DI PIETRO SALVATORI

"Qualcosa ci sarà già nella legge di stabilità". Claudio Durigon incede nella sala Garibaldi del Senato, saluta i colleghi, stringe mani. È il giorno della fiducia al governo da parte dell'Aula di Palazzo Madama, tutti gli occhi e le telecamere scrutano l'arrivo di Silvio Berlusconi, sperando in un nuovo show, il responsabile Lavoro della Lega risponde a una domanda su cosa verrà fatto per abolire la legge Fornero. Dando credito a quel che ha promesso Matteo Salvini in campagna elettorale, dal 1° gennaio del 2023 l'attuale sistema pensionistico dovrebbe essere rottamato. Appena due giorni fa il leader della Lega ha riunito nella sede romana del partito il gotha delle menti economiche del partito, compreso il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Si è parlato del "superamento della legge Fornero, dell'estensione della flat tax, di interventi strutturali sulle cartelle esattoriali", a dare credito al comunicato diffuso a stretto giro.

Una sorta di contro-programma di governo, che ha anticipato anche l'intervento programmatico di Giorgia Meloni davanti al Parlamento. E proprio la premier ha fatto intendere che i margini di intervento nella prossima manovra sono esigui, che la priorità sono le bollette. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani ha dato un contorno più netto alle parole della presidente del Consiglio: "La priorità delle priorità sono le bollette: tutto quello che possiamo mettere intanto lo mettiamo lì, perché se noi non risolviamo il problema del costo delle bollette per le famiglie e per le imprese tutto il resto, francamente, rischia di essere inutile". Lo stesso ministro sembra escludere che sulle pensioni, la parte più "costosa" delle richieste squadernate da Salvini, se ne parlerà più in là: "L'impatto sui conti pubblici è più alto e non è che dobbiamo fare tutto nella prima finanziaria, anche perché i tempi sono brevissimi e la situazione economica è quella che conosciamo".

Chi ha in mano il dossier in Fratelli d'Italia fa spallucce di fronte alle pressioni leghiste per avere tutto e subito: "Quota 41 ci costerebbe 6 o 7 miliardi, quasi impossibile trovarli se non in deficit". A via della Scrofa viene condiviso l'obiettivo di medio periodo, "serve una riforma complessiva", ma se ne parlerà l'anno prossimo.

Filtra una crescente irritazione per la Salvinomics ostentata a favore di taccuini e telecamere. Il Carroccio ha tenuto a far sapere oggi che Alberto Bagnai, il responsabile economico del partito, ha presentato una proposta di legge per alzare il tetto del contante fino a 10mila euro. "È nel programma di governo", ha provato a liquidare la questione Giovanbattista Fazzolari, meloniano di stretta osservanza, in predicato di andare a Palazzo Chigi proprio con le deleghe sulla supervisione del programma. Lo ha ribadito anche Meloni, ma nel partito l'irritazione monta per il modus operandi del Carroccio: "Se siamo tutti d'accordo ci sediamo intorno a un tavolo, decidiamo insieme e facciamo un decreto ad hoc. Che senso ha presentare una proposta di legge?".

È una domanda retorica. Il modus operandi di Salvini ricalca quello già dispiegato in epoca gialloverde, un iper attivismo condito da un massiccio intervento comunicativo per tentare di condizionare l'agenda, piantare bandierine, e rivendicare risultati, anche se al ribasso. Tra l'abolizione tout court della legge Fornero e il non fare nulla ci sono varie sfumature di grigio, sulle quali si sta cercando un punto di caduta. Praticamente certo che verranno prorogate l'Ape sociale e Opzione donna, la possibilità di andare in pensione con almeno 58 anni di età e 35 di contributi. E si sta ragionando sull'introduzione di Opzione uomo, un meccanismo che consenta un'uscita anticipata dal mondo del lavoro fissando tuttavia un paletto rigido sull'età minima (a differenza di quanto accade con quota 102, in scadenza a fine anno) in un range – ancora da individuare con esattezza – tra i 62 e i 64 anni. "Questo ci consentirebbe di creare uno scivolo dalla Fornero, anticipando comunque di due o tre anni la possibilità di andare in pensione, e con un costo che potrebbe essere sostenibile in legge di stabilità".

Meloni non insegue Salvini sul suo terreno, sa che al di là delle bellicose intenzioni quel che vuole ottenere è un modo per poter sbandierare la prima vittoria dell'anno nuovo, proverà a ottenere molto, si accontenterà di qualcosa. E conta sulla sponda di Giancarlo Giorgetti, di certo sensibile alle istanze del suo partito ma che viene considerato un solido alleato di Palazzo Chigi nella gestione dei conti. A lui ci si affida per una mediazione, su questo campo e sul campo della flat tax. Salvini vorrebbe l'estensione della tassazione al 15%, oggi prevista per i redditi fino a 65mila euro, fino a 100mila euro, Meloni, ha esplicitato oggi nelle repliche al dibattito al Senato che la sua intenzione è partire dall'introduzione di una tassa piatta al 15% su quanto dichiarato di più rispetto al triennio precedente.

È solo l'inizio di una partita a scacchi che si trascinerà lungo il corso di tutta la legislatura, e che nella legge di stabilità vedrà solo le avvisaglie, per le ristrettezze sia dei tempi sia dei cordoni della borsa. La base di partenza della riforma delle pensioni che verrà per Fratelli d'Italia sono contenute nella proposta di legge presentata la scorsa legislatura dal deputato Walter Rizzetto, denominata "Quota 102 flessibile", che prevede il pensionamento tra i 61 e i 66 anni, con almeno 35 anni di contributi alle spalle, purché la somma faccia comunque 102. "Ci si può ragionare, ma è un compromesso troppo al ribasso", commenta un onorevole del Carroccio. Le prime mosse sulla scacchiera sono state dispiegate.