di BRUNO TUCCI

Candidati alle elezioni regionali, europee, tutto si fa per un voto in più (o una virgola nei sondaggi), italiani frastornati dalla rissa continua dei politici.

Se ne renderanno conto i nostri uomini politici (di destra, di sinistra, di centro) che la gente comune non ne può più di sentire e di vedere le loro continue liti su qualsiasi argomento?

Si conviceranno finalmente e capiranno che questa giostra fa male non solo a chi legge i giornali o ascolta la tv, ma anche e soprattutto al Paese? Un giorno è il patriarcato, un altro il problema dei gender, i migranti, l’accusa di fascismo, il silenzio della Meloni, la poca influenza che ha  la segretaria per caso (leggi Eddy Schlein) sul partito che le è stato affidato dalle primarie.

E’ un andazzo  continuo senza fine.  Una bagarre che gran parte dell’opinione pubblica non comprende e lo dimostra disertando le urne. Malgrado questi comprensibilissimi sintomi, nei Palazzi ed anche fuori non si smette di andare alla ricerca del pelo nell’uovo per far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

A giugno prossimo, cioè fra sei mesi, si terranno le elezioni europee. Mancano più di 150 giorni, eppure la campagna elettorale è già iniziata alla grande. Non ha avuto tregua neppure durante le feste natalizie. Prima della Befana, la premier ha tenuto la sua consueta conferenza stampa ed apriti cielo: “E’ stata bravissima, risposte molto convincenti ai giornalisti”, sostengono gli esponenti della maggioranza. “Per carità, ha detto una infinità di bugie da premio Oscar”, ribattono da sinistra.

Nemmeno il tempo di digerire gli abbondanti pranzi di Natale e Capodanno, ecco che il braccio di ferro si riapre sulla nuova ondata di fascismo per la manifestazione di Acca Laurentia. Saluti romani, grida di presente, tutti atteggiamenti di cui non si vorrebbe più parlare. Invece, la polemica si infiamma su un capitolo della nostra storia finito da più di 80 anni.

“I nostalgici sono sempre presenti, soprattutto fra i fedelissimi di Giorgia Meloni”, dicono quelli della minoranza, “Macchè, sono semplici cani sciolti che non hanno nulla a che fare con noi”, replicano a destra.

La premier tace e la si accusa di non voler prendere posizione per non perdere i voti di coloro che non hanno dimenticato il deprecato ventennio.

Domanda: a che cosa servono queste continue schermaglie che superano certe volte il limite della decenza? Spesso per convincersi di aver ragione non sono pochi i sostenitori del “parlare fuori dei denti” con accuse violente.

Le europee, quindi, per mettere subito all’angolo gli avversari. Ma per tenersi in forma (neanche fossero i giocatori di una squadra di calcio), ci si allena con le regionali che si terranno prima del mese di giugno. Pure qui la musica non cambia, il ritornello è sempre lo stesso.

Si voterà in cinque regioni: Basilicata, Abruzzo, Piemonte, Umbria e Sardegna. Proprio in questa ultima meravigliosa terra, si stanno affilando i coltelli. Solo che stavolta a darsele di santa ragione sono gli esponenti della triade, l’alleanza che guida il Paese.

La Lega vorrebbe di nuovo Christian Solinas che la presiede dal marzo del 2019. Diverso è il parere dei Fratelli d’Italia che sponsorizzano invece Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari. Il primo ha perso consensi ritengono i fans di Giorgia. Non è vero si replica a sinistra. Con Solinas la Sardegna ha fatto un gran salto di qualità.

Per non esser da meno pure gli altri presidenti delle altre quattro regioni scalpitano, non ci stanno a vedere che si parli solo di Cagliari e dintorni. Così la guerra si allarga e coinvolge la premier e i suoi alleati.

Se non si trova un accordo sulla Sardegna, dovremo riprendere il discorso su tutto. Insomma, sono in bilico anche gli altri patti che si erano presi prima della buriana che divide la più bella isola del mondo. E’ Antonio Tajani ad intervenire nel gioco ed a imbrogliare ancora di più le carte. Chi ne fa maggiormente le spese è Giorgia Meloni che deve tentare in tutti i modi di placare gli animi. Se le elezioni regionali non dovessero andar bene non sarebbe un buon viatico per Palazzo Chigi che rientrerebbe di nuovo nell’occhio del ciclone.

Dunque, i prossimi giorni saranno determinanti per le regionali. Indipendentemente da questa disputa (qualcuno la definisce una rissa), occorre che nei Palazzi si cambi il tono. Le diversità si comprendono e sono naturali in politica, ma se si va oltre nelle parole e negli atti, gli sconfitti non sarebbero soltanto gli inquilini di Montecitorio e di Palazzo Madama, bensì tutti noi, vale a dire gli italiani.