OPINIONE

 

DI ANTONIO SACCA'

Per gli auguri messaggi e anche immagini, figurazioni e mi raggiunge una della “Resurrezione”, una tomba vuota, un personaggio seduto con un velo vuoto in mano, donne su piani bassi, sfondo di un cielo freddo, secco, un alberello, e rocce dure, aride, nessuna sfumatura, nessun elemento leonardesco, raffaellesco, né la grandiosità di Michelangelo o la violenza di Caravaggio, una denudazione assoluta, a prima vista non capisco chi è l’autore ma resto sbalordito sia dalla posizione architettonica del quadro, dalla serietà dello stesso, una intensità ferma, immobilizzata, stagliata. Chiedo a chi mi ha inviato. La risposta: Mantegna.

Dovevo capirlo, “sentirlo”, la forza priva di abbellimenti di Mantegna, una forza non aspra ma decisa, una bellezza forte, accettata, e la natura pietrosa, medioevale. Ma c’è dell’altro. L’immobilizzazione del tempo, della vita, un’opera d’arte fissa per sempre ciò che esprime, e in quella maniera, con quell’espressione colpirà per sempre, renderà effettivo l’eterno presente, sfuggirà alle consumazione, una statua greca o che sia quando è compiuta nella sua espressività millenni fa, oggi niente sparisce, eterna, ferma, implacabile, l’unica espressione che non subisce (relativamente) la vittoria del tempo è l’arte. Le filosofie tramontano, non valgono più le religioni, muoiono le tecniche, si eclissano e smentiscono le scienze, rimane verde, presente anche se del passato, l’arte, il presente della vita, immobilizzata e tuttavia scorrente, l’arte, l’unica manifestazione dell’uomo che oltrepassa la morte e ridà la vita che vi ha impresso chi la concepì.

Il “sentire”, l’arte ridà il sentire, dà vita al concetto, immette nell’emozione che rinasce in chi legge, vede, ascolta. I sensi avvincono le idee. E le danno a sentire. E, incredibile, “per sempre”. L’arte è il solo “per sempre” dell’uomo (anche la donna amata talvolta è il “per sempre” inesauribile). Quando i teorici della Storia periodizzarono, appunto, la Storia notarono che ogni concezione periva con il proprio tempo, soltanto l’arte lo sopravanza. Come mai l’arte non muore con l’epoca? Teorie ne stesero. Semplice. L’arte attinge al sentire, contiene il sentire, emozioni, passioni, vita e ridà la vita che imprigiona, e sprigiona. Dubitiamo sul vivere e morire con Amleto, soffriamo per Don Chisciotte che deve impazzire pur di vivere in un mondo degno, viaggiamo con Gulliver in cerca della opportuna dimensione umana, fondiamo la civiltà laboriosa per tutti con il Dottor Faust, cantiamo a squarciagola nella volontà di vivere oltre il dolore con la Nona di Beethoven.

L’arte è l’immortalità mondana dell’uomo mortale. È il fine dell’uomo, esprimere la vita per mantenerla viva, raddoppiarla. L’arte raddoppia l’uomo, vive ed esprime. Quanto non viene espresso artisticamente, perisce. Persino le religioni reggono in quanto si trasformano in arte. Che resterebbe della civiltà egiziana se le togliessimo l’arte? E del Cattolicesimo? E della Grecia? E di Roma? Se l’arte contiene la vita è l’arte che dà senso alla vita. Una società “disartizzata” non vive, non ha senso “finale”, ha mezzi senza scopi. Si limita alla tecnica. E la vita, dove è la vita, che meta ha la vita, soltanto la potenza della tecnica, e a che raggiungimento tale potenza, che vogliamo raggiungere con la potenza della tecnica? Altra potenza della tecnica? Ecco, la catastrofe della modernità. Aumentando la potenza della tecnica raggiungiamo: cosa? Occorre dirlo! Lo dico? La guerra! Inesorabilmente. Non sapendo che senso darci, diamo l’unico “senso” nel quale eccelliamo: mettere a frutto la potenza della tecnica: la guerra.

Analizziamo le prestazioni belliche con ammirazione distruttiva. Bisognerebbe, al contrario, vagliare la guerra come senso di una società priva di senso. Giacché se diciamo che la guerra serve a difendere la libertà sarebbe da cogliere che se la difesa della libertà avviene soltanto con la guerra ma per il resto vi è deperimento dell’arte, della cultura, al dunque avremmo quale scopo la guerra. I greci mentre combattevano i persiani ornavano mirabilmente Atene, i romani mentre conquistavano il mondo occidentale erigevano opere immortali, i cattolicibandivano le crociate e costruivano monasteri invincibili dal tempo. Noi ci limitiamo solo alle guerre, difendiamo la libertà con non altro scopo che vincere la guerra. Non aggiungiamo altri scopi. La guerra per vincere la guerra. È un conflitto tecnologico non di civiltà. Sarebbe un conflitto di civiltà se oltre alla vittoria militare avessimo altri scopi.

La libertà? No. Infatti la nostra libertà non esprime cultura ma tecnica. Quindi lo scontro è sul primato della tecnica. Non per la manifestazione di arte e cultura. Anzi. La guerra serve a negare la libertà critica considerata nociva. Questo il tratto principale delle nostre società, di credere che la guerra abbia per solo scopo vincere la guerra. La guerra costituisce un valore in sé. “Siamo capaci di fare la guerra”, come una misurazione di valore. Ma conta a quale scopo si fa la guerra “oltre la guerra”. Se la guerra in sé diventa un valore fingiamo di trovare un senso nella distruzione non avendo altro senso. Non dobbiamo continuare questo paradosso. L’Europa deve ritrovarsi, e non può ritrovarsi stabilendo come scopo la guerra. Siamo il Continente più culturale del mondo. Abbiamo tradizioni artistiche ineguagliate.

Bisogna associare alla giustificata difesa la valorizzazione della nostra civiltà. Non dobbiamo farci trarre da società che si circoscrivono ormai alla potenza bellica. Non è la potenza bellica che ci salverà. La potenza bellica rischia di essere un valore contro la mancanza di volgo. Non valgo però sono potente. Un rischio catastrofico. Nel vuoto la potenza bellica fa il pieno. Fornisce una pseudo pienezza, la pienezza della distruzione. Sbandierare armi sta diventando il vessillo di uno sbandieramento insensato che crede in tal modo di stabilire uno scopo. La libertà va innestata nell’Umanesimo, altrimenti può degradarsi a libera manifestazione della prepotenza senza altro scopo che il dominio primitivo. Alla sostanza. Non rendiamo la guerra il ritrovato magico per scopi irraggiungibili.

Assurdo volerli: l’Occidente non dominerà il pianeta. Può distruggerlo ma non dominarlo. La guerra, dunque, non è soltanto distruttiva ma inutilmente distruttiva. Bisogna trattare e non concepire il trattare viltà. Questo è l’inganno di chi vuole la guerra: fare intendere la pace e gli accordi come viltà. Non possiamo fare della guerra lo scopo dell’Occidente. Se l’Occidente è incapace di darsi spazio con altri mezzi che non siano la guerra non può ricorrere alla guerra in quanto ha puntato soltanto sulla guerra. Meno che mai deve sacrificare una sua parte, l’Europa, per salvare un’altra parte, gli Stati Uniti. Perché questo è in fondo quanto potrebbe accadere o si vorrebbe. Se le altre società, Cina, Russia, si spingessero all’estremo, le circostanze cambierebbero. Ma finché non di giunge all’estremo non rendere la guerra l’unica soluzione. Perché non lo è.

Qualcuno immagina che la guerra nucleare sarebbe una soluzione? Qualcuno immagina che la guerra tra Europa Occidentale e Russia costituirebbe una soluzione? Allora? Non facciamo della guerra una ideologia: o guerra o niente! Diciamo che la guerra intraeuropea distruggerebbe tutta l’Europa; la guerra nucleare distruggerebbe l’umanità. Robetta. Qualche accordo non disonorevole si può tentare? Possibile che gli uomini hanno perduto la gioia di vivere e nella mancanza di scopi vogliono la morte travestendola di ideali? Certo, certo, un Paese è stato aggredito e si difende.

Ma chi potrebbe negare che invece di ampliare la guerra potrebbe siglarsi qualche accordo e che la guerra è peggiore di un accordo? Chi può smentire che qualcuno vuole la guerra, inoltrarla, accrescerla? Non era opportuno non causare l’aggressione? Non c’è stata causa? Si può discutere o no? Si fosse discusso all’inizio chi non ha più vita vivrebbe. E siamo tutti noi, tutti, responsabili, migliaia e migliaia di persone che amavano la vita, quella che ci è data una sola volta! Subito, dovevamo obbligare a discutere, scovare soluzioni. Invece abbiamo aumentato la guerra. Nessuno riuscirà con la guerra a dominare il mondo. Né Stati Uniti, né Cina, né Russia. Dunque? Non dobbiamo rendere la guerra l’unica soluzione alla guerra.