Si dice sempre "è la settimana decisiva", poi non arriva mai e si resta appesi a un annuncio a mezz'aria. Questa volta lo è ed è arrivata, la settimana decisiva. Perché mancano pochi giorni al voto e i giochi per la corsa alla Casa Bianca sono più che mai aperti e nello stesso tempo si stanno chiudendo, perché il tempo a disposizione per fare un'altra strambata c'è, ma comincia a svanire e il vento improvvisamente calerà. La scena è quella di un gruppo in fuga verso la porta antica e cigolante di una caverna in un film di Indiana Jones. Chi resta indietro è perduto. E perdente. Sul piano internazionale, la notizia è la Cina, la conferma che è la sola economia a essersi ripresa dopo la crisi del coronavirus, i dati del prodotto interno lordo del terzo trimestre (+ 4,9%) sono leggermente sotto le attese ma Pechino conferma di essere di nuovo in pista e in forma migliore degli altri paesi, buoni i dati delle vendite al dettaglio, dei nuovi occupati e della produzione industriale.

LA SFIDA CINESE

È un gong per l'America, per qualunque amministrazione, Trump o Biden dopo il 3 novembre, questo è il problema: la Cina è uscita dalla crisi del coronavirus più forte degli altri e con un vantaggio temporale sul controllo della pandemia che può diventare strutturale su molti punti dell'agenda, la sfida lanciata da Xi Jinping è sempre più intensa, una partita vitale per gli Stati Uniti e nessun Presidente può ignorarne il significato.

1) Barack Obama spenderà le sue parole a Filadelfia per Joe Biden e già questa è una notizia (non ha mai considerato l'ex vicepresidente adeguato alla sfida), il luogo non porta benissimo, l'ultima volta che i dem si sono ritrovati da quelle parti Trump li ha falciati con la mietitrebbia dell'Ohio; 2) Il Congresso voterà in Commissione per la conferma della nomina di Amy Coney Barrett, un primo test per la tenuta della maggioranza repubblicana, l'appuntamento è per il 22 ottobre, Trump si gioca non il futuro della Corte Suprema, ma il presente del consenso degli elettori più conservatori, i cattolici in particolare; 3) Lo stesso giorno, si terrà a Nashville il secondo dibattito televisivo tra Trump e Biden. In Tennessee i due candidati si giocano un po' tutto. Trump deve far meglio rispetto alla prova del primo dibattito e del townhall di qualche giorno fa, solo così può agganciare il suo rivale in fuga; Biden ha trascorso molto tempo a prepararsi perché una buona prova può dargli la spinta che ancora gli manca per vincere.

In una campagna dove c'è un solo candidato che fa comizi reali (Trump), il dibattito in tv acquista ancora più importanza. Quello che in teoria deve recuperare il terreno perduto è proprio lui, Trump, dunque i suoi strateghi stanno mettendo a punto una nuova impostazione. "Penso che il presidente Trump darà più spazio a Joe Biden per spiegarsi sulle diverse questioni al prossimo dibattito", dice l'advisor di Donald Trump, Jason Miller, durante un'intervista a Fox News, dopo il flop del primo faccia a faccia presidenziale a causa delle continue interruzioni e degli insulti reciproci. "Penso che il presidente vorrà ascoltare le risposte di Joe Biden e gli darà tutto il tempo necessario". I tempi televisivi che a sorpresa a Trump sono mancati.

IL FILM DI UN INSEGUIMENTO

Il resto del film è un inseguimento. Trump sta battendo e ribattendo tutti i Battleground States, anche oggi sarà in Arizona, la folla si sta già radunando a Prescott, il format è quello consolidato. Ieri ha chiuso la giornata con il Maga rally a Carson City, in Nevada dove ha toccato tutti i temi chiave della sua campagna, mentre in California, roccaforte blu, ha ricevuto un'accoglienza molto forte dei suoi fan, la base repubblicana è molto motivata. E Trump lo sottolinea: "Mi dicevano non si può vincere senza l'Ohio e un minuto dopo la chiusura del voto, avevo vinto. Ero dato perdente in nove Stati il giorno dell'Election Day quattro anni fa, ho vinto in tutti e nove. E quest'anno siamo messi ancora meglio". Entusiasmo, è la parola chiave: "Ci sarà una grande onda rossa, l'entusiasmo è superiore perfino a quello di quattro anni fa". Il portafoglio dell'elettore, prima di tutto. Quindi il voto per The Donald è una scelta tra "la super-ripresa di Trump e la depressione di Biden", l'economia è il tema sempre al top dell'agenda della campagna e il punto più delicato per gli elettori americani alle prese con le pesanti ricadute dei lockdown, è in questo settore che Trump continua ad avere rating migliori di Joe Biden. A questo si lega naturalmente il dibattito sulla chiusura e il blocco delle attività economiche e gli attacchi alle amministrazioni democratiche, così il presidente invita a guardare cosa sta succedendo in Europa: "Guardate cosa sta succedendo in Europa, dopo il lockdown c'è una nuova impennata del virus".

IL CLIMA DEL 2016

Poi c'è The Donald, con i suoi giochi pirotecnici sul palco, il suo essere istrionico: "Se non gioco sempre secondo le regole di Washington è perché sono stato eletto per lottare per voi. Avete eletto un outsider che ha finalmente messo l'America First". Trump sta cercando di ricreare nelle ultime due settimane di campagna lo stesso clima che lo portò a vincere nel 2016: "Mi dicevano non si può vincere senza l'Ohio e un minuto dopo la chiusura del voto, avevo vinto. Ero dato perdente in nove Stati il giorno dell'Election Day quattro anni fa, ho vinto in tutti e nove. E quest'anno siamo messi ancora meglio". È un punto delicato della battaglia con i dem, il fattore di mobilitazione della base elettorale sarà fondamentale nella sfida dei Battleground States. Ci sono ovviamente i colpi alti, bassi e bassissimi tra i candidati, le "dirty campaign" da una parte e dall'altra. Trump attacca Biden sugli affari del figlio Hunter, il business in Ucraina e in Cina, lo definisce "corrotto" e "criminale", cose che nella politica italiana non sono immaginabili, ma fanno parte della campagna presidenziale americana da sempre, in forme più o meno acute e diverse.

Il caso delle email del computer di Hunter Biden è il classico pacco a sorpresa della campagna, i dem hanno provato a rispondere alle rivelazioni del New York Post dicendo che si tratta di un tentativo di disinformazione della Russia, ma il direttore della National Intelligence, John Ratcliffe, stamattina intervistato da Maria Bartiromo su Foxbusiness ha fatto evaporare la teoria del complotto evocata dal democratico Adam Schiff, niente meno che una manovra del Cremlino, secondo il deputato che tra l'altro presiede il Comitato per l'Intelligence, dunque dovrebbe essere informato e soprattutto informare al meglio. È vero quello che ha detto? Purtroppo per Schiff, non è vero. "Il caso non fa parte di un tentativo di disinformazione della Russia sulla campagna", firmato Ratcliffe. Gong. A Trump la storia serve per dire che "Joe Biden non può assolutamente assumere l'incarico di presidente". Boxe, guantoni, le dentiere sono sul ring. E naturalmente il risultato è sempre quello della vecchia regola di Broadway: "The show must go on".

Mario Sechi e Rita Lofano