Depositphotos

di Massimo Teodori

La pace è un termine tanto facile da maneggiare quanto vuoto nella sostanza. C’è forse qualcuno che non voglia la pace? Il pacifista è un professionista a costo zero: nessuno lo può impunemente criticare senza il rischio di essere bollato come guerrafondaio, e tutti lo devono rispettare per dirittura morale. Eppure la storia insegna che la questione non è proprio questa.

È eloquente il richiamo ai Partigiani della pace della colomba di Picasso. Alla fine degli anni ’40 del Novecento l’Unione Sovietica di Stalin fece un largo uso dello slogan “pace”. Il Cominform sotto la direzione di Andrej Zdanov convocò una conferenza internazionale a Wroclaw nella Slesia polacca per lanciare il Movimento mondiale dei partigiani della pace. La presidenza fu assegnata al Nobel francese Frédéric Juliot-Curie e la vice presidenza al frontista italiano Pietro Nenni che nel 1956 restituì il premio Stalin per la pace di cui era stato insignito. Il poeta Il’ja Ehremburg inviò una lettera a celebri scrittori occidentali, Ernest Hemingway, Pablo Neruda, Paul Eluard, Alberto Moravia e ad altri 235 “intellettuali onesti” affinché si unissero sotto le bandiere della pace.

La delegazione italiana guidata dal numero uno degli intellettuali del Pci, Emilio Sereni, comprendeva 60 membri tra cui Salvatore Quasimodo, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Antonio Banfi e Renato Guttuso. Nel clima osannante per Stalin accettarono di officiare i riti del pacifismo filosovietico Massimo Bontempelli e Alberto Moravia, Luigi Russo e Giulio Carlo Argan, Giulio Einaudi, Eduardo De Filippo e Gianni Rodari.

Pablo Picasso disegnò una colomba bianca quale simbolo del Movimento. Allora il mondo era diviso tra l’Occidente guidato dal presidente democratico Harry Truman, e l’Oriente sovietico sotto Stalin. In Cina Mao aveva preso tutto il potere; la Corea del sud era stata invasa dai coreani del nord con il sostegno di sovietici e cinesi. Si costituiva l’Alleanza Atlantica con l’obiettivo di contenere l’espansionismo di Mosca che aveva portato a termine i golpe nei Paesi dell’Europa orientale. Gli Stati Uniti, che avevano vinto la guerra anti-nazista insieme all’Unione Sovietica e alla Gran Bretagna, si facevano carico della ricostruzione europea (piano Marshall) e della difesa dell’Occidente in un mondo segnato dalla divisione tra le democrazie liberali e i totalitarismi comunisti.

Contro chi erano diretti gli appelli del Movimento per la pace di Zdanov? “Contro la bomba atomica, un’arma non di difesa in mano Yankee”, “contro l’alleanza militare della Nato”, “contro la crociata imperialistica americana in Corea”, “contro il generale peste”, l’americano Ridgway. Togliatti, a supporto del Movimento per la pace, dichiarava: “I comunisti italiani sono disposti a ritirare l’opposizione a un governo, il quale, modificando radicalmente la politica estera, cioè sottraendo l’Italia a quegli impegni che la portano inevitabilmente verso la guerra, impedisca che la nostra Patria sia trascinata nel vortice di una nuova guerra” (relazione al Congresso Pci di MIlano, marzo 1951).

Secondo quei Partigiani del Movimento, la lotta per la difesa della pace spetta ai Paesi del socialismo perché il nemico è l’America. Anche i termini dello scontro civile degli anni cinquanta anticipano quelli di Putin e dei partigiani della pace del 2022: “Gli americani diffondono il culto della violenza”, “la cultura occidentale è fascista e nazista”, “la stampa e l’editoria americana diffondono la pornografia”. Mentre a Mosca regnava il monolitismo del Cremlino, il Movimento per la pace teneva le sue manifestazioni in tutto l’Occidente, perfino al Waldorf Astoria di New York (conferenza culturale per la pace nel mondo, marzo 1949).

È banale sostenere che la storia si ripete. Ma la memoria propone qualche suggestione tra i Partigiani della pace di allora e quelli di oggi, senza alcuna offesa per le personalità del passato e del presente: Michele Santoro come Massimo Bontempelli?, Marco Travaglio come Giulio Einaudi? Gianfranco Pagliarulo come Pietro Secchia? Alessandro Orsini come Salvatore Quasimodo? Angelo D’Orsi come Antonio Banfi, Donatella di Cesare come Sibilla Aleramo? Beppe Grillo come Alberto Moravia?