Non deve essere stata proprio una riunione tranquilla quella tra il premier e i presidenti regionali. La destra, forte di un rapporto 15 a 5, ha cercato in tutte le maniere di ammorbidire la stretta di Conte. C’è riuscita? In parte si, se si pensa che le nuove regole varranno solo trenta giorni, poi si vedrà. E’ il solito atteggiamento di Palazzo Chigi? Rimandare per evitare scontri? Non lo si può dire ufficialmente, ma è un fatto che il braccio di ferro c’à stato ed anche duro.

Ad esempio, sullo stop alle feste in casa, ospiti non più di sei persone. E se qualcuno viola il principio mandiamo la polizia a casa? Su questa discussione anche il presidente del consiglio ha dovuto fare marcia indietro. Nel decreto è prevista solo "una raccomandazione" per evitare che il virus dilaghi anche in famiglia o quasi. La disputa, a volte aspra, non ha risparmiato il ministro Lucia Azzolina perché in molti hanno suggerito di ritornare all’insegnamento a distanza. Solo per gli ultimi due anni delle superiori. "E’ lì che si annida il pericolo", hanno sostenuto i fautori della nuova idea. Ma hanno perso perché la Azzolina è stata irremovibile.

"Non se ne parla nemmeno", ha risposto. In caso contrario avrebbe subito una cocente sconfitta. Per farla breve il governo decide, ma chiede la collaborazione dei cittadini. Come dire: la responsabilità è soprattutto vostra. E a noi viene in mente una storica battuta di Kennedy alla folla che gli chiedeva: "Cosa farai per gli americani?". Lui replicò: "Sono io che chiedo a voi cosa farete per l’America?"

Insomma, dipenderà in gran parte dalla bravura degli italiani se alla fine riusciremo a vincere sul Covid. Non c’è dubbio che, dopo la folle estate, dovremo darci una regolata. Però, al contempo, la gente chiede che i politici, invece di litigare e di dividersi, trovino un punto d’incontro per evitare che la pandemia continui la sua corsa. Come? Lavorando insieme alla ricerca di un quid che possa aiutare innanzitutto la salute e poi la ripresa economica del Paese che è con l’acqua alla gola. Invece, sembra proprio che questo non sia l’obiettivo delle forze politiche. Non c’è sintonia non solo tra maggioranza e opposizione, ma neanche chi è al potere riesce a trovare una linea comune.

Viene in mente il MES, cioè il salvastati, su cui il Movimento caro a Luigi Di Maio non arretra di un solo millimetro. Non lo vuole, dice che se tutti gli altri Paesi lo hanno rifiutato ci sarà un perché. E’ il ritornello del ricatto a cui l’Italia sarebbe sottoposta se accettasse i 36 miliardi che Bruxelles ci vorrebbe offrire. Su questo argomento, anche la destra è sulla stessa linea. In verità non tutta perché Forza Italia ha sempre detto che quei soldi sarebbero sacrosanti. In primo piano tornano a essere al centro di uno scontro le elezioni comunali della primavera. Soprattutto su Roma perché Virginia Raggi non vuole mollare la poltrona del Campidoglio. Allora un giorno si e l’altro pure tra il Pd e i pentastellati si cerca un feeling che non c’è.

Chi la spunterà? Virginia Raggi che si sente accerchiata indice le "comunarie" e cioè una scelta della base sui candidati che dovrebbero andare a sedersi su quel "trono". David Sassoli dice no grazie, ho altri impegni, Calenda è incerto perché da solo non gliela potrebbe fare. Adesso spunta anche Vittorio Sgarbi che annuncia: "Riporterei Roma ai fasti di un tempo". Il più realistico di tutti è Nicola Zingaretti: "Il nuovo sindaco lo sceglieranno i romani". Virginia Raggi, Amen.

di BRUNO TUCCI