di Salerno il dominus delle cooperative Vincenzo Zoccola detto Vittorio, i rappresentanti di altre coop e un ospite d’onore. Il governatore Vinecenzo De Luca.

All’esterno, nascosti, i poliziotti della squadra mobile “in servizio di osservazione”. In quel momento già indagavano sugli appalti pilotati a favore del cartello cooperativistico riconducibile a Zoccola.

La “colazione di lavoro” è citata negli atti dell’inchiesta del cosiddetto “Sistema Salerno”. La cosa ha spinto. sei mesi fa, la Procura a iscrivere il nome di De Luca nel registro degli indagati con l’ipotesi di corruzione. Assistito dall’avvocato Andrea Cataldo, il governatore non sembra intenzionato a chiedere un confronto con i pm Elena Cosentino e Guglielmo Valente, titolari del fascicolo con il procuratore Vincenzo Borrelli e l’aggiunto Luigi Alberto Cannavale.

Finito in carcere, il ras Zoccola ha cominciato a collaborare. La disponibilità dimostrata gli ha consentito l’ottenimento degli arresti a casa, da alcuni giorni. Ai domiciliari per corruzione è tuttora il consigliere Nino Savastano, deluchiano. È accusato di aver ricevuto da Zoccola sostegno elettorale in cambio dell’impegno l’aggiudicazione o la proroga degli appalti delle cooperative.

L’impostazione ha superato il vaglio del tribunale del Riesame. E su questo, probabilmente, si incentra lo schema su cui si basa a contestazione nei confronti del governatore De Luca.

Nonostante la bocciatura della Consulta Regionale e la richiesta delle somme da restituire per “compensi illegittimi” spuntano altre due delibere che metterebbero in difficoltà il Governatore De Luca. Generoso, secondo gli inquirenti, particolarmente generoso nell’elargire o autorizzare “indennità che non finiscono mai” per segretari e fedelissimi dei consiglieri regionali della Campania.

La Corte Costituzionale ha imposto da ottobre la restituzione di dieci anni di compensi illegittimi per un totale di 48 milioni. Il Palazzo del Centro Direzionale ha già sfornato nuovi incentivi. Con le due delibere di aprile dell’ufficio di presidenza è stato stabilito che “ai responsabili di segreteria spetta una indennità pari all’ottanta per cento della retribuzione di posizione del segretario generale e per il personale di ruolo presso gli uffici di supporto delle strutture politiche un importo pari ad euro 18.017, per la categoria B, 18.438 per la categoria C, 19.006 per la categoria D”.

Nessuna preoccupazione, a quanto pare, di bocciatura da parte dei giudici. Nelle delibere si parla infatti di “un’unica indennità che sostituisce straordinari, produttività, ed è calcolata tenendo conto dei contratti collettivi nazionali”. Anche se in alcuni casi si ritorna a una “busta paga quasi da dirigenti”. Finiti i tempi in cui esistevano dipendenti che cumulavano “tre diverse voci sullo stipendio”, ovvero pagati tre volte. “Una distribuzione a pioggia di risorse”, scrisse la Corte dei Conti.

Per recuperare quelle somme di dieci anni, dopo il diktat dei giudici, da ottobre sono partite le trattenute sullo stipendio: 500 euro al mese per i dirigenti, fino a 100 euro per i dipendenti con qualifica più bassa. Coinvolti un migliaio di lavoratori che si sono alternati al consiglio regionale, negli ultimi anni, tra interni ed esterni. Alcuni oltretutto ormai defunti. Mentre i “fedelissimi” deluchiani possono godere delle nuove identità.

Gira e rigira, anche in Regione Campania, non solo a Salerno, ha funzionato e funziona “quel sistema”.