di Ottorino Gurgo

Chiedo scusa ai lettori (i miei venticinque lettori di manzoniana memoria) se, per una volta, infrangerò la vecchia regola che impone al giornalista di evitare, per quanto possibile, di scrivere in prima persona.

Lo farò, ad una settimana dalla sua scomparsa (non amo i necrologi a caldo), per regalare a chi legge, due "pillole" frutto dell'intenso dialogo che ebbi con Ciriaco De Mita in un periodo della nostra storia politica. Due "pillole" che testimoniano il "feeling" esistente tra lui e la politica.

Passeggiavamo nel transatlantico di Montecitorio quando, come parlando a se stesso, disse: "...perché, sai, la politica è la politica...". È un'affermazione che può apparire banale, una sorta di tautologia, volta a dar forza ad un concetto e che rivelava quale fosse l'importanza di quella "scienza" alla quale aveva dedicato la sua vita.
Sono consapevoli di questa importanza coloro che, oggi, credono di svolgere attività politica?

La seconda dichiarazione che voglio qui ricordare, De Mita la fece in una delle conversazioni che avemmo quando già aveva lasciato la presidenza del Consiglio e la segreteria della Dc. Erano conversazioni che prescindevano dalla politica spicciola quotidiana, particolarmente appassionanti che piacevano anche a lui, tanto che una volta, sopraffatto dal lavoro al giornale, avevo dimenticato il nostro appuntamento e fu lui a telefonarmi per dirmi: "Ma non dovevamo vederci stamattina?"

In una di queste conversazioni gli chiesi se, a suo giudizio, fosse da privilegiare la teoria o la prassi politica. La domanda gli piacque e, senza esitare, rispose citando l'incipit del Vangelo secondo Giovanni: "...In principio era il Verbo...". La risposta era chiarissima. Il Verbo, come lo avrebbero definito i filosofi greci, cioè il pensiero, privilegiava ogni cosa.
E qui, venendo al concreto, si può cogliere la differenza tra la sua concezione della politica e quella del suo "grande rivale" di quel periodo, Bettino Craxi; un confronto che fece da contrappunto ad una vibrante stagione della nostra vita politica.

Ecco, dunque, l'intellettuale della Magna Grecia come lo aveva definito non senza ironia Gianni Agnelli. Sì, è vero: Ciriaco De Mita era un intellettuale della Magna Grecia. Ma questa definizione può considerarsi una critica? E che sarebbe stata la politica senza gli intellettuali della Magna Grecia che l'hanno riempita di contenuti? E che ne è, ora che gli intellettuali hanno dichiarato forfait, lasciando dietro di loro un cumulo di macerie?
I due piccoli amarcord ai quali mi sono lasciato andare, mi sembrano illuminanti per comprendere chi fosse, in realtà, Ciriaco De Mita e quale fosse la sua concezione della politica. Ed emerge il compito, e più che il compito il dovere, con cui devono ad essa accostarsi quei giovani che vogliano dedicarvisi con intenti che non siano soltanto quelli di trarne benefici personali.