Sapete indicarci una piazza che contenga 43 milioni e mezzo di italiani? Sarebbe utile, casomai dovesse decidere di mobilitarsi – davanti a quello che stiamo vedendo in questi giorni – la grande, anzi stragrande maggioranza di italiani che ha fatto quello che la scienza e la ragione consigliavano: vaccinarsi (e non abbiamo menzionato gli altri quasi 3 milioni che hanno avuto ancora una sola dose).

E ha vissuto questa semplice scelta senza fanfare o isterismi, né preteso patenti di eroismo. Anzi, qualcuno ci è arrivato pure con un certo timore: le paure non ce le hanno mica solo i novax. Quello che cambia è la risposta che riesci a dare alla paura, e magari un qualche incentivo può venire pure, dopo mesi e mesi di vaccinazioni, dal fatto che in questo momento sono circa 2,8 miliardi le persone vaccinate in tutto il mondo, e non risultano se non una manciata di effetti avversi (comunque di gran lunga inferiori al rischio Covid, specie in certe fasce d'età).

Insomma, noi vaccinati abbiamo fatto la nostra parte. Ora, dopo mesi di sofferenze, chiusure, limitazioni vorremmo davvero goderci il frutto del nostro disciplinato impegno. Siamo una maggioranza silenziosa (tipo quelli che pagano le tasse e rispettano le regole, e la loro tenuta, magicamente, tiene in piedi tutto il baraccone pure per conto di chi se ne infischia del bene comune), e non siamo meno interessati alla libertà e al benessere di nessuno di coloro che in queste ore protestano contro il green pass.

I manifestanti, quelli che continuano da giorni a definirsi pacifici e costernati, davanti alla piazza di Roma presa in mano e gestita dai fascisti (che non erano subdoli infiltrati ma dichiarati organizzatori e partecipanti con megafono dal palco), di fatto manifestano contro i vaccini e i tamponi, di cui il green pass è solo la registrazione burocratica, e continuano a invocare una "libertà" di cui noi, i silenziosi, i composti, non riusciamo a ravvisare forma dimensioni e sostanza. Noi che credevamo che impegnandoci tutti – prima con le misure di contenimento e protezione, poi coi vaccini – ne saremmo usciti, tutti assieme, e allora sì che avremmo potuto urlarla, quella parola sacrosanta. Di più, avremmo potuto farla (che la libertà ha senso solo se è una dimensione collettiva). Rendendoci perfettamente conto del fatto che il green pass è poco più d'uno strumento contabile, un certificato che consente di attuare l'unica misura di contenimento del rischio e del danno che abbiamo a disposizione: diminuire la circolazione del virus, non dargli la possibilità di diffondersi.

Invece ci viene dalle piazze (oltre, spesso, al pessimo esempio di gente ammassata e senza mascherine) l'idea che la libertà sia essere liberi di frequentare qualunque luogo (specie quelli di lavoro, che non si possono scegliere e in cui si trascorrono molte ore) senza curarsi minimamente della possibilità di un contagio: "Io non sono vaccinato e non mi tampono, non sono tenuto a darti informazioni sul mio stato di salute e pazienza se dobbiamo lavorare gomito a gomito, io devo essere libero". E noi, invece, no. Noi non abbiamo diritto a essere tutelata. La nostra libertà (voluta, cercata, perseguita attraverso il rispetto delle regole) finisce dove comincia la tua prepotenza (la tua idea di libertà come assenza di regole, e che si salvi chi può).

Abbiamo paura. E come noi tanti della maggioranza silenziosa. Noi che siamo pronti a tornare negli uffici. Noi che da supermercati, negozi, fabbriche, aziende, redazioni non ce ne siamo mai andati, e avevamo tirato un sospiro di sollievo, quando sono partite le vaccinazioni. Noi che, accanto all' "immunità di gregge", che non sappiamo se raggiungeremo né se sia raggiungibile, avevamo sperato in un concetto bizzarro, un apparente ossimoro che però dentro una pandemia funziona maledettamente: la "libertà di gregge".

Mangino brioches

(La frase «Se non hanno più pane, che mangino brioche» è attribuita a Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena, che l'avrebbe pronunciata riferendosi al popolo affamato, durante una rivolta dovuta alla mancanza di pane...)