(foto archivio)

Per Donald Trump entro due o tre settimane la guerra a Gaza potrebbe finire.

"Penso che entro le prossime due o tre settimane si arriverà a una conclusione positiva e definitiva", ha detto il presidente americano alla Casa Bianca. Non è la prima volta che Trump parla di questo lasso di tempo. "Bisogna farla finita perché tra la fame e tutti gli altri problemi le persone continuano ad essere uccise", ha detto ancora il tycoon.

Una brutale raffica di attacchi sull'ospedale Nasser è l'ennesima pietra di scandalo per Israele e la sua rinnovata offensiva nella Striscia. Mentre continua l'offensiva a nord su Gaza City, l'Idf ha lanciato una serie di raid sulla struttura sanitaria di Khan Younis, l'unica parzialmente funzionante nel sud dell'enclave, noncurante della presenza di civili, operatori umanitari, giornalisti e soccorritori.

Il bilancio è di almeno 20 morti tra cui cinque giornalisti che in questi mesi hanno raccontato la guerra per Reuters, Ap, Al Jazeera e altri media internazionali. L'ennesima strage che porta a quota 245 la scia di sangue dei reporter uccisi in meno di due anni di guerra a Gaza, rendendola il conflitto più mortale di sempre per gli operatori della stampa. E che scatena l'indignazione in tutto il mondo, spingendo l'esercito israeliano ad annunciare un'inchiesta mentre Netanyahu ha espresso "profondo rammarico" per quello che ha definito "un tragico incidente".
Il primo raid con un drone sul Nasser, scagliato in pieno giorno, ha colpito duramente la struttura mietendo le prime vittime, tra cui un giornalista di Reuters, Hossam al-Masri, mentre era impegnato a trasmettere un video in diretta dall'ospedale, interrotto bruscamente al momento dell'attacco.

Poco dopo, un secondo raid aereo si è abbattuto sul complesso medico mentre i soccorritori cercavano di portare via i feriti e i giornalisti riprendevano le conseguenze del primo bombardamento, gettando nel panico chi si trovata sul posto tra il fumo, i detriti, il sangue e le urla ripresi in diretta tv e rimbalzati nei filmati in rete. Oltre ad al-Masri, nei due attacchi sono rimasti uccisi Mariam Dagga, giornalista freelance che ha lavorato per Ap, Mohammed Salama, che ha lavorato per Al Jazeera and Middle East Eye, i giornalisti Ahmad Abu Aziz e Moaz Abu Taha, mentre un altro collaboratore di Reuters, Hatem Khaled, è rimasto ferito.

La strage ha sollevato un coro di condanna in tutto il mondo, a partire da Reuters che si è detta "sconvolta" mentre l'Ap ha espresso "shock e tristezza". Al Jazeera è tornata a denunciare gli "omicidi" israeliani dei giornalisti nella Striscia, dopo che due settimane fa, l'emittente ha perso quattro reporter e due freelance in un attacco mirato dell'Idf. Dal sindacato dei giornalisti palestinesi a Reporter senza frontiere, le ong dei media hanno accusato Israele di "silenziare le voci indipendenti a Gaza", mentre la Striscia resta interdetta ai media stranieri.

L'Onu ha ricordato che "gli ospedali e i giornalisti non sono un bersaglio" e ha chiesto un'inchiesta indipendente sull'attacco. E anche gli alleati occidentali di Israele si sono rivoltati contro la nuova mattanza di civili: Donald Trump ha detto di "non essere contento" per il raid sull'ospedale, mentre Londra e Berlino si sono dette "scioccate" e "inorridite". La Spagna ha parlato di "inaccettabile violazione del diritto umanitario" e la Francia ha invitato Israele a "rispettare" le norme internazionali. Dall'Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiesto di "garantire l'incolumità dei giornalisti" nella Striscia. E il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin si è detto "allibito di fronte a quello che sta succedendo a Gaza, nonostante la condanna del mondo intero".

Nell'annunciare un'inchiesta sull'attacco, l'Idf si è limitata a dire che i suoi soldati "non prendono di mira i giornalisti in quanto tali" e che agiscono "per mitigare il più possibile i danni alle persone non coinvolte". Il bilancio sempre più alto di civili uccisi nella guerra - reporter compresi - sembra però tradire queste intenzioni. E nonostante Netanyahu abbia annunciato la volontà di avviare "immediatamente" negoziati per liberare tutti gli ostaggi e porre fine alla guerra, resta lo stallo sulla via diplomatica per la pace. Di fronte a questo quadro, le famiglie degli ostaggi proveranno ad alzare la voce martedì in una 'Giornata di lotta' in tutto Israele per spingere l'esecutivo ad accettare un accordo che possa riportare a casa i loro cari rapiti. E di conseguenza, far cessare le armi nella martoriata Striscia di Gaza.