di Franco Manzitti

Presentata come un fiore all'occhiello in Italia, la sanità ligure sta affondando nell'estate più complicata del Dopoguerra. 

La Liguria, invasa da centinaia di migliaia di turisti dirottati nell'arcobaleno di questa regione, affacciata sul mare, stretta tra una costa bella ma angusta e le montagne e avara di infrastrutture, di ospedali, di pronti soccorsi, sta facendo crack.

Il più grande ospedale quello genovese di San Martino, negli anni Settanta-Ottanta con più posti letto addirittura in Europa, ha annunciato che per quattro mesi tra le sue mura, nelle sue corsie, nelle sue sale operatorie potranno essere operati solo i casi urgenti e le emergenze oncologiche. 

Chi ha, e sono centinaia e centinaia, un intervento chirurgico programmato si deve rassegnare o deve cambiare regione. E' una misura di emergenza che si spiega con il crollo degli organici di medici, infermieri e assistenti, che pagano i due anni di pandemia , ma soprattutto la scarsa programmazione regionale in un settore, come quello della sanità, cruciale in questi anni, giunto alla tempesta del Covid già in ginocchio. 

I ritardi e la mancata programmazione dei nuovi ospedali, che sono tre, il Felettino di La Spezia, il nuovo Galliera nel centro di Genova e quello supermoderno, strannunciato, sulla collina degli Erzelli nel ponente genovese, dove i bandi vanno a vuoto (e in più la ristrutturazione del san Martino), hanno sballato tutto il sistema. Così la Liguria, invasa dai turisti, sempre di più, dove i pronto soccorso diventano trincee impossibili da conquistare, soprattutto nella zona di Ponente della Regione.  Tra Genova e la frontiera di Ventimiglia ne esiste solo uno, a fronte di centinaia di migliaia di utenti,  la zona è diventata un'area dove è proibito ammalarsi o avere emergenze sanitarie.

 Ore e ore per trovare una ambulanza disposta a sfidare il traffico delle autostrade collassate dai cantieri post Morandi per arrivare o a San Martino (Genova) o a Pietra Ligure ( Ospedale Santa Corona di Savona), dove il pronto soccorso è una giungla. 

Si racconta di giornate intere trascorse in attesa non di essere “accettati”, ma semplicemente “visti” da un personale travolto. Molti malati, quelli meno gravi ovviamente, dopo sette e otto ore di attesa, cercano un taxi per tornare a soffrire a casa. 

“Il Corriere della Sera” ha dedicato, nel cuore di agosto un servizio di due pagine per raccontare lo scatafascio di Pietra Ligure. 

Cercano di tamponare questa emergenza i volontari dei centri salute, aperti privatamente nelle cittadine della costa per salvare il salvabile. Ma quante vite si perdono in questa giungla, in tante attese? 

Oltre a quelle che ancora pesano per il lungo lock down e le mancata visite di quel periodo che non finisce, con gli ospedali che chiudono al pubblico a intermittenza, ogni volta che un nuovo focolaio si accende in una corsia, in un ambulatorio.

A fronte di questo la Liguria, spesso presentata come Regione Guida nella sanità dal suo governatore, il presidente Giovanni Toti, oggi leader della lista di “Italia al centro”, in campo con la sigla”Noi moderati”, non ha da diciassette mesi un assessore alla Sanità.

 La delega così delicata se l'è tenuta il presidente, ma insieme a quella delicatissima del bilancio, con la spiegazione che in tempi così difficili era meglio accorciare la catena di comando. 

E ora alla vigilia delle elezioni politiche questo stesso presidente, invece di tappare subito i buchi della sua giunta, ha candidato quattro assessori regionali alla corsa al parlamento, prevedendo un maxi rimpasto in regione per ottobre, novembre. 

Come dire, visto che c'è tempo e modo, cambiamo tutto nel governo della Liguria.

Intanto non solo non si muove un solo passo verso il rinnovamento della rete ospedaliera, al di là di altisonanti annunci, mai seguiti dai fatti, ma da inesorabili dibattiti, tra favorevoli e contrari con interi quartieri schierati contro le nuove opere e battaglie tra investitori, che fiuterebbero gli affari di nuovi ospedali, ma devono confrontarsi con macchine pubbliche ingolfate. 

La “fuga” dei pazienti verso le regioni vicine, in particolare il Piemonte, la Lombardia, la Toscana, che offrono servizi più efficienti e soprattutto non le eterne attese liguri, sono oramai una costante che sette anni di governo di centro destra non ha assolutamente migliorato. 

Certamente il Covid ha scombussolato molto i piani del “presidente faccio tutto io”, oggi molto più impegnato nelle strategie nazionali del Centro ( che poi in regione governa con La Destra di Meloni e Lega, un po' meno con Forza Italia) che nella battaglia sanitaria. 

La medicina territoriale aspetta indirizzi dopo l'emergenza pandemia. Per avere una ambulanza nel territorio estivo invaso bisogna, forse, fare come per la siccità durante la quale i parroci hanno organizzato preghiere e processioni. Poi è piovuto....Ma i pronto soccorsi sono sempre irraggiungibili e intasati e gli ospedali razionano gli interventi e i servizi. Si salvi chi può nella Liguria, riscoperta dai turisti.