Pnrr (Depositphotos)

di FRANCO MANZITTI

Genova, che città siamo? Quella di un nuovo Rinascimento all’inizio del Terzo Millennio o quella “invisibile” ricordando di Italo Calvino.

 Questa ne racchiude tante altre, complesse, un po’ decadenti, un po’ nostalgiche, un po’ di grande potenza storica e un po’ fatiscenti, come il suo centro storico, che nessuno riesce a recuperare?

Due visioni si scontrano, ma potrebbero essere anche di più, tra Storia con la maiuscola, una cavalcata esaltante e l’attualità delle grandi opere lanciate. Dalla Diga portuale, piena di interrogativi, al tunnel subportuale, mirabolante e incerto, alla Soprelevata, che viene citata dai grandi urbanisti come una delle prospettive cittadine più spettacolari.

ffascinano i “salti” che Genova fa dal suo inizio originale di grande porto, ma soprattutto intrigano quelli del Dopoguerra, così misti tra immobilismo e slanci potenti, urbanistici e culturali.

I disegni avveniristici del monumentale Biscione di Daneri, che oggi la new age copia e delle avanguardie musicali e culturali di Fabrizio De Andrè, di “Marcatrè” la super rivista pop, di Germano Celant e della sua scoperta dell’arte minimale, di quel genio di Edoardo Sanguineti, che poi Genova lasciò per ore su una barella del Pronto Soccorso.

E che salto dopo la “folle colata di cemento” degli anni Cinquanta, Sessanta, con quella avanzata di mega condomini gialli, giallini e rossicci e negli anni Settanta con i quartieri ghetto sulle colline , quando si pensava che Genova avrebbe ospitato due milioni di abitanti.

E poi lo stop, anche drammatico occupazionalmente delle grande aziende Iri, Italsider, Italcantieri, Ansaldo, Elsag, Italimpianti, veri kolossal caduti negli anni Ottanta come castelli di carte, lasciando cosa? Memoria tecnologica e industriale da primati mondiali, post fordismo a go-go, anche imprese culturali (come dimenticare il lascito Italsider di Oscar Sinigaglia, tanto per fare un nome o le miniere di documenti della Fondazione Ansaldo?).

Città ferma nei suoi quartieri ottocenteschi, hausmaniani, elegantissimi e ora pieni di case vuote, immense, tra Castelletto e San Nicola.

Città “super liquida di capitali” di depositi nelle banche e di fortune tramandate nei secoli da grandi famiglie nobili, che contemplano i loro palazzi e qualcuno si è messo a rilanciarli, altri li sprangano al pubblico, con i loro segreti mirabili e intoccabili che solo la Regina Elisabetta ha potuto vedere. Forse per fortuna, forse per disgrazia.

La città più vecchia d’Europa e forse del mondo, dove la sua banca-madre sparisce, dopo la lotta senza esclusione di colpi tra due “ottantenni”.

Affascinante perchè ora c’è il resto, quello che viene con il PNRR e tutti quei sei miliardi riversati in questa città, una dentro l’altra. Ma non ovunque….. Niente o poco ai “caruggi”, primo grande contenitore di immigrazione, ma non in periferia, nel cuore pulsante che nessun Pnrr salverà e che sta lì in mezzo alla città.

I miliardi arriveranno sulle grandi opere del sindaco Bucci, che Draghi ha scelto come primo grande cantiere italiano.

Rinascimento?

Quando tutte le grandi opere sono un po’ in discussione, ma quando il mercato immobiliare, crollato ai minimi, risale con colpi cinematografici.

Quel grande regista di Los Angeles, che si compra la villa a Castelletto che gli eredi non riuscivano a piazzare da anni e anni. Fatiscente e sfolgorante. Le catene alberghiere che vogliono comprare il Palazzo della Borsa nell’ombelico di piazza De Ferrari e farci un Hilton, pagando un bel gruzzolone alla Fabbriceria del Duomo di Milano, che ne è proprietaria

Tutto quel fervore in attesa del lancio del Water Front al posto della ex Fiera del Mare, di piccoli e grandi imprenditori milanesi che vengono a dare una occhiata a Zena, la ex Superba dopo il colpo di genio di Renzo Piano, che “in stato di grazia” ha disegnato quel ponte e comprano locali e localini e si piazzano in attesa che questa “città-mille città” diventi raggiungibile non solo dai turisti mordi e fuggi delle crociere a valanga, con il nuovo treno da Milano e le alte velocità.

Bella domanda se questa è una città da nuovo Rinascimento o se, invece, è quella dove entri in un mondo e poi, come in un caleidoscopio coloratissimo, sprofondi continuamente, dal fondo del mare, dove la Diga Super dovrebbe trovare le sue fondamenta, alle funivie per le alture, dove i forti del Sei- Settecento vigilano silenziosi l’isolamento, pronto a rompersi, della Superba.

O a rinserrarsi, visto che Zena è più bella così e le ondate nostalgiche, chi le ferma nella capitale dei capelli grigi e del record di de- natalità?