di Stefano Ghionni

e Mimmo Porpiglia

Poche ore al voto, in Italia, ​ ed un quadro specifico che si delinea con assoluta chiarezza. Una campagna felpata, riservata, vissuta dall’opinione pubblica con un certo distacco. Le ideologie, del resto, sono da tempo scolorite, settembre per le urne è sempre stato un arcipelago confuso e Il Covid continua a fare registrare numeri di un certo profilo, seminando dovunque inquietudine e incertezza.​

Diciamocela tutta: l’Italia è un po’ il Paese dei luoghi comuni. Da Nord a Sud, etichette, nomignoli e “dicerie” varie, si sono sempre sprecati fin dal giorno in cui il Tricolore ha iniziato a garrire, spavaldo, sul pennone del Quirinale.​

Sugli italiani all’estero, poi, meglio stendere un velo pietoso: qui gli epiteti, nel corso dei decenni, si sono addirittura sprecati. Mangiaspaghetti, mafiosi, sbruffoni, disamorati della madrepatria lontana, ormai “americanizzati”. Poi però capita che un Capo di Stato si rechi in visita in America Latina o che la nostra Nazionale di calcio vinca i mondiali oltre confine (accadde in Germania nel 2006) ed ecco che, come per magia, quanto di italiano vive ed opera lontano dalla Penisola, riemerge forte, svettando in tutto il suo orgoglio, facendoci sentire tutti, indistintamente, orgogliosi della nostra comune appartenenza fino a lasciare di stucco chi pensa che solo chi abita “nello” Stivale possa nutrire e covare simili sentimenti. Altro che cordone ombelicale divelto!!​

A che pro, d’altronde, scusate se si salta di palo in frasca, battersi per riconoscere il diritto di voto a chi, pur vivendo oltre Oceano, non ha mai smesso di sentirsi veramente ed interamente “italiano”? O si crede che basti una generazione per scordarsi del caro e vecchio focolare avito? Eh sì, cari amici. Belle parole (forse) le nostre. Perché poi, alla resa dei conti, degli italiani all’estero, veramente non gliene frega niente a nessuno.​

Di sicuro non ai rivoluzionari all’acqua di rosa dei 5Stelle o ai loro sottomessi e docili alleati del Pd. Altrimenti perché mai mettere in scena quella commedia delle beffe chiamata referendum costituzionale, spacciandola come la madre di tutte le battaglie, capace, da sola, di snellire e rendere più efficace la macchina istituzionale, generando risparmi per milioni di euro (una tazzina di caffè al giorno) ?​

Ora, al di là di quelle che possono essere le rispettive posizioni (sapete tutti che, finora, abbiamo difeso le ragioni del “No” a spada tratta) di ognuno di noi in merito al quesito (per carità! Rispetto pieno per chi la pensa diversamente) quello che proprio non ci è andata giù è stato il modo in cui è stata trattata la comunità degli italiani all’estero, quasi rappresentasse un elemento di disturbo.​

Il solito “scocciatore” di turno di cui sbarazzarsi in fretta e furia dandogli una sorta di contentino, come si fa con i bambini capricciosi.

​ Innanzitutto una nota di cronaca: a differenza della normale tempistica elettorale (prevista per il voto di oggi e domani), all'estero, dove erano chiamati alle urne più di 4 milioni e mezzo di elettori (non proprio bruscolini), la consultazione si è chiusa martedì 15 settembre alle ore 16.00 in punto. Due giorni prima, dunque, rispetto alle procedure di norma previste per le votazioni nella circoscrizione estero. Mentre scriviamo, il materiale elettorale è in volo, dalle varie Ambasciate e Consolati, diretto verso l’Hangar di Castelnuovo di Porto, dove sarà scrutinato in contemporanea con le operazioni di spoglio previste per i seggi elettorali aperti oggi e domani in Italia. Fin qui tutto ok, ci può anche stare (è un eufemismo il nostro) che si anticipi il voto di 48 ore. Il problema non è questo.​

Quello che proprio non ci è andato giù è stato il modo in cui si sia fatta informazione sul contenuto e sulla portata della modifica costituzionale oggetto del referendum. E’ assurdo per non dire eticamente (ma non solo) grave, scorretto ed altamente offensivo, aver trascurato di informare i cittadini sui contenuti del quesito: perché mai avrebbero dovuto votare Si o No al taglio della rappresentanza parlamentare se nessuno si è preso la briga di spiegare a quanti, tra gli italiani che vivono, operano e lavorano lontano dalla Patria, cosa avrebbe comportato il loro “segno” sulla scheda elettorale?​

Non fosse stato per gli sforzi e le iniziative prodotti da alcuni organi di stampa "volenterosi" ( perdonate la presunzione...) dai Comites, dai Consiglieri del CGIE, dalle varie associazioni italiane e dai Comitati di volontari del Sì e del No, le percentuali di quanti si sono recati ai seggi, si sarebbero sicuramente ridotte al lumicino. Altro che diritto al voto!!​

Che paese democratico è quello che se ne infischia dei propri connazionali, limitandosi a dire loro: “queste sono le schede e mo’ votate”, senza proporre lo straccio di una discussione che, al di là delle posizioni in campo, avrebbe comunque aiutato chi vive oltre confine ad interessarsi della propria carta costituzionale, avvicinandolo alle istituzioni fino a rinverdire o a far scoprire i diritti ed i doveri dell’essere cittadini italiani?​

E poi, scusate tanto, un’altra domanda sorge spontanea: a fronte di ciò, quanti soldi sono stati effettivamente erogati ed in che modo sono stati spesi per un’informazione referendaria che, oggettivamente, da Montevideo a New York in pochi, per non dire nessuno, ha né visto, né sentito?​

Insomma: quale comunicazione è stata messa in campo? Da chi e per chi? Un dubbio, a questo punto, sorge automatico. Ve lo sussurriamo, sotto voce, in un orecchio: vuoi vedere che si tratta di una farsa organizzata male dalla Farnesina, con il governo giallorosso che ha preferito tenere in naftalina la comunicazione sul referendum per la paura del voto "No"?​

D'altronde non è mica un mistero che il caro Giggino Di Maio, ministro grillino degli Esteri da Pomigliano, sia visto come il fumo negli occhi dagli italiani all'estero per quanto (di brutto) da lui fatto vedere durante la pandemia!!​

LA veritá é che una volta non si diventava “politico” per caso, per combinazione, per bellezza; per magheggi strani. C’era un percorso da seguire che, anche se con qualche accelerazione, non si poteva assolutamente evitare pure se eri l’amico più caro del “capo” del momento. La linea tracciata per arrivare alla meta comprendeva una dura gavetta fatta, tra l’altro, di corsi di formazione di mesi, presso qualificate strutture formative. Poi c’era la partecipazione, quasi quotidiana, a convegni, seminari di studio, eventi vari, e via proseguendo. Non va dimenticata l’attenta formazione che ti veniva – anche se non era di carattere politico – dalla partecipazione agli oratori parrocchiali, ma anche dalle scuole di partito. Insomma, era proprio un percorso faticoso con tappe ben definite: attività di partito, formazione, eppoi consigliere comunale. E se tutto procedeva per il meglio si potevano ricoprire anche altri prestigiosi ruoli. No, non poteva capitare che da un momento all’altro, da quasi sconosciuto cittadino, arrivassi a ricoprire, per esempio, il ruolo di ministero degli Esteri......​

Diciamo che nella tanta vituperata prima Repubblica questa cosa era impossibile. E per fortuna! Quando non si ha una preparazione ad hoc il ministro, di qualunque dicastero sia, diventa un burattino nelle mani della burocrazia che lo muove a suo piacimento, glorificandolo strumentalmente per avere sempre maggior potere...

Ció che non é​ avvenuto con gli Andreotti, De Michelis, Vattani....​

E allora, cari Lettori, ​ consentitemelo: sono pienamente d’accordo con la​ disamina fatta pochi giorni fa da Michele Schiavone, segretario generale del consiglio Generale degli Italiani all'Estero (Cgie) quando afferma anche che “nella circoscrizione estero il motore della macchina elettorale andrebbe revisionato prima che si blocchi definitivamente”.​

Con il risultato referendario si aprirà, infatti, una nuova fase di riforme che avrà ricadute fortissime sulla rappresentanza delle nostre comunità, in particolare per quanto concerne il tessuto istituzionale e politico.​

Da qui il nostro augurio, sia che vinca il Sì, sia che vinca il No, che si possa rafforzare e non ridimensionare (Dio non voglia!!) il ruolo della rappresentanza parlamentare così da renderla effettivamente determinante sulle future scelte di indirizzo e di controllo delle politiche governative rivolte agli italiani che vivono all'estero. Altrimenti sì che sarà notte fonda e il cordone potrebbe irrimediabilmente spezzarsi…

Perché la veritá é che questo voto all'estero sul referendum é stato una vera farsa.....