25 luglio 1943: cadde il Governo di Benito Mussolini, perché l’Italia in guerra da 3 anni non ce la faceva più.

25 luglio 2019: cadrà il Governo di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini? Se cadrà, in quella data fatidica, sarà perché gli italiani del Nord, da 50 anni ricchi come non lo sono stati mai, non vogliono più che sia Roma, incapace oltre che ladrona a decidere dove devono finire gli euro delle tasse, pagate dai loro residenti. A leggere dell’ultima polemica non c’è da dar loro molti torti: la Giunta della Provincia autonoma di Trento ha deciso di tagliare da 12 a 10 milioni di euro i contributi alla cooperazione internazionale e di usare i risparmi per sovvenzionare trasporti agevolati e contributi vari alle famiglie meno ricche.

La linea è: prima gli italiani. Quel denaro, dicono a Trento, "finora finiva regolarmente fuori dal Trentino, anzi dall’Italia".

Cosa ci sia dietro i miliardi che l’Italia spende in aiuti all’estero meriterebbe una vera e seria commissione d’inchiesta. Ancora ho nella memoria i vergognosi attacchi all’Italia nel 2010 orchestrati dall’Inghilterra di Tony Blair e portati a segno da musicisti come Bob Geldof e Bono degli U2. Era un po’ come tirare sulla croce rossa, perché primo ministro era Berlusconi. Ma nessun mi ha mai tolto dalla testa che l’iniziativa inglese, che voleva azzerare o quasi i debiti dei Paesi africani, mirasse a fare un bel regalone ai vari governi che poi compravano armi dagli inglesi, mentre i loro capi stimolavano il mercato immobiliare di Londra comprando i pezzi più belli del centro.

A far cadere il Governo non saranno certamente i tagli del Trentino, potrebbe però riuscirci la limitata risposta del Governo Conte alla spinta di Lombardia e Veneto verso una maggiore autonomia gestionale e finanziaria. Chissà perché Conte ha scelto proprio il 25 luglio per un incontro sul tema che si preannuncia decisivo. Conte, ricorda Tommaso Ciriaco su Repubblica, è "amante della storia" e sa bene "quanto la data evochi defenestrazioni clamorose". Forse è scaramanzia. Un compromesso si può trovare. Ma se vuole rompere, la scusa sarà proprio questa riforma.

A quanto riferisce Ciriaco, Conte confida ai suoi: "Quel giorno capiremo cosa vuole davvero Salvini". Il buon senso dice che se la Lega non rompe con il Movimento 5 stelle appena possibile, Matteo Salvini farà la fine dell’omonimo Renzi. Il Matteo Pd che, a colpi di slogan e di tweet, era arrivato al 40% in una elezione europea. Poi se l’è fatto mangiare dalle mosche e è finito dove è ora. Salvini è un po’ della stessa pasta. Nomen omen? Ne abbiamo visti tanti, fra slides e promesse col cuore oltre l’ostacolo, a garantire il sol dell’avvenire.

Amministrare però è una altra cosa. Nessuno però può negare che Salvini, come politicante politichese, sia un grande, come Renzi e anche Berlusconi. E anche Mussolini e Giolitti. Pessimi o mediocri governanti, ma come matadores della politica, tanto di cappello. Cosa trattenga Salvini dall’aprire la crisi di governo non è la prospettiva del voto ma il timore, il sospetto, di non essere nella posizione di Dino Grandi. Anzi, che Mattarella non si comporti come il Re, non sciolga le Camere, ma, seguendo la Costituzione e il precedente di Napolitano, cerchi di varare una nuova coalizione, fra i 5 stelle e il Pd.

Non era un disegno già sulla lavagna del Quirinale nel marzo del 2018? Sarebbe una prospettiva tragica per Salvini, fuori dal Governo, stretto fra inchieste e indagini. E anche per l’Italia non sarebbe una prospettiva allegra, fra il partito dei poveri e quello della decrescita.