Cerchiamo gas da tutte le parti, anche da fornitori peggiori di Putin, e l'abbiamo in casa ma non lo estraiamo. Non trivelliamo. Fenomeni. In Adriatico c'è un tesoro di gas ma siamo bloccati da paure immotivate dì subsidenza, cioè abbassamento del suolo. Vero, falso? Gli ambientalisti dicono che è vero, gli ingegneri idraulici sostengono il contrario.

Morale, tutto fermo. L'Italia piange, la Croazia (nostra dirimpettaia) ride. Loro fanno il pieno di gas, noi facciamo il vuoto di idee. L'Adriatico è come un bicchiere con due cannucce: i croati la usano, noi no.

Sono una cinquantina, distribuite fra Emilia Romagna e Marche. Dai Lidi ferraresi a San Benedetto. Se riattivate, potrebbero fornire "circa tre miliardi di metri cubi di gas all'anno", come dice Davide Tabarelli, leader Nomisma energia e docente universitario.

E allora cosa aspettiamo? La Croazia galoppa con le trivelle di Zagabria. Quest'anno incrementerà il bottino di 285 milioni di metri cubi di gas naturale; passerà dal 30 al 40% del proprio fabbisogno nazionale. Ironia della sorte (cercata):  è stata scelta una impresa italiana – la Edison – "castrata" sul fronte dell'offshore nazionale.
Lo stop tricolore risale al 2019, ai tempi del primo governo Conte. E ora, insieme alla Grecia (che già trivella sul confine marittimo fra la Puglia e Corfù) stanno muovendosi anche Albania, Montenegro e Bosnia; hanno già avviato i progetti di ricerca e le esplorazioni.
La possibilità di costruire l'autonomia energetica nazionale si ridimensiona. Draghi - meno male - le ha cantate chiare in occasione del voto (unanime) al Def avvertendo sul possibile embargo verso Mosca. Cari miei, scegliete: la pace  o l'aria condizionata. Un messaggio di realpolitik. Tempo da perdere non ce n'è.
Le battaglie identitarie dei singoli partiti portano al fatto che le istituzioni non rispondono ai bisogni dei cittadini e delle imprese. Vabbè che siamo in campagna elettorale ma bisogna scendere dal pero. Trivelliamo o andiamo a fondo?