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di MARIO PICCIRILLO

ROMA – Anche il Giappone si inchina a Trump. Il Presidente degli Stati Uniti ha rivendicato un “accordo commerciale imponente”, presentandolo come l’ennesimo trofeo della sua politica estera muscolare. Auto, camion, riso e prodotti agricoli americani troveranno nuovamente strada verso Tokyo, mentre il Giappone promette investimenti per 550 miliardi di dollari negli Stati Uniti. In cambio, le esportazioni giapponesi subiranno un dazio “solo” del 15%, invece del 25% minacciato nei mesi scorsi.

L’intesa, ancora priva di dettagli ufficiali, dovrebbe anche congelare l’aumento dei dazi sulle auto giapponesi: dal 2,5% si salirà al 15%, evitando però il temuto balzello del 25% che aveva fatto tremare le case automobilistiche nipponiche da aprile.

A Tokyo, il primo ministro Shigeru Ishiba si è limitato a confermare l’arrivo di un primo report dal negoziatore Ryosei Akazawa – lo stesso che ha celebrato la firma su X con un laconico ma eloquente: “Missione compiuta”. E mentre i giapponesi si leccano le ferite post-elettorali, Trump canta vittoria con l solita sobrietà: “Riuscite a immaginare Biden a negoziare questo? Saremmo stati derubati come sempre”.

CANADA, GELO AL CONFINE

Resta sulle barricate l’ex alleato più prossimo, con il Canada è muro contro muro. Mancano pochi giorni alla scadenza del 1° agosto, quando scatteranno i dazi del 35% sulle esportazioni, se non si troverà un’intesa. E il primo ministro Mark Carney non sembra ottimista. Dopo una riunione di emergenza con province e territori, ha dichiarato: “Non firmeremo un accordo a tutti i costi”.

Il Canada sperava in una proroga dopo che Trump, in primavera, aveva già imposto balzelli fino al 50% su acciaio e alluminio e un salasso del 25% sulle auto (escluse le componenti prodotte in USA). Carney aveva fissato il 21 luglio come data limite per un’intesa, ma il presidente americano ha rimescolato il mazzo. E a Ottawa hanno deciso di tirare dritti, seguendo l’esempio della Cina: non cedere alle minacce.

Trump intanto continua la sua offensiva su più fronti. Bozze d’accordo con Regno Unito, Vietnam, Filippine e Indonesia, tregua (precaria) con la Cina, e nuovi negoziati in vista con l’Unione Europea, minacciata da dazi in arrivo dal 1° agosto. Il piano è il solito: mettere tutti con le spalle al muro, strappare concessioni sotto la minaccia delle tariffe, e poi rivendicare tutto come una vittoria.