Conte non ha dubbi. "Porterò io mio figlio a scuola il 14 settembre". Mancano 3 giorni al ritorno in classe, il premier Giuseppe Conte è ottimista, ma i presidi sono in rivolta. "Qui manca quasi tutto", tuonano. "I banchi singoli non si sa quando arriveranno, 50 mila studenti sono senza spazi per il distanziamento, come si fa a riaprire in queste condizioni?". Il problema che riguarda milioni di italiani è ancora un rebus, nonostante l’ottimismo del presidente del Consiglio. Gli operatori sono con le mani nei capelli. Chi difende l’operato del governo (in primis Conte e Azzolina) cerca di trovare mille escamotage pur di venire incontro all’esigenza primaria dell’esecutivo. Sono stati presi provvedimenti straordinari in vigore da subito, come quello, ad esempio, di dare lo smart working ai genitori che hanno i figli in isolamento. Non basta: "Le lacune sono tante e non si comprende la ragione di far suonare la campanella della scuola quando tutto è ancora in alto mare", si ripete da coloro che potremo definire negazionisti. Il 14 non tutti andranno a sedersi sui banchi di scuola. Sette regioni infatti faranno slittare l’apertura, un paio di una manciata di ore, le altre dopo il 20 settembre giorno in cui si andrà al voto per il referendum e le elezioni amministrative. "Dare al via alle lezioni, per poi sospenderle in vista della consultazione ci sembrerebbe un controsenso". Così si ritarda e l’Italia ancora una volta non sarà d’accordo all’unanimità. Questa polemica infinita cade proprio nei giorni in cui il virus non concede tregua. Ieri i nuovi casi sono stati 1434 ed i decessi 14. Non solo, ma la sperimentazione del vaccino "Oxford-Pomezia" è stata bruscamente interrotta perché un volontario che si era presentato ai medici si è ammalato e quindi è partito lo stop. Quando si riprenderà? Interrogativo difficilissimo a cui nemmeno gli scienziati sanno rispondere con certezza. C’è chi la pensa in un modo, chi in un altro. Sta di fatto che al momento tutto è fermo e il Covid-19 non si placa. Per questo motivo non si comprende tanta leggerezza da parte di chi deve prendere determinati provvedimenti. La Fifa (la federazione internazionale del football) ha trovato un accordo con il governo italiano affinché il pubblico dal 30 ottobre potrà ritornare a sedersi sulle gradinate di uno stadio. A chi giova una simile decisione? Allo spettacolo, certamente, perché il calcio perde il 50 per cento dello spettacolo quando non c’è il pubblico. A che prezzo, però? E a quali pericoli si va incontro? Ricordate la partita che l’Atalanta giocò per la Champions a San Siro di Milano? Non era ancora scoppiata per intero la pandemia e quell’incontro ebbe ripercussioni gravissime tanto che la Lombardia ha tenuto per sempre il record dei contagi. Adesso si vogliono ripetere quegli errori? Possibile che l’esperienza non abbia insegnato nulla a quanti debbono prendere decisioni? Perseverare sarebbe diabolico e ugualmente diabolico fu aprire le discoteche in piena estate. Se il virus ha ripreso il suo cammino qualcuno sarà pur responsabile o no?

BRUNO TUCCI