Per colmare il gender gap nella scienza, le ricercatrici dovrebbero fare come le cellule che riparano le ferite: pur essendo stressate e danneggiate non si arrendono, ma reagiscono diventando motore del cambiamento, delle vere e proprie 'leader' capaci di trascinare le altre per riprendersi gli spazi dovuti.

A lanciare questo messaggio, in occasione della Giornata internazionale per le donne nella scienza, sono Eugenia Piddini, Giulia Pilia e Silvia Cirillo, tre italiane che all'Università di Bristol (Gran Bretagna) hanno scoperto la proteina chiave di questo meccanismo riparativo dei tessuti, così importante per la medicina rigenerativa e per la lotta ai tumori da guadagnarsi la pubblicazione su Science.

La proteina in questione è la celebre p53, anche nota come 'guardiano' del genoma per la sua capacità di preservarne la stabilità nei momenti di crisi. E' studiata da tempo "perché gioca un ruolo importantissimo nei meccanismi legati ai tumori ed è infatti mutata in molti contesti tumorali - spiega Piddini all'ANSA - ma è anche coinvolta in tanti altri contesti fisiologici, come nella protezione del genoma da mutazioni e negli adattamenti metabolici delle cellule". A sorpresa, il team del 'Piddini Lab' ha scoperto che questa stessa proteina si attiva nelle cellule dell'epitelio danneggiate che si trovano ai margini della ferita e le trasforma in 'leader', capaci di indirizzare la migrazione delle cellule vicine verso la breccia da riparare. Una volta che il tessuto è risanato e la missione compiuta, è la stessa p53 a far fuori le cellule leader attraverso un meccanismo di competizione cellulare.

"Se riuscissimo a dimostrare che questi meccanismi scoperti nelle cellule in vitro sono presenti anche nei tessuti complessi (come la pelle o altri epiteli del corpo umano), potremmo sfruttarli per controllare la migrazione cellulare e accelerare la riparazione di ferite, ulcere o ustioni che faticano a richiudersi", osserva Piddini. Inoltre la migrazione collettiva delle cellule "è importante anche in altri campi, per esempio nei tumori, dove gruppi di cellule si muovono insieme per creare metastasi", aggiunge Giulia Pilia, prima autrice dello studio insieme alla collega Kasia Kozyrska. "Sarebbe importante scoprire se anche in questo caso entrano in gioco le stesse proteine che abbiamo identificato studiando le ferite, perché così potremmo migliorare le terapie attualmente disponibili".

La sfida è ardua, ma non intimorisce Eugenia Piddini, che nel suo laboratorio punta molto sulle donne. "Credo che sia assolutamente possibile chiudere il gender gap: i tempi stanno cambiando", afferma. "Per farlo servono delle donne leader che facciano da modello per ispirare le giovani e che abbiano soprattutto la forza e l'influenza per cambiare la cultura attuale e favorire l'ingresso di più donne nel mondo della scienza". "Non possiamo più permetterci di non sfruttare a pieno il potenziale intellettuale di metà della popolazione", le fa eco Giulia Pilia. "L'esempio di molte ricercatrici e scienziate che con forza e determinazione hanno infranto e infrangono il tetto di cristallo dev'essere d'ispirazione per tutte le ragazze che hanno il pallino della ricerca".