di MARCELLA PIRETTIROMA – Era una trappola mortale, un’imboscata preparata da tempo proprio per ‘accogliere’ chiunque fosse arrivato per mettere in atto lo sgombero che temevano da tempo: non è stato un incidente l’esplosione avvenuta la scorsa notte a Castel d’Azzano, in provincia di Verona, dove hanno perso la vita tre Carabinieri impegnati in una perquisizione disposta dalla Procura. I fratelli Ramponi, agricoltori che continuavano ab abitare nel casolare di Castel d’Azzano nonostante non ci fossero più nè luce nè gas, hanno agito in modo volontario. Ed è il motivo per cui l’accusa, nei loro confronti, è quella di omicidio premeditato. Ma c’è la possibilità che il reato diventi quello ben più grave di strage.
L’intervento di questa notte, ha chiarito il procuratore di Verona era stato studiato nei minimi dettagli e concordato con la Prefettura, proprio per evitare situazioni pericolose anche alla luce dei precedenti che la famiglia Ramponi aveva messo insieme: avevano già fatto ricorso a bombole di gas un anno fa, e nei giorni scorsi erano state viste e fotografate molotov sul tetto: i Carabinieri e la perquisizione ordinata dalla Procura dovevano verificare proprio questo. Quella di stanotte, è stato chiarito definitivamente, era una perquisizione. Ma visto l’alto rischio, era stato predisposto uno speciale presidio sanitario, come ha spiegato il presidente del Veneto Luca Zaia: sul posto c’erano un’automedica, un’ambulanza medicalizzata e una ‘base’.
Intanto la premier Giorgia Meloni, secondo quanto si apprende, ha chiesto al Consiglio dei ministri di rispettare un minuto di silenzio in memoria e in onore dei tre Carabinieri deceduti nell’esplosione di oggi a Castel D’Azzano. Inoltre, per le tre vittime sono stati deliberati i funerali di Stato e sarà dichiarato il lutto nazionale nelle giornate di oggi e nel giorno delle esequie.

“UN FATTO VOLONTARIO”

A spiegare la premeditazione è stato il procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, che ha parlato di “un fatto volontario” e precisato che su questo “non c’è dubbio“. Ancora non sono noti tutti i dettagli della dinamica. L’innesco è probabile sia stato realizzato con una molotov, preparata appunto da tempo dai fratelli Ramponi. E appena la porta si è aperta, la trappola è scattata senza lasciare scampo ai tre militari. Il casolare, saturo di gas, è esploso, crollato (per poi prendere fuoco) e i militari sono rimasti uccisi.

I PRECEDENTI

Non era la prima volta che i Ramponi tentavano di opporsi allo sgombero con la forzaanche un anno fa avevano utilizzato delle bombole di gas. Secondo loro lo sfratto non era giusto, e dipendeva da una sentenza del Tribunale che era un “inganno” legato a un mutuo sottoscritto nel 2014 che prevedeva l’ipoteca di campi e casa. Franco Ramponi, però, si è sempre detto estraneo a questi documenti e aveva parlato di firme false.

LE MOLOTOV SUL TETTO

“Non siamo sicuri, ma pare che un innesco delle bombole a gas sia stato fatto con una bottiglia molotov. Sicuramente è un fatto volontario, non c’è dubbio”, ha spiegato il procuratore Tito. Quella di stanotte era “una perquisizione”, ha spiegato, alla luce del fatto che “il giudice civile aveva ordinato l’ordine di liberazione l’11 ottobre“. Visto che nei giorni precedenti erano state avvistate delle molotov sul tetto dell’edificio (e i tre fratelli Ramponi avevano rivolto delle minacce esplicite a un avvocato), il magistrato aveva deciso di firmare una perquisizione per accertare le cose e, nel caso, porre rimedio ed evitare avvenimenti pericolosi. Purtroppo nessuno aveva immaginato che la trappola fosse già pronta.

Delle bottiglie molotov sul tetto c’erano e io volevo controllare insieme ai carabinieri. Era una cosa che abbiamo discusso anche in prefettura, erano tutti d’accordo di verificare se effettivamente queste bottiglie esistessero, e pare che esistessero”. D’altronde “l’innesco delle bombole a gas è stato fatto proprio con una bottiglia molotov, almeno così pare: è una delle ipotesi”, ha detto questa mattina.

UN INTERVENTO STUDIATO NEI MINIMI DETTAGLI

L’intervento di questa notte, ha spiegato il procuratore capo, è stato pianificato con attenzione. “Le forze dell’ordine, carabinieri, vigili del fuoco e polizia, avevano fatto un’attenta pianificazioneL’azione è stata talmente violenta che era difficile da prevedere“, ha detto il magistrato. “Stiamo valutando se effettivamente c’è strage, valuteranno i carabinieri, sicuramente è un omicidio premeditato e volontario. Secondo noi, secondo i carabinieri, non c’è dubbio. Abbiamo le bodycam, aspettiamo di avere qualche dettaglio”. Prima dell’esplosione “gli operatori hanno sentito un fischio, probabilmente delle bombole che venivano aperte”, dice ancora Tito.

OPERAZIONE AD ALTO RISCHIO, ERA STATA PRE-ALLERTATA SANITÀ

Il sistema sanitario regionale del Veneto aveva previsto, fin dalle prime ore della notte, un presidio preventivo per un’operazione ritenuta “ad alto rischio e pianificata nei dettagli dalla Questura di Verona, in collaborazione con i Carabinieri”. Lo specifica il presidente del Veneto, Luca Zaia, in merito all’esplosione avvenuta questa notte a Castel d’Azzano (Verona) nel casolare abitato dai tre fratelli Ramponi. La complessità dell’operazione ha richiesto, già dalle 2, l’attivazione di un presidio sanitario da parte del Suem 118 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, con la presenza in loco di un’automedica, un’ambulanza medicalizzata e una ‘base’, posizionate a distanza di sicurezza, ma operative a tutela del dispositivo.

Alle 3.05 nel momento in cui le forze speciali sono entrate nell’edificio, si è verificata l’esplosione costata la vita a tre Carabinieri. Immediatamente è stato attivato il piano di emergenza, con il dispiegamento da parte della sanità di un ulteriore mezzo di coordinamento mobile, un’ulteriore automedica, quattro ambulanze aggiuntive e tre ambulanze medicalizzate. “Mezzi che hanno assicurato i primi soccorsi e l’ospedalizzazione dei feriti. Contestualmente è stato richiamato in servizio personale medico e infermieristico per garantire la piena operatività del sistema”, riferisce in un comunicato Zaia dopo un aggiornamento con le strutture sanitarie.

I corpi dei tre Carabinieri sono stati recuperati dai Vigili del Fuoco tra le macerie. I feriti sono stati portati agli ospedali Borgo Roma (otto codici verdi) e Borgo Trento (due codici rossi, due gialli e cinque codici verdi) dell’Azienda Ospedaliera di Verona, e agli ospedali di Villafranca (cinque codici verdi e un giallo) e Negrar (un codice rosso e un verde). Si tratta di membri delle forze dell’ordine e di due degli occupanti dell’abitazione. Il terzo della casa sarebbe riuscito ad allontanarsi prima dello scoppio. I feriti sono attualmente seguiti dalle equipe mediche della Regione, con diversi gradi di gravità.
“La macchina sanitaria ha funzionato garantendo un’assistenza tempestiva, professionale e coordinata. Ai soccorritori va il mio ringraziamento per l’impegno dimostrato in un contesto difficile, con rischi rilevanti. Rinnovo il cordoglio e la più sentita vicinanza agli eroi in divisa che hanno pagato un prezzo altissimo per il loro servizio. Personalmente sono profondamente commosso per quanto accaduto e il mio pensiero va anche alle famiglie, duramente colpite da questa tragedia”, termina Zaia.

Chi erano i tre Carabinieri morti nell’esplosione a Castel d’Azzano

(Marcella Piretti) - VERONA – Si chiamavano Marco Piffari, 56 anni, Valerio Daprà, 56 anni e Davide Bernardello, 36 anni i tre carabinieri morti oggi durante un intervento in un casolare a Castel d’Azzano, in provincia di Verona. La famiglia che abitava nel casolare, composta da tre fratelli, era sotto sfratto. E nel momento in cui i militari hanno aperto la porta si è verificata un’esplosione fortissima, provocata sembra da una bombola di gas avvenuta. L’esplosione è stata sentita a 5 chilometri di distanza. Il asolare di via San Martino si è completamente distrutto. Oltre ai tre Carabinieri morti, ci sono stati anche 15 feriti tra militari dell’Arma e agenti di polizia. Undici militari sono stati trasportati in codice rosso in ospedale (ma non sarebbero in pericolo di vita) e sono rimasti feriti anche quattro agenti di polizia.

Marco Piffari era un Luogotenente Carica Speciale e comandante della SOS del 4° Battaglione Veneto (Mestre); Valerio Daprà era Brigadiere Capo Qualifica Speciale, mentre Davide Bernardello, il più giovane dei tre, era un Carabiniere Scelto.

Su Instagram il posto di cordoglio dell’Arma dei Carabinieri: “Non è possibile esprimere il dolore che ha colpito l’intera Arma, a partire dal Comandante Generale Salvatore Luongo, per la scomparsa dei Carabinieri Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello, travolti dal crollo di un edificio a Castel D’Azzano (VR) durante attività di servizio”.