DI CLAUDIO PAUDICE

Un'altra "grave" minaccia allo sviluppo sostenibile dell'industria europea non arriva dalla Russia, con le sue politiche ritorsive sul gas che hanno mandato in tilt i mercati energetici dell'Ue; né dalla Cina, che continua a perseguire i suoi interessi commerciali in Europa con il suo solito approccio statalista e senza garantire l'adeguata trasparenza e reciprocità negli investimenti; ma dal partner e alleato più importante: gli Stati Uniti. Secondo Bruxelles il maxi-piano approvato a metà agosto dalla Casa Bianca per contrastare l'inflazione, l'Inflation Reduction Act (Ira) da 750 miliardi di dollari voluto da Joe Biden, è fonte di "grande preoccupazione". Tanto che diversi leader europei non escludono che il piano americano violi le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, aprendo le porte a una potenziale guerra commerciale tra le due sponde dell'Oceano Atlantico, come ai vecchi tempi di Donald Trump. "C'è preoccupazione rispetto all'Ira", ha detto il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis a margine dell'Eurogruppo. Non è l'unico ad aver puntato il dito all'indirizzo di Biden.

Secondo Parigi le "sovvenzioni massicce" previste dalla legge statunitense "possono portare a distorsioni della concorrenza: queste distorsioni sono un motivo di preoccupazione importante per la Francia e ci aspettiamo dalla Commissione europea proposte per una risposta forte a questa politica americana", ha detto il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire arrivando alla riunione dell'Eurogruppo a Bruxelles. Per la Francia il rischio è che la mole di incentivi pubblici della Casa Bianca alle aziende americane tagli fuori quelle europee, assestando un altro duro colpo alla competitività dell'Ue, già fortemente fiaccata dal caro energia e dalle politiche dirigiste di Pechino. Anche Berlino ha criticato le mosse americane: "Siamo preoccupati per l'Inflation Reduction Act, i partner apprezzati dovrebbero restare partner commerciali privilegiati. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare uno scenario di rappresaglie continue o anche una guerra commerciale" tra Ue e Usa. "Serve più partnership tra gli Usa e l'Ue, non meno". A lanciare l'allarme è il ministro delle Finanze della Germania Christian Lindner, tacendo forse il fatto che su Berlino pende la stessa accusa da parte dei suoi partner europei per il maxi-piano di sussidi da duecento miliardi alle imprese e famiglie tedesche adottato dalla cancelleria Scholz per far calare le bollette, mentre a Bruxelles continua a ostacolare risposte comunitarie, come quella sul price cap.

Da un lato l'Unione Europea punta a evitare a ogni costo una corsa ai sussidi per le imprese finanziati dagli Stati nella quale finirebbe schiacciata tra Washington e Pechino, oltre a mandare in frantumi gli equilibri della concorrenza interna. Dall'altro, il presidente americano Biden è consapevole che l'elevata inflazione sta erodendo i redditi delle famiglie e colpendo duramente le imprese Usa, fiaccate a loro volta dalle politiche estremamente restrittive della banca centrale, la Federal Reserve. E che sull'efficacia dell'Ira nel contrasto dei prezzi e nel sostegno al tessuto imprenditoriale americano si gioca le prossime elezioni di Midterm ma soprattutto la rielezione per il secondo mandato. L'inquilino della Casa Bianca a metà agosto ha firmato un provvedimento che non ha esitato a definire "storico": "Una delle leggi più significative della nostra Storia, l'anima dell'America è vibrante, il futuro dell'America è luminoso e la promessa dell'America è vera ed è appena iniziata", disse Biden in occasione della cerimonia per la firma il 16 agosto scorso.

Si tratta di una legge che autorizza la spesa di oltre 750 miliardi di dollari per la lotta al cambiamento climatico, la riduzione dell'inflazione e dei costi della sanità. Di questa ingente mole di risorse, una parte cospicua pari a circa la metà ha fatto storcere il naso all'Ue. E non solo all'Ue: il governo giapponese ha inviato una nota al Dipartimento del Tesoro americano avvertendo che il piano "potrebbe scoraggiare gli investimenti delle società giapponesi e colpire l'occupazione negli Usa". L'attenzione è rivolta in particolare al settore dell'automotive, con le case automobilistiche che da settimane premono sul governo di Tokyo per indurre la Casa Bianca a un ripensamento. A metà ottobre anche dal principale partito di opposizione della Corea del Sud era partita una lettera all'indirizzo di Biden e della speaker della Camera Nancy Pelosi per una legge che "rischia di danneggiare le case automobilistiche sudcoreane nel mercato più importante del mondo", chiedendo pertanto "misure per risolvere la questione, inclusa una revisione delle clausole discriminatorie e la sospensione dell'attuazione della legge".

L'intento dell'Inflation Act è nobile e punta a ridurre le emissioni di CO2 degli Stati Uniti fino al 40% rispetto al 2005 entro il 2030. Per farlo prevede una serie di sovvenzioni generose alle imprese americane, accompagnate però dalla volontà di costruire catene di fornitura a stelle e strisce. La legge include crediti di imposta per le vetture prodotte in Nord America ma anche disposizioni a favore del settore statunitense delle rinnovabili, misure che nel complesso rappresentano i due terzi delle risorse destinate dalla legge targata Biden sul clima.

Per i cittadini sono previsti sconti fiscali sotto forma di crediti di imposta fino a 7500 dollari per chi acquista un'auto elettrica, e fino a quattromila dollari per chi l'acquista usata. Ancora: ci sono rimborsi fino a ottomila dollari per le pompe di calore e di 1600 dollari per la coibentazione. Ulteriori sussidi ai consumatori includono 840 dollari per un piano cottura elettrico a induzione e fino a novemila dollari per miglioramenti a quadri elettrici, cablaggio e isolamento domestico. In questo modo le famiglie americane potrebbero ottenere sconti fiscali complessivi fino a quattordicimila dollari.

Ma a preoccupare sono gli incentivi alle imprese che investono in pannelli solari, turbine eoliche e nella cattura e nello stoccaggio di carbonio. Secondo la Casa Bianca l'Ira porterà all'installazione 950 milioni di pannelli solari, 120mila turbine eoliche e oltre duemila impianti di batterie su scala di rete. È previsto un credito d'imposta sugli investimenti (ITC) nei progetti per l'energia green da solare, geotermico, eolico e idroelettrico, pari al 30% a cui si aggiunge un altro 10% di sconto se il 40% dei costi si possono attribuire a componenti estratti, prodotti, assemblati o fabbricati negli Stati Uniti. Un altro credito di imposta pari al 30% verrà destinato alla produzione di energia attraverso il "Clean Energy Production Credit" fino al 2033. A differenza dell'ITC, che viene calcolato in base a una percentuale del costo, il credito alla produzione viene calcolato in base alla quantità di energia prodotta da una struttura qualificata. Il credito d'imposta è pari a un determinato importo per kilowattora prodotto e si aggira intorno ai trenta centesimi a chilowattora (varia in base alle dimensioni dell'impianto). Anche in questo caso, valgono i requisiti domestici - cioè l'utilizzo pro quota di materiali o assemblaggi americani -oltre al rispetto di condizioni salariali prescritte dalla legge. In molti casi questi crediti di imposta possono essere monetizzati direttamente dalle imprese Usa attraverso il Direct Payment, in presenza di alcuni requisiti, in un modo molto simile per certi versi al superbonus italiano.

In questo senso, quindi, l'Ira prevede fra l'altro che i veicoli elettrici siano dotati di batterie realizzate con una certa porzione di minerali estratti o lavorati negli Stati Uniti o in Paesi o regioni che hanno accordi di libero scambio con Washington. Secondo l'Ue, però, gli incentivi finanziari offerti dall'amministrazione Biden "inclinano ingiustamente il campo di gioco a vantaggio della produzione e degli investimenti negli Stati Uniti a spese dell'Unione Europea e di altri partner commerciali", minacciando posti di lavoro e crescita economica in Europa e altrove, ha avvertito nei giorni scorsi Bruxelles.

A fine ottobre il ministro per l'Industria e Commercio della Repubblica Ceca (che detiene la presidenza di turno Ue), Jozef Sikela, parlando prima del vertice informale del Commercio a Praga, ha attaccato duramente Washington: "Quanto è stato legiferato è estremamente protezionistico nei confronti dell'export verso l'Ue. Dobbiamo chiarire questo punto. Dobbiamo mandare un segnale sul fatto che l'Ue si attende di avere uno status speciale", ha sottolineato Sikela. Per Dombrovskis l'Ira "potrebbe discriminare le industrie europee dei settori automobilistico, delle batterie e delle rinnovabili". Lo stesso vicepresidente dell'Ue ha già chiesto alla Casa Bianca un'esenzione per le aziende europee che non devono essere "discriminate. È una questione che ho ripetutamente sollevato con la nostra controparte statunitense: "Noi preferiremmo che le aziende europee fossero esentate da queste disposizioni discriminatorie, come il Canada e il Messico lo sono già . Noi siamo alleati e partner strategici" degli Usa, "e collaboriamo sulla transizione", ma al tempo stesso non esclude che la questione possa finire davanti al Wto, l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Per evitare una nuova guerra commerciale come ai tempi di Donald Trump, Bruxelles e Washington hanno istituito una task force per trovare soluzioni condivise.

Una prima riunione "si è tenuta la settimana scorsa e al momento ci stiamo concentrando sul lavoro per trovare una soluzione negoziata, che se tutto va bene questa task force può raggiungere, in modo da affrontare le preoccupazioni Ue. Quindi lasciamo lavorare la task force, sperando che si trovino soluzioni, prima di parlare di ulteriori opzioni". Si spera perciò di risolvere la controversia davanti al Consiglio per il commercio e la tecnologia all'inizio di dicembre, dove i partner transatlantici vogliono concordare una serie di azioni per rafforzare la loro cooperazione bilaterale.

Molto dipenderà da come l'amministrazione Biden uscirà dalle elezioni di Midterm. Ma l'Ue ha realizzato che nella crisi energetica e la corsa alla transizione green gli Stati Uniti più che partner, sono rivali. Lo ha già sperimentato sulle forniture di gas liquefatto che la Casa Bianca ha gentilmente "offerto" all'Unione Europea per sostituirsi ai flussi via gasdotto dalla Russia. Nei primi otto mesi del 2022 le spedizioni di gas naturale liquefatto (gnl) dalle coste americane verso quelle europee sono cresciute di oltre il 160%, con le importazioni Ue dagli Usa che hanno superato a settembre per la prima volta quelle dalla Russia. Il metano statunitense acquistato in Europa paga però un premio elevato rispetto a quello che le aziende a stelle e strisce vendono nel mercato domestico. Così elevato da aver innescato la reazione di Parigi e Berlino contro i prezzi "inaccettabili" praticati dagli Stati Uniti. "Non dobbiamo lasciare che il conflitto in Ucraina finisca con un dominio economico degli Stati Uniti e un indebolimento dell'Europa. Non possiamo accettare che il nostro partner americano venda il suo Gnl quattro volte il prezzo al quale lo vende ai propri industriali. Un indebolimento economico dell'Europa non è nell'interesse di nessuno", ha detto il mese scorso il ministro francese Le Maire davanti al Parlamento. Lo stesso che oggi ha definito l'Inflation Act di Biden una "grave minaccia alle industrie europee".