Leggo alcuni titoli dei maggiori quotidiani italiani che ricordano i 30 anni trascorsi dalla caduta del muro di Berlino. Sono per lo più caratterizzati da punti interrogativi: "È stata un’illusione?", "Che cosa resta in Europa del sogno di trent’anni fa?" o da affermazioni come quella di un altro articolo: "Ma viviamo una stagione di altri muri". Come che sia, quell’evento del 9 novembre del 1989 segnò un momento decisivo nella storia d’Europa e sembrò che il secolo si chiudesse con prospettive di pace e lasciasse alle spalle gli eventi che avevano sconvolto e trasformato il mondo: il primo conflitto mondiale con i milioni di morti che si ammassavano nelle inutili trincee e nei sanguinosi assalti; la rivoluzione russa e il suo tradimento con l’ascesa del brutale ed efferato potere di Stalin; la vittoria del fascismo in Italia e il consolidarsi della dittatura di Mussolini, seguita nel 1933 dalla dittatura di Hitler e dallo sconvolgente olocausto della Shoah; lo scoppio della seconda guerra mondiale ed ancora milioni e milioni di morti.

Sembrò che potesse spirare, dopo la fine dei regimi fascista e nazista, il vento della pace, subito calato con l’inizio della guerra fredda e la divisione del mondo in blocchi contrapposti. Come un acuto storico ha osservato, sull’Europa gravava la responsabilità di tutto ciò che era accaduto, e ora con la caduta del muro "all’Europa tornava la gloria di aver messo la parola fine a quella catena infernale". Indubbiamente la caduta del muro significò l’avvento di una nuova Germania, finalmente riunificata sotto il segno di una forte democrazia parlamentare e di un sistema articolato di governi regionali. La rinascita di Berlino, con interventi massicci, architettonici e urbanisti, sulla parte est ha visto rinascere lo splendore e la bellezza di una grande capitale, malgrado alcuni segni evidenti del divario tra cittadini dell’Ovest e cittadini dell’Est.

Una Germania che grazie a un enorme sforzo finanziario bonificò e ricostruì la parte del Paese che tornava dal buio di una dittatura. Certo non tutto fu rose e fiori e non sempre la riunificazione riuscì ad equiparare le due parti ora riunite sia sul piano economico che su quello politico. Sembrò dunque che per l’Europa si aprisse una fase che ne segnava il ritorno alla centralità grazie alle prime speranze suscitate dalla caduta del muro. Ma non fu così: le Nazioni guida della nuova Europa mantennero, al di là degli organismi europei e dei nuovi organi come il parlamento e la commissione europea, distanze ed egoismi e non passarono subito ad una riforma radicale che abbattesse le barriere e gli interessi economici di parte. Ma quel che è peggio l’Europa, bloccata dalla diffidenza e dal duello per la leadership tra Francia e Germania, sia dagli egoismi economico-finanziari dell’Inghilterra che entra nel Mercato Comune solo nel 1973, sia dalla debolezza endemica dell’Italia, si ritrova dopo qualche anno dinanzi a nuove guerre e a nuovi conflitti causati dallo scompaginamento dei paesi dell’est dopo il crollo alla ferrea dittatura dei vari partiti comunisti.

Scoppia così la drammatica e sanguinosa guerra in Jugoslavia dominata dalla vergognosa politica della pulizia etnica e dei massacri dei civili. Così, come molti storici e politologi hanno sostenuto, con la fine della guerra fredda in quella straordinaria notte del 9 novembre del 1989, l’Europa perdeva progressivamente la chance di avere una forte voce in capitolo nella politica mondiale, dominata ancora una volta dagli Usa, dall’Urss di Putin e dal colosso cinese. Tornando alla Germania – che tanto ho amato e amo per i miei studi – essa subisce forse le conseguenze più vistose della debolezza degli organi di governo europei, incapaci di affiancare agli algoritmi economici pratiche di governo ispirate alla solidarietà, all’accoglienza, agli interventi per diminuire il divario tra le grandi ricchezze e i milioni di individui che giacciono nella miseria e nella povertà assoluta. E ciò genera il rigurgito, specialmente nei Länder di quella parte del paese liberata dalla caduta del muro di partiti che si ispirano apertamente a movimenti di estrema destra e neonazisti. Che sia dunque la data della ricorrenza del trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino una nuova occasione non solo di solenni discorsi di rievocazione, ma anche e soprattutto, di impegni precisi e solenni di combattere ad ogni costo il tentativo di riportare all’indietro le lancette della storia.

GIUSEPPE CACCIATORE