di Massimo Teodori

Si evoca come arma elettorale il “voto utile”, autentico acchiappafantasmi. L’esperienza di partiti ed elezioni nella storia della Repubblica, insegna quanto evanescenti e pretestuosi siano argomenti simili.

Fino al 1989 il mondo bipolare con la Dc, partito maggioritario (tra il 35 e il 40% dei voti) e il Pci esterno alla prospettiva del governo nazionale, rendeva tutto più semplice. Tuttavia, anche la Dc maggioritaria per governare ha sempre avuto bisogno dell’alleanza di uno o più partiti al fine di colmare il distacco tra il suo quoziente elettorale e la maggioranza parlamentare. Dal 1960 in poi questa funzione è stata svolta quasi sempre dal terzo polo, nazionale e occidentale, rappresentato dal Psi, soprattutto con Craxi. Anche nella “seconda Repubblica”, con la prima legge maggioritaria “pulita” (Mattarellum 1993-2005), il bipolarismo per l’alternanza “occidentale” ha avuto bisogno, a sinistra (Ulivo, Unione …) ed a destra (Polo per le libertà, Casa delle libertà …), che le coalizioni elettorali comprendessero una terza forza o terzi gruppi rappresentativi di tradizioni altre da quelle riconducibili al comunismo e alla destra estrema o populista.

Le sinistre postcomuniste – Pds nel 1996, Ds nel 2001, quindi Pd – si sono alleate con un centro cattolico – Popolari, Margherita, fino alla fusione nel Pd – per affrontare le coalizioni di centro-destra, sostanzialmente maggioritarie nella società. La distruzione del Psi (e dei democratico-riformisti laici) negli ultimi tre decenni ha prodotto quel contrappasso che ha impedito la formazione di serie alleanze a vocazione socialdemocratica europea. La radicata tendenza al compromesso storico di matrice berlingueriana fondata sul Pci e la Dc, concretatasi nel Pd, alla prova della governabilità è quasi sempre risultata fallimentare. Non a caso il Partito Democratico ha progressivamente eliminato tutte le componenti socialiste e laiche che inizialmente aveva invocato. L’aspirazione al “partito maggioritario” è stata un’illusione propagandistica che oggi viene ripetuta stancamente da Enrico Letta con il “voto utile”. Gli unici risultati eccellenti del partito postcomunista si sono avuti con due segretari, Walter Veltroni (33,2% nel 2008) e Matteo Renzi (superando alle Europee il 40%), entrambi segretari che hanno espresso uno spirito diverso da quello della “ditta”, l’uno mascherandosi da vecchio non- comunista, e l’altro eliminando la vecchia classe comunista.

A destra la fantasia elettorale è stata espressa da Berlusconi quando ha inventato nel 1994 l’alleanza elettorale ad ali variabili – con Lega Nord al nord (8,4%) e Alleanza Nazionale al sud (13,5%) – che chiudevano il cerchio dei seggi del centrodestra para-liberale di Forza Italia (21%) nella prima versione del Polo delle libertà, poi variamente riprodotto nelle elezioni successive.

L’irruzione dei 5 stelle nel 2013, poi ripetuta clamorosamente nel 2018, ha segnato la protesta contro le coalizioni di sinistra e di destra incapaci di vincere davvero per governare efficacemente. La sinistra post-comunista, perché non ha mai accettato una revisione socialdemocratica rifiutando lo stesso aggettivo “socialista” europeo. La destra, perché si è ritrovata nella genialità elettorale berlusconiana incapace tuttavia di esprimere una politica conservatrice e liberista di governo. Ed ecco il ricorso a governi di esperti, Amato, Dini, Monti, Draghi.

Il punto nodale - ieri come oggi - è che una sinistra o centro-sinistra di tradizione esplicitamente o implicitamente comunista non andrà mai oltre il quarto o, eccezionalmente, il terzo degli elettori. E lo stesso problema lo ha la destra o il centro-destra che pure nelle varie sfumature è riuscito a costruire un largo fronte – solo elettorale – grazie a Berlusconi. Oggi lo stesso problema si ripresenta a Giorgia Meloni.

Con le leggi elettorali tipo quelle che si sono succedute dopo il “Mattarellum” dal 2005, macchinose nei conteggi e truffaldine per gli elettori, non si consoliderà mai in Italia il bipolarismo. I residui delle molteplici tradizioni ideologiche e l’impatto degli opportunismi gruppettari frammenterà qualsiasi esito elettorale; e quando non agirà nel voto, farà il suo effetto subito dopo nelle aule parlamentari.

Nella nostra storia, destra e sinistra, così come sono oggi, non potranno mai stabilmente governare. Le tradizioni socialiste e liberali europee sono state eliminate dai post-comunisti. Una forza conservatrice liberista dopo, il fallimento berlusconiano, è soverchiata dalla destra populista che eredita anche i residui dell’autoritarismo. Per governare, soprattutto oggi nella crisi dell’Occidente, è necessaria la funzione equilibratrice di un centro, possibilmente liberale che tenga a bada le pulsioni populiste e intrinsecamente autoritarie che sono insite nelle ali dell'attuale politica. In passato tale funzione fu esercitata prima dai partiti laici centristi, poi da Bettino Craxi, proprio per questo fatto fuori. Il generoso tentativo di Berlusconi, da una parte, e di Renzi, dall’altra, non hanno retto all’assalto dei residui del passato a destra come a sinistra.

Cosa accadrà il 25 settembre è difficile da pronosticare. Personalmente non credo alla lettera dei sondaggi, anche se esprimono tendenze verosimili. È un flatus voci quello di Letta che chiede qualche voto in più per impedire che i Fratelli d’Italia ottengano i due terzi dei seggi. Presidenzialismo e riforma costituzionale - purtroppo - non procederanno mai seriamente perché avrebbero bisogno di energie, competenze e tempi che non sono quelli delle attuali forze politiche, per quanto saranno maggioritarie nelle urne.v