Che la gastronomia italiana sia amata in tutto il mondo, non bisogna essere certo italiani per affermarlo. È un fatto risaputo che non ha poi nemmeno bisogno di conferme. Ma per sapere dove si trovano la maggioranza degli estimatori della nostra tavola, ci ha pensato TripAdvisor che al termine di uno studio portato avanti per il secondo anno.

Così ha rivelato che il maggior numero di fan del 'made in Italy' a tavola si trova negli Stati Uniti. Il sondaggio è stato condotto dal portale di recensioni fondato nel 2000 e in brevissimo tempo trasformatosi in un guru. TripAdvisor è infatti un portale web di viaggi, che pubblica le recensioni degli utenti che riguardano hotel, B&B, appartamenti, ristoranti e attrazioni turistiche. È stato creato da Stephen Kaufer, acquistato da Sebastian Mendoza nel 2004 e oggi la Liberty Media Corporation ne detiene il pacchetto azionario più cospicuo. TripAdvisor è quotato nel mercato NASDAQ. Pur anche attraverso limiti, e controversie legali, è oggi uno dei termometri più importanti del turismo mondiale.

Le recensioni degli utenti, che devono essere registrati, vengono comunque filtrate al fine di eliminare quanto non segue le linee dettate. E se a volte, per quello che concerne opinioni su ristoranti, alberghi, si sono verificati casi controversiali, per un sondaggio come questo, non possono sussistere dubbi. L'analisi dei dati ha preso in considerazione i punteggi medi di recensioni e opinioni degli utenti che hanno riguardato le strutture della ristorazione presenti nella website con un paragone anche su quanto eseguito l'anno scorso.

In questo modo, alla fine dei calcoli, si è arrivati a un cambio al vertice della classifica, rispetto al 2017: se l'anno scorso erano i russi a prediligere la nostra tavola, quest'anno sono stati gli americani. La storia della gastronomia italiana, per quello che riguarda in particolare la ristorazione, ha subito una vera e propria rivoluzione, negli Stati Uniti, in particolare negli ultimi trent'anni. Se una volta, e si parla dell'inizio degli anni Sessanta e fino alla fine degli Ottanta, la tavola italiana era caratterizzata dalle tovaglie a quadri bianchi e rossi, l'eredità della cucina egli emigranti, ecco che l'intervento di chef di nome, ma non solo, ha creato una nuova maniera di portare, nei ristoranti, il meglio della gastronomia made in Italy.

La rivoluzione si è avuta grazie, in modo particolare, all'uso in cucina, di autentici prodotti italiani, importati direttamente. In questo modo le nostre grandi eccellenze, dai vini di marca, alla pasta di grano duro, dal prosciutto di Parma a quello di San Daniele, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, le autentiche mozzarelle Nell'ultimo decennio, che va dal 2007 al 2017, i consumi di vino, nel mondo sono calati dell'1%. La colpa, se così si può chiamare, è di quei Paesi che, storicamente, sono stati da sempre i grandi consumatori. In modo particolare l'Europa e soprattutto la Spagna (-22%) e l'Italia (-20,3%).

Ma se si guarda l'aspetto 'mondiale' del vino, ecco che i primi consumatori al mondo sono gli Stati Uniti che nello stesso periodo di tempo sono stati anche la nazione che maggiormente è cresciuta +20,8%, alle spalle di un mercato emergente, quello della Cina che in dieci anni ha fatto registrare un +165,8%. Oggi gli USA guida la classifica delle nazioni consumatrici con una fetta del 13%, nella quale è compresa anche la grande quota italiana. Infatti il mercato a stelle e strisce rappresenta anche il primo Paese importatore di vini nostrani: 5,23 miliardi di euro e un 55,6% nel periodo preso in considerazione, 2007-17.

Gli States sono seguiti da Gran Bretagna e Germania. Tra le tipologie, un balzo enorme l'hanno fatto gli spumanti, con il Prosecco davanti a tutti, che, riducendo il periodo osservato, dal 2012 al 2017, ha registrato +31%. Un successo quest'ultimo che ha toccato anche gli Stati Uniti ovviamente. Per quello che invece riguarda il 2018, ci sono i dati relativi ai primi 9 mesi dell'anno, l'Italia ha registrato sempre negli States una crescita, seppure limitata allo 0,9% (l'1% lo scorso anno), quasi nulla rispetto alla Francia che continua sul boom del 2017, chiuso con +16%. di bufala (un elenco lunghissimo che dovrebbe continuare, ma lo spazio non c'è...) hanno trasformato i menù dei ristoranti italiani sul suolo americano che hanno così abbandonato quello che una volta era solo l'immagine della nostra gastronomia, presentata attraverso palliativi culinari. Oggi i ristoranti italiani negli USA, certo non tutti, ma molti sì, hanno un legame molto più stretto con le origini, le tradizioni che affondano le loro radici in tutte le regioni italiane a proposito delle quali le proposte culinarie dell'Umbria, secondo gli utenti TripAdvisor, hanno battuto tutta la concorrenza.

E accanto a questi risultati, quasi contemporaneamente è arrivato anche un altro studio, questa volta basato su criteri maggiormente scientifici, portato a termine da Nomisma, che ha affermato che le importazioni degli Stati Uniti di prodotti agrifood italiani aumenteranno nel periodo 2017-2022 a un tasso-medio annuo del 6,5%. I dati li ha resi noti Denis Pantini, responsabile Area Agroalimentare di Nomisma nell'ambito di un evento promosso da Agronetwork durante il quale è stato anche presentato un apposito indicatore, il Nomisma Italian Agrifood Mkt Potential Index (creato assieme a Confagricultura). Gli Stati Uniti rappresentano il secondo Paese importatore di agroalimentare italiano alle spalle solo della Germania, 4 miliardi di euro nel 2017 e una crescita nel periodo che è andato dal 2012 al 2017 che ha raggiunto il +48,9%.

E gli States continueranno a salire per quello che riguarda il volume dell'import agrifood dall'Italia. Ma non solo, perché il mercato statunitense rappresenta anche quello dove risiedono le maggiori opportunità di sviluppo futuro. Uno degli aspetti che rende il mercato degli USA aperto a crescite notevoli, è anche il fatto che attualmente le esportazioni italiane si concentrano, per oltre la metà del totale, solo su California, New York, Texas, Illinois e Florida. "Pur essendo gli Stati Uniti un mercato tradizionale - ha sottolineato Pantini - le possibilità di un ulteriori sviluppo sono enormi grazie alla elevata capacità di spesa da parte della popolazione, all'enorme dimensione del mercato in termini di potenziali consumatori e alla concentrazione attuale dell'export in soli cinque stati".