DI RICCARDO SCARPA

 

Non appena la Federazione Russa, il 24 di febbraio scorso, ha cominciato l’invasione militare dell’Ucraina, quest’ultima ha subito adito la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. La Federazione Russa non s’è presentata in udienza, ma ha riconosciuto la competenza della Corte, in quanto ha presentato una memoria. In essa ha giustificato l’operazione militare, successiva al riconoscimento della Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, poiché ha affermato che le operazioni stesse si sarebbero rese necessarie per impedire il perpetrarsi di un genocidio della popolazione russa, compiuto dagli ucraini nel Donbass; ragione per cui, per autodifesa, si sarebbero formate quelle entità statali.

Il 16 marzo la Corte internazionale di giustizia ha emesso un’ordinanza, nella quale ha valutato illegittima, ai sensi dei principi e delle norme del diritto internazionale, l’azione militare russa, e ha affermato che non sono state esibite prove inerenti a dimostrare un genocidio in atto da parte ucraina nel Donbass. Ha, quindi, disposto il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino. Il solo fatto della continuità dell’invasione dimostrerebbe il vecchio detto che a presidio del diritto internazionale non vi sono i carabinieri.

L’Organizzazione della Nazioni Unite, però, ha istituito delle Forze internazionali di pace, i cosiddetti Caschi Blu, cioè i suoi carabinieri, ma nessuno li ha chiamati. La Corte Internazionale di Giustizia venne istituita su iniziativa dello Czar Nicola II. Egli, veramente, convocò, nel 1899, un congresso nella città dell’Aja, per ottenere il “disarmo e la pace mondiale”, ed evitare le “conseguenze commerciali, finanziari e morali della corsa agli armamenti”. Infatti, rimase profondamente impressionato da una ricerca, diretta da Jan Gotlib Bloch, sulle possibili conseguenze di una guerra mondiale, considerata inevitabile se si fosse proseguita la corsa al riarmo allora intrapresa da tutte le potenze. Le quali potenze intervennero alla conferenza, ma lo trattarono da utopista, perché troppo impegnate nelle loro campagne coloniali. Venne convintamente appoggiato solo da Bertha von Suttner, fondatrice del movimento pacifista tedesco, ed Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa.

Le potenze convocate vollero, però, darle un contentino: l’istituzione della Corte Internazionale di Giustizia, la cui sede venne posta a L’Aja. Tentò di attivarla per evitare che il conflitto sulla Manciuria provocasse la guerra col Giappone e, nel 1914, perché l’ultimatum austroungarico alla Serbia non sfociasse nella Prima guerra mondiale. I convenuti non accettarono la giurisdizione, e venne travolto da quel processo, bellico e rivoluzionario, sfociato per lui, moglie e prole a Ekaterinburg, il 17 luglio 1918. Oggi Nicola II è riconosciuto dalla Chiesa Ortodossa Russa “Imperatore martire e grande portatore della Passione”. La Federazione Russa, per l’invasione in atto dell’Ucraina, è stata portata innanzi alla sua Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja.

Adesso si torna a parlare di genocidio, ma questa volta sarebbe stato perpetrato da soldati russi a danno di civili ucraini. Avvocato, non leggo mai la cronaca nera nazionale, perché so che se non si conoscono le carte del processo, e i giornalisti di “nera” non potrebbero conoscerle, non ci si può fare un’opinione fondata. Lo stesso vale per i presunti crimini internazionali. È da ritenersi, solo, che la competenza, più che altro, sarebbe d’un alto organo: la Corte Penale Internazionale. Anch’essa ha sede a L’Aja, ed è stata istituita, più di recente, con lo Statuto di Roma del 1998. È, però, da notarsi che è entrata in vigore, poiché ha raggiunto il numero minimo di ratifiche richieste, ma mancano quelle delle maggiori potenze, perché temono qualcuno dei loro finisca sotto processo. Il 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America, se invece di dare del criminale al presidente di un’altra Federazione, provvedesse a far ratificare lo Statuto di Roma al Congresso, forse, acquisterebbe più legittimità a parlare.

Invece tutti parlano in Assemblea o al Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Cosa legittima, per carità, giacché la natura politica delle guerre è evidente, ma quella sarebbe la sede soprattutto per transare. Le accuse sarebbe meglio riservarle ai giudizi davanti alle Corti, rileverebbe San Nicola II.