Foto archivio (IDF, Telegram)

Un alto funzionario di Hamas ha detto all'Afp che il gruppo palestinese "non ha grossi problemi" con l'ultima proposta di Israele ed Egitto per un cessate il fuoco a Gaza.

"L'atmosfera è positiva, a meno che non vi siano nuovi ostacoli da parte di Israele. Non ci sono grossi problemi nelle osservazioni e nelle richieste che Hamas presenterà riguardo ai contenuti" della proposta, ha detto il funzionario, che ha parlato a condizione di anonimato, alla vigilia dell'incontro al Cairo con Egitto e Qatar in cui è attesa una risposta di Hamas.

LA GIORNATA
(di Massimo Lomonaco)

L'Idf si avvicina sempre più all'operazione a Rafah: l'esercito israeliano ha approvato i nuovi piani militari per la continuazione della guerra nel sud di Gaza, che attendono ora solo il via libera definitivo da parte del Gabinetto di sicurezza presieduto da Benyamin Netanyahu. "E' questione di giorni", ha messo in guardia il presidente dell'Anp, Abu Mazen, rilanciando l'appello agli Usa - "l'unico Paese in grado di farlo" - a fermare l'operazione. E la questione è stata al centro di una nuova telefonata domenica sera tra Joe Biden e Netanyahu: il presidente americano ha "ribadito la sua chiara posizione" su Rafah pur confermando "l'incrollabile sostegno alla sicurezza" dello Stato ebraico, ha fatto sapere la Casa Bianca. Nel colloquio i due hanno affrontato anche il nodo delle trattative in corso per il rilascio degli ostaggi e un immediato cessate il fuoco, mentre al Cairo è arrivata la delegazione di Hamas che lunedì, ha annunciato un suo alto funzionario, dovrebbe dare la risposta alla controproposta israeliana. Un accordo, che potrebbe fermare l'imminente azione nella città palestinese a ridosso dell'Egitto, su cui sta lavorando di sponda con gli attori regionali anche il segretario di Stato Antony Blinken, arrivato a Riad in un nuovo tour che martedì lo riporterà anche in Israele. La posizione americana su Rafah è nota: prima bisogna pensare alla popolazione civile della città. Ma che la carta dell'accordo sia quella vincente per evitare l'operazione militare sembra opinione prevalente anche in Israele. Lo stesso ministro del Gabinetto di guerra Benny Gantz ha sostenuto che "entrare a Rafah è importante nella nostra lunga campagna contro Hamas, ma il ritorno degli ostaggi catturati il 7 ottobre è di importanza molto più grande". Una posizione più sfumata rispetto a quella sostenuta fino ad ora da Gantz.

"L'unico modo per evitare l'ingresso a Rafah - ha incalzato una fonte israeliana - è raggiungere un accordo sugli ostaggi. Nessuno - ha insistito riferendosi alla forte pressione internazionale - vuole che Israele entri nella città palestinese". La stessa fonte ha sottolineato che Israele nella proposta ai mediatori ha fatto "grandi concessioni", incluso il ritorno dei palestinesi sfollati nel nord della Striscia, che è una delle principali richieste di Hamas. Se dal Cairo arriverà la fumata bianca da parte della fazione islamica, Blinken - che in Arabia Saudita ha visto sia Abu Mazen sia altri leader arabi - all'arrivo in Israele dovrà confrontarsi con Netanyahu, il ministro Gantz e quello della difesa Yoav Gallant per mettere insieme gli ultimi dettagli del puzzle. Proprio sul premier - come anche per Gantz e Gallant - si sta però sempre più addensando l'ombra dell'eventualità che la Corte penale internazionale dell'Aja emetta mandati di arresto per la guerra nella Striscia. I media hanno riferito di telefonate continue nel fine settimana da parte di Netanyahu nel tentativo di convincere gli Stati Uniti a bloccare qualsiasi decisione della Cpi. E non è un caso che il ministro degli Esteri Israel Katz - in previsione di eventuali mandati di arresto - abbia dato istruzioni a tutte le ambasciate israeliane nel mondo "di prepararsi immediatamente per un'ondata di grave antisemitismo, focolai antiebraici e anti-israeliani". Al 205esimo giorno di guerra, mentre l'Idf continua ad operare nel centro della Striscia, la ong World central kitchen (Wck) ha annunciato di aver ripreso le sue operazioni umanitarie a Gaza, sospese quattro settimane fa dopo che l'Idf per "un grave errore" aveva ucciso 7 suoi operatori umanitari in un raid contro le auto su cui viaggiavano. "Stiamo riavviando la nostra attività - ha detto Erin Gore, amministratore delegato di Wck - con la stessa energia, dignità e attenzione nel nutrire quante più persone possibile".