Giuseppe Conte è entrato nel vertice notturno di lunedì ricordando a Matteo Salvini che il voto europeo e quello amministrativo non hanno inciso sugli attuali equilibri del Parlamento e che se vuole far valere il suo 34 per cento europeo anche nel quadro politico italiano deve andare alle elezioni nazionali e bissare il risultato di maggio. Lo stesso Giuseppe Conte è però uscito dallo stesso vertice notturno prendendo atto che se vuole evitare lo scioglimento anticipato ed il ricorso alle urne non può non tenere conto dei mutati rapporti di forza tra Lega e Movimento Cinque Stelle ed accettare che la trazione leghista si sostituisca a quella grillina all’interno del Governo a dispetto degli immutati numeri parlamentari.

Il Presidente del Consiglio ed il Mentore che si è trovato negli ultimi tempi, cioè il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sanno che se vogliono evitare le elezioni anticipate non possono non accettare il nuovo ruolo assunto dal partito di Matteo Salvini. È la logica della politica. Quella che dopo il precedente voto europeo che diede il quaranta per cento al Partito Democratico trasformò l’allora segretario del Pd Matteo Renzi nel padrone assoluto della vita pubblica italiana. E che oggi mette Salvini nella condizione di dettare le priorità dell’agenda di governo stabilendo che Conte ha il via libera per gestire la trattativa con l’Unione europea per evitare la procedura d’infrazione ma la può portare avanti senza derogare dalla esigenza primaria imposta dalla Lega di ridurre la pressione fiscale nel nostro Paese.

Si può rilevare, come fanno le opposizioni, che la linea della riduzione delle tasse realizzata con lo sforamento ulteriore del debito è irrealistica e pericolosa. Ma il dato è che Conte, sempre che non voglia scegliere le elezioni anticipate, alla linea salviniana deve attenersi senza cercare deroghe o scappatoie di sorta. La conseguenza è che la cosiddetta seconda fase del Governo giallo-verde parte sotto questa spada di Damocle. O si accetta la trazione salviniana o si va al voto. Luigi Di Maio pare averlo capito, Giuseppe Conte forse, Sergio Mattarella (che poi è il vero interlocutore di Salvini) non si sa. Per il Governo il futuro appare più precario che mai!

ARTURO DIACONALE