di VITTORIO MAMBRO ROSSETTI e REDAZIONE
ROMA – Ormai andare a fare la spesa equivale a svuotare il portafoglio. E non è solo una impressione. Lo certifica infatti l’Istat che i rincari dei beni alimentari negli ultimi anni hanno toccato l’apice.
IL CIBO RAPPRESENTA IL 16,6% DELLA SPESA DELLE FAMIGLIE
Si tratta di una fetta di prodotti che da soli, nel 2025, rappresentano oltre un quinto del valore economico dei beni e servizi consumati dalle famiglie italiane. Il solo cibo infatti rappresenta, in media, il 16,6% della spesa. Trattandosi di beni in prevalenza necessari, si caratterizzano per la rigidità della loro domanda rispetto ad aumenti di prezzo. Inoltre, gli incrementi dei listini hanno un impatto rilevante sul potere di acquisto delle famiglie, soprattutto quelle a più basso reddito in considerazione della maggiore quota dei beni alimentari rispetto al totale dei consumi. Così l’Istat nella sua nota di andamento dell’economia italiana.
IN 4 ANNI IL COSTO DEI BENI ALIMENTARI A +24,9%
Da ottobre 2021 a ottobre 2025, i beni alimentari hanno registrato aumenti di prezzo del 24,9%, un incremento superiore di quasi 8 punti percentuali rispetto a quanto evidenziato nello stesso periodo dall’indice generale dei prezzi al consumo armonizzato (+17,3%).
RINCARI MAGGIORI PER FRUTTA E VERDURA A +32,7%
Nel dettaglio, gli alimentari freschi (o non lavorati) sono aumentati più di quelli lavorati (+26,2% e +24,3% rispettivamente); il prezzo del cibo, a settembre 2025 è cresciuto del 26,8% rispetto ad ottobre 2021, con incrementi più ampi per i prodotti vegetali (+32,7%), latte, formaggi e uova (+28,1%) e pane e cereali (+25,5%).
I prezzi degli alimentari iniziano a crescere nella seconda metà del 2021; subiscono un’impennata dall’inizio del 2022 fino alla metà del 2023, e continuano ad aumentare, seppure a tassi più moderati, anche nel periodo successivo.
COSA È SUCCESSO IN EUROPA?
Il fenomeno non ha riguardato solo l’Italia ma è stato diffuso e ha colpito altri paesi europei anche con maggiore intensità. I prezzi del cibo sono infatti aumentati, nel periodo in esame, del 29% per l’area euro (+32,3 nella Ue27), del 32,8% in Germania, del 29,5% in Spagna. La Francia ha registrato incrementi leggermente inferiori (23,9%) a quelli rilevati in Italia.
LA CAUSA? IL CARO ENERGIA
L’istituto dà una spiegazione a questa lievitazione dei prezzi degli alimenti: “Alla forte crescita negli anni 2022-2023 ha contribuito lo shock sui listini dell’energia- spiega infatti- che ha colpito in misura rilevante il settore degli alimentari non lavorati, sia in modo diretto, dato il rilevante peso degli input energetici, sia in modo indiretto, alimentando l’incremento del prezzo di importanti prodotti intermedi, come i fertilizzanti”. Negli ultimi due anni, riconosce infine, la dinamica di crescita è stata più contenuta e, in parte, sostenuta dal recupero dei margini di profitto delle imprese del settore agricolo.














