A Madrid era "Re Carlo".

In Brasile, che l'ha accolto come il salvatore della patria calcistica, "mi chiamano già Carlinho. E mi piace".

In un clima di crescente attesa, Carlo Ancelotti si prepara all'esordio sulla panchina della Seleçao, giovedì, quando i verde-oro faranno visita all'Ecuador nelle qualificazioni per il Mondiale del 2026, con l'obiettivo di migliorare una classifica non all'altezza dei 'pentacampeao'.

In una intervista a Vivo Azzurro tv, l'allenatore - unico ad aver vinto il titolo nei cinque principali campionati europei (Italia, Inghilterra, Francia, Germania e Spagna) -racconta la sua carriera, a cominciare dall'ultimo viaggio che da Madrid lo ha portato a Rio de Janeiro: "Adesso inizia un'altra avventura, è una responsabilità grande, ma anche una grande felicità avere l'opportunità di allenare la nazionale brasiliana. Sono stato accolto con molto affetto, spero di preparare bene la squadra e fare in modo che sia competitiva al prossimo Mondiale". Imparare una nuova lingua non sarà un problema: "Dovrò studiare il portoghese come ho dovuto studiare il francese, l'inglese, lo spagnolo: mi aiuterà il fatto che il portoghese ha la stessa grammatica".

Ancelotti rende merito ad Arrigo Sacchi, del quale é stato calciatore-allievo al Milan, poi vice in Nazionale nel Mondiale americano: "È stato un innovatore, ha portato qualcosa di nuovo nel calcio a livello tattico e di metodologia. Ho lavorato tanti anni con lui da giocatore e allenatore, è stato per me un maestro molto importante".

Prima ancora che in campo, l'abilità di un tecnico sta nel saper gestire il gruppo. Una capacità che non si impara nell'aula di un corso. Ed é appunto una delle principali qualità riconosciute ad Ancelotti: "Non l'ho studiato, sono fatto così e cerco di trasmettere la mia identità e il mio carattere nella relazione con gli altri. Il carattere si forma con i maestri che hai avuto nell'infanzia: tuo papà, gli insegnanti a scuola e gli allenatori. La convivenza tra i grandi campioni dipende dall'intelligenza individuale di ciascuno di loro. Solitamente il grande campione è serio, professionale e lavora bene. La gestione non è così complicata".

Non manca una riflessione sul calcio moderno. Si gioca tanto, troppo secondo Ancelotti: "Credo che le federazioni, la UEFA e la FIFA debbano trovare una soluzione per preservare la qualità, ma soprattutto la salute dei calciatori".