Siamo all’Expo Prado, l’esposizione agroindustriale più importante dell’Uruguay organizzata dall’Aru (Asociación Rural del Uruguay), dove si nota subito la grande assenza dell’Italia. Basta fare appena pochi passi dopo l’ingresso per essere accolti dal grande padiglione spagnolo che domina la scena di questo grande manifestazione. Subito dopo c’è il Regno Unito, altro grande protagonista. I padiglioni dei due paesi presenti - allestiti dalle rappresentanze diplomatiche riuniscono diverse imprese nazionali che promuovono e vendono i loro prodotti al pubblico.

L’offerta è molto variegata. La Spagna punta forte sulla gastronomia con il jamón ibérico, il vino, l’olio, le olive e le conserve.  “Abbiamo anche aceto italiano” dicono con vanto i venditori perché il marketing non conosce confini.  Di tutt’altro genere lo spazio allestito dal Regno Unito che sfoggia un’elegante e suggestiva metropolitana che cattura i passanti puntando sulle aziende, le tecnologie e i macchinari. Perché l’Italia è assente dalla manifestazione più importante del mondo agricolo uruguaiano che raduna centinaia di migliaia di visitatori?  Dove sono le istituzioni italiane a cominciare da Ambasciata, Camera di commercio, e aziende tricolori?

Proseguiamo il tragitto... Nella Rural del Prado si arriva subito nel primo dei capannoni preparati per ospitare mucche, tori e vitelli. È qui che accorre il maggior numero di persone a stretto contatto con gli animali per la gioia irrefrenabile dei bambini.  C’è un cartello che colpisce per lo scritto: cabaña Don Carmine, Nicola De Angelis, Montevideo. Il riferimento è a un toro di 14 mesi che pesa circa 600 chili e viene esposto al pubblico.  Il suo proprietario è un allevatore toscano trasferitosi in Uruguay nel 2000 dove si dedica a crescere “per passione” cavalli, vacche e tori. “Io vengo vengo qui alla Expo dal 2008” racconta De Angelis. “In genere porto i cavalli che competono nella varie gare che ci sono. Sono un appassionato della razza appaloosa, il cavallo degli indiani d’America, perché da ragazzo li vedevo sui fumetti Tex. In tutti questi anni abbiamo vinto quattordici premi di categoria”.

Dopo dieci anni di partecipazione, l’allevatore toscano ricorda i profondi cambiamenti che hanno accompagnato questa grande esposizione: “Inizialmente era una fiera agroindustriale ma principalmente agro. Con il passare degli anni, non si sa perché,
hanno iniziato a metter dentro camion, auto, moto, tutte cose che sono affini alla parte rurale ma che non si usano tanto. Oltre a ciò hanno ridotto sempre di più gli spazi per gli animali che sono il motivo principale per cui la gente viene qui insieme alla visita dei padiglioni nazionali”.

“L’Italia dovrebbe essere qua” aggiunge con grande convinzione e un pizzico di amarezza. “Ma probabilmente non è ben rappresentata. Le istituzioni dovrebbero fare di più, l’ambasciatore, il console. Dovrebbero spingere un po’ di più o vedere di fare qualcosa perché in fondo qui portiamo tante cose italiane, le competenze, il sapere, le esperienze. Non so perché ma non ci sono macchine, trattori o ditte italiane. Non c’è niente di italiano qui”. In realtà c’è stato un tempo non molto lontano in cui anche l’Italia aveva il suo padiglione all’interno della Rural del Prado. L’organizzava l’antica Camera di Commercio e l’esperienza è proseguita fino a un po’ di tempo prima del fallimento della Camera che ha portato via con sé anche questa esperienza.

“L’Italia dovrebbe tornare” ripete Alejandro Francomano, rappresentante uruguaiano della Filef (Federazione Italiana dei Lavoratori Emigrati e Famiglie). Per cinque anni, fino al 2011, Francomano è stato l’artefice del padiglione italiano all’esposizione dunque conosce molto bene la situazione: “Partecipavano tutte le grandi aziende italiane presenti in Uruguay. Era un padiglione molto apprezzato dal pubblico e infatti era tra gli spazi che aveva sempre il maggior numero di visite. A causa dei problemi economici, la Camera di Commercio dovette vendere il padiglione. Non esserci è un vero peccato. Dispiace dirlo ma questo è solo un esempio della scarsa rappresentazione che ha oggi l’Italia negli eventi più importanti dell’Uruguay. Non è solo l’Expo ma è un discorso generale che dovrebbe far riflettere. Sentiamo sempre ripetere che di deve essere sinergia tra le istituzioni italiane ma poi non si fa niente”.

Secondo Francomano, “c’è grande interesse” da parte degli organizzatori nell’ampliare la presenza internazionale e “far partecipare un paese importante come l’Italia, non solo per gli aspetti storici e culturali che rappresenta per noi ma anche per motivi economici. Certo, i costi dell’affitto sono alti ma si potrebbero negoziare”.