Lula é volato a Buenos Aires da Fernandez per la sua prima visita ufficiale da neoeletto presidente brasiliano. In una finestra storica - per la prima volta i sette paesi più popolati della regione sono governati da leader di sinistra - si riaccende il sogno di una moneta complementare comune per il continente sudamericano, con l'obiettivo di rilanciare il commercio regionale e spezzare la dipendenza dal dollaro. La moneta si chiama Sur e vuole sostituire il dollaro americano. Una moneta insomma complementare e comune per il commercio tra paesi sudamericani, per rilanciare l'integrazione regionale e spezzare la dipendenza dal dollaro statunitense. Negli anni sono stati proposti diversi nomi e geometrie variabili: Condor, Colombo, Latino, Pacha, Peso americano, Real-Peso. In realtà Hugo Chavez era riuscito a dar vita al Sucre - dal nome del generale fedelissimo di Simon Bolivar -, adottato nel 2009 da Venezuela, Nicaragua, Cuba, Bolivia ed Ecuador, ma dopo un avvio incoraggiante la valuta non è sopravvissuta alla morte del leader venezuelano nel 2013. Ora che si muovono i big Argentina e Brasile e si prova a passare dalle parole ai fatti, il nome che prende piede è Sur, sud in spagnolo.
Sur sarebbe una moneta complementare - non sostitutiva quindi delle valute nazionali, Real e Peso - per i flussi commerciali e finanziari del continente, emessa dal Banco Central del Sur, con una capitalizzazione iniziale dei paesi membri proporzionale alle rispettive quote nel commercio del continente. Anziché usare il dollaro - secondo gli ultimi dati della Fed, utilizzato nel 96% degli scambi nelle Americhe - i Paesi coinvolti userebbero la valuta digitale assegnandole parte delle proprie riserve di valuta estera, mentre il tasso di cambio con le varie valute nazionali sudamericane sarebbe variabile.
Argentina e Brasile, le due maggiori economie dell'America Latina, stanno per annunciare il via libera ai lavori preparatori per una moneta comune, con l'ambizione di invitare successivamente le altre nazioni del continente a unirsi al progetto. E per la prima volta nella storia, i sette paesi più popolati della regione sono governati da leader di sinistra (Brasile, Messico, Colombia, Argentina, Perù, Venezuela e Cile). Davanti al potenziale di questo momento storico, l'ideatore del progetto, il politico ed economista ecuadoriano Andrés Arauz, ha delineato un percorso di integrazione regionale che ha trovato il tassello decisivo nel ritorno di Lula in Brasile. Arauz prevede il rilancio dell'Unasur (Unione delle Nazioni sudamericane) e un nuovo Banco Central del Sur, con l'obiettivo di "uniformare i sistemi di pagamento di Unasur per effettuare trasferimenti interbancari a qualsiasi banca della regione in tempo reale e da un telefono cellulare". Un processo da avviare in fretta, spiega Arauz, perché la finestra politica si potrebbe chiudere in autunno 2023, quando si voterà per le elezioni politiche in Argentina.
Luiz Inacio Lula da Silva ha ripreso la tradizione, interrotta da Jair Bolsonaro, che vuole che avvenga in Argentina la prima visita ufficiale del neoeletto presidente del Brasile e non vuole perdere tempo, approfittando della vicinanza politica con la controparte argentina Alberto Fernandez. Diversi i temi sul tavolo, tutti orientati a una rafforzamento del rapporto bilaterale: come il finanziamento per la costruzione della pipeline che trasporterà il gas da Vaca Muerta (seconda riserva mondiale di shale gas e quarta di shale oil), nella Patagonia argentina, fino alla regione di Rio Grande do Sul, nel sud del Brasile; lo swap valutario da circa 10 miliardi di dollari fra banche centrali che andrebbero da una parte a finanziare i 3,5 miliardi rappresentati dal costo delle importazioni annuali dal Brasile all'Argentina e dall'altra a rafforzare le esangui riserve della Banca centrale argentina. O come, appunto, il progetto del Sur. 
Finora il principale oppositore del progetto, che i due paesi discutono da tempo, è stata la banca centrale brasiliana, ma ora Brasilia vuole dare nuovo impulso. In campagna elettorale, Lula ha detto chiaramente che "se Dio vuole, creeremo una moneta comune per l'America Latina, perché non dovremmo dipendere dal dollaro". Il ministro delle Finanze Fernando Haddad ha co-firmato un articolo l'anno scorso proponendo una moneta digitale sudamericana. Un altro ostacolo, ancor più della rivalità storica fra Brasile e Argentina, risiede nelle differenze economiche fra i due Stati e in particolare nello stato di salute malferma delle finanze argentine, da lungo tempo in bilico - i 40 miliardi di dollari di debito con il Fondo monetario internazionale dopo il salvataggio del 2018, il default nel 2020 - e attualmente alle prese con un'inflazione che si avvicina al 100 per cento, contrastata attraverso la banca centrale che stampa sempre più denaro per finanziare la spesa.
L'obiettivo principale del Sur è rafforzare la sovranità economica del continente sudamericano, rilanciare il commercio regionale e ridurre la dipendenza (pressoché totale) dal dollaro statunitense. Riuscire a coinvolgere l'intero Sudamerica equivarrebbe a costituire un'unione monetaria di circa il 5 per cento del Pil mondiale; per dare un'idea del confronto, l'euro - la più grande unione monetaria al mondo - copre il 14 per cento del Pil globale. Un'operazione tutt'altro che semplice per il Sudamerica, come sa bene l'Europa, perché coinvolge le questioni fiscali, le dinamiche commerciali, il coordinamento delle banche centrali, tutte tematiche che convincono le parti a partire con il freno tirato. Il brasiliano Fernando Haddad chiarisce che non si sta parlando di una moneta comune e niente sostituirà il Real, ma sarà uno strumento in più di stimolo al commercio bilaterale. Il ministro dell'economia argentino Sergio Massa ha detto al Financial Times che "non è il caso di creare false speranze, è il primo passo di una lunga strada". Tornando al confronto, l'Europa ha impiegato oltre tre decenni per creare l'euro.
Lula guarda anche con grande interesse ai rapporti con l'Africa e al rilancio del formato Brics - Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica - e professa la sua visione di un "mondo multipolare, libero dall'egemonia unilaterale e da uno sterile confronto bipolare", per far spazio a un "vero multilateralismo, in cui la cooperazione internazionale può davvero prosperare". L'iniziativa di Brasile e Argentina si iscrive in un contesto di crescente ribellione nel mondo contro il sistema dollarocentrico nelle dinamiche commerciali mondiali: una ribellione condivisa nei Brics, in particolare da Cina e Russia che su questo fronte trovano forti convergenze. Secondo questi paesi, il dollaro utilizzato nella maggior parte delle transazioni commerciali internazionali e il suo status di valuta di riserva globale conferisce agli Stati Uniti un "privilegio esorbitante" che ne garantisce il dominio a livello economico e geopolitico. Si stanno moltiplicando in questo senso le iniziative che sfidano l'egemonia del dollaro e le istituzioni controllate da Washington come il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale.
In una fase storica in cui il mondo ha fame di materie prime, petrolio, gas, cereali, alcuni politici dell'America Latina ritengono che il continente possa rilanciarsi e ritagliarsi un ruolo chiave nel commercio internazionale e nello scacchiere geopolitico. Deve però riuscire a trovare convergenze per una maggiore integrazione regionale. La storia del continente dice che non sarà un percorso facile né breve.