Mario Draghi (foto Depositphotos)

Via libera, in Consiglio dei ministri, alla riforma del Consiglio superiore della magistratura (Csm) e dell'ordinamento giudiziario, ora attesa al vaglio del Parlamento. Una delle prime modifiche che, in caso di “semaforo verde” da parte di Camera e Senato, potrà entrare in vigore, sarà quella che impone lo stop al cosiddetto meccanismo delle "porte girevoli", vale a dire la possibilità, per i magistrati "prestati" alla politica, di poter esercitare incarichi di giudice o di pm.

Nella sostanza, la riforma prevede che le toghe "che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo al termine del mandato, non possano più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. Il divieto vale per i 3 anni successivi a partire dal termine dell'incarico eventualmente ricoperto. Allo stesso tempo, la bozza della riforma “vieta” anche di indossare la toga e, contemporaneamente, di ricoprire incarichi elettivi o governativi, anche se in un territorio diverso.

Infine ad essere intaccato è stato anche il meccanismo di elezione dei componenti del Csm, l’organo di autogoverno dei giudici, con l’adozione del sorteggio nelle liste per garantire la parità di genere e di un meccanismo di voto misto maggioritario-proporzionale (con il maggioritario basato su collegi binominali) per la nomina dei 30 giudici togati.

Intervenendo in conferenza stampa, il premier Mario Draghi, oltre ad escludere la volontà di voler chiedere il voto di fiducia sul “pacchetto giustizia”, ha lodato "le numerose interazioni con i partiti, il ministro Cartabia e il sottosegretario Garofoli" nel lavoro svolto per approdare alla riforma. Quello approvato, ha sottolineato l’inquilino di Palazzo Chigi, "è un provvedimento di portata tale che necessita di un pieno coinvolgimento delle forze politiche", aggiungendo, poi, che c'è stato l'impegno "di tutti ministri a sostenere con i propri partiti questa riforma".

Al contempo, il presidente del Consiglio ne ha approfittato per smentire ogni voce relativa a un eventuale rimpasto di governo escludendo, pure un suo prossimo, vociferato futuro in politica ("il lavoro me lo trovo da solo" ha ironizzato). Infine l'ex “numero uno” della Bce, all'unisono con il ministro Daniele Franco, ha trovato lo spazio e il tempo per bacchettare il superbonus "senza controlli” avvisando che "energia, inflazione e geopolitica" possono essere "minacce per Pil". "Sul superbonus truffe tra le più grandi mai viste" gli ha dato man forte il titolare dell'Economia.