di FRANCO MANZITTI

Non c'è mai stata una elezione europea così importante come quella che ci aspetta nel prossimo giugno. Sono in ballo questioni capitali, a partire dalla sopravvivenza della costruzione europea stessa, come Macron ha, con un eccesso di drammatizzazione, sottolineato nel suo discorso alla Sorbona.

Eppure i partiti italiani, i movimenti politici, i leader in campo in questo momento storico, nelle loro scelte sembrano non avere colto nulla di questa totale e decisiva emergenza.

La scelta dei candidati dall'alto dei capilista nelle diverse Circoscrizioni al “basso” dei concorrenti scelti per portare un po' di acqua al proprio mulino, sembra non corrispondere in alcun modo alla gravità di questo tempo, tra guerre incombenti, emergenze economiche, scombussolamenti geopolitici epocali, capaci di relegare, dopo secoli, se non millenni, il Continente europeo ai margini della Storia.

Da una parte ci sono i leader, tutti o quasi, che corrono perchè quello che conta per loro è l'equilibrio nella politica italiana, guai se Fratelli d'Italia non primeggia con tanto distacco, guai se la Lega crolla, guai se Forza Italia non fa lo scatto che tutti pronosticano, guai se il Pd scende sotto il livello delle Politiche, guai se i 5 Stelle calano troppo eccetera eccetera...

Si propongono in testa alle liste candidature di leader che poi non metteranno piede a Bruxelles e Strasburgo, se non altro che per qualche passerella. Come è tristemente accaduto in passato, quasi sempre e con poche eccezioni.

Si scelgono candidature specchietto, come quella sconcertante del generale Vannacci, sperando che il suo successo elettorale, sia simile a quello editoriale, per portare voti a Salvini in crisi.

Salvo rare eccezioni la scelta  dei candidati corrisponde anche tra i portatori d'acqua, pardon di voti, a criteri che poco hanno a che fare con le competenze necessarie per impegnarsi oggi nella difesa dell'Europa.

Se stringiamo lo zoom su quello che ci riguarda più da vicino, cioè le candidature liguri per la Circoscrizione Nord Occidentale non possiamo non sottolineare la quasi totale inadeguatezza delle scelte. Invece di scegliere competenze, qualità, conoscenza dei grandi temi (e magari anche delle lingue, importanti per lavorare in Europa) si pesca fior da fiore nelle magari generose disponibilità a prestarsi all'impegno elettorale, un po' per vanità, un po' in attesa di qualche corrispettivo.

Esemplare la scelta del Pd di non candidare Andrea Orlando ex pluriministro, uomo di partito forte e scafato, indicato pure dalla segretaria nazionale Schlein, per tenerselo di riserva, magari per le regionali del lontano giugno 2026. 

Certo anche in passato i cavalli lanciati in Europa non erano il massimo della competenza, ma la battaglia non è mai stata importante come oggi.

Oggi dovremmo cercare di mandare in Europa le donne e gli uomini migliori, scegliendoli non solo nella politica militante di questi anni, che sono tra i più miseri del lungo Dopoguerra, ma in  quella società civile che sembra scansare ogni impegno pubblico, in quelle categorie che hanno magari prestato utili servizi alla collettività, anche in quelli che si chiamavano corpi intermedi e che ora sono sfumati. E in questo mondo, invece di disponibilità a impegni europei, assistiamo, magari, alle sanguinose battaglie di Confindustria per eleggere il proprio presidente. Altro che Europa.

La politica in senso largo non sa più scegliere neppure dentro a se stessa chi candidare ad ogni scadenza elettorale, vittima oramai di una deriva leaderistica devastante e bruciante, nel senso che brucia proprio chi conquista la vetta delle istituzioni, ma anche chi si fa largo nei livelli inferiori dell'impegno rappresentativo.

E' la grande crisi della democrazia, nella quale si logora proprio il concetto di rappresentanza, con il progressivo decadimento del Parlamento e la corsa alle soluzioni verticistiche, delle quali il premierato è l'aspirazione inequivocabile.

Avremmo bisogno di ben altro e dovremmo avere le forze di estrarlo per non soccombere nella battaglia di salvezza dell'Europa.

Nelle cerimonie del 25 aprile, nella ricorrenza sacra della nostra democrazia, riscattata dai liberatori, c'era quest'anno più nostalgia e rammarico di sempre, comprovati da una grande partecipazione come quella dei cinquemila di Piazza Matteotti.

Proprio perchè si ha la percezione di quello che manca, insieme alla memoria di quanto era stata fatto con il sangue e con il sacrificio di intere generazioni per metterci nelle condizioni giuste. Che non sono quelle di candidare Vannacci e compagnia più o meno cantante.