L’Italia non si schioda dall’ultimo posto in Europa. Resta il fanalino di coda del Vecchio continente. Secondo le previsioni economiche del primo semestre del 2020 pubblicate dalla Commissione europea, il Belpaese vedrà una crescita del Pil dello 0,3% per il 2020 e dello 0,6% per il 2021, confermandosi fanalino di coda nell’Unione Europea.

Penultime la Germania e la Francia, ferme all’1,1% per il 2020. Record di crescita invece per Malta e Romania, per le quali la Commissione Ue prevede uno sviluppo rispettivamente del 4% e del 3,8% nel 2020. Le previsioni, scrive Bruxelles, "indicano che l’economia europea è destinata a restare su un percorso di crescita costante e moderata. La zona euro ha ormai registrato il periodo di crescita duratura più lungo dall’introduzione dell’euro nel 1999".

Per la zona euro le stime indicano che la crescita del Pil rimarrà stabile all’1,2 % nel 2020 e nel 2021, mentre per l’Ue nel suo complesso si prevede che la crescita scenda leggermente all’1,4 % nel 2020 e nel 2021, rispetto all’1,5 % del 2019. "I consumi privati sostenuti dal reddito di cittadinanza dovrebbero sostenere la crescita" in Italia, mentre i redditi aumenteranno "solo moderata mente", scrive la Commissione europea. Secondo Bruxelles, gli investimenti delle imprese dovrebbero rallentare nel 2020, e accelerare leggermente nel 2021.

Se per la crescita del PIL siamo ultimi, per la pressione fiscale totale siamo i primi in Europa. In Italia ci sono le tasse più alte per le imprese e per il lavoro, numeri che pesano come un macigno per un Paese ormai in recessione cronica. Nei prossimi due anni per l’economia europea si prospetta una crescita stabile, benché modesta, che prolungherà il periodo di espansione più lungo dall’introduzione dell’euro nel 1999, cui fanno eco buone notizie sul fronte occupazionale "Abbiamo assistito a sviluppi incoraggianti -, ha fatto sapere Paolo Gentiloni, commissario europeo responsabile per l’Economia. -quanto alla riduzione delle tensioni commerciali e all’eventualità, ormai scongiurata, di una Brexit senza accordo. Ma ci troviamo ancora di fronte a significative incertezze politiche, che gettano un’ombra sull’industria manifatturiera.

da Bruxelles di MARGARETH PORPIGLIA