Nervi sempre più tesi tra Polonia e Israele dopo l'approvazione, mercoledì notte, nel Senato di Varsavia, della legge bavaglio sull'Olocausto: la norma vuole difendere l'immagine del Paese dell'Est Europa e prevede fino a tre anni di carcere e la multa per chi definisca "polacchi" i campi di sterminio installati dai nazisti in Polonia durante la seconda guerra mondiale.

IN ISRAELE ESPLODE L'INDIGNAZIONE
E in Israele è letteralmente esplosa l'indignazione, caratterizzata da una vera e propria tempesta politica: Varsavia vuole "riscrivere la storia" e la legge equivale alla "negazione" dell'Olocausto. "Israele valuta molto gravemente ogni tentativo di sfidare la verità storica", ha sbottato il portavoce del ministero degli Esteri, Emmanuel Nahshon, che ha poi aggiunto: "Nessuna legge cambierà i fatti".

LE ACCUSE MOSSE CONTRO VARSAVIA
Il ministro Likud, Yisrael Katzc, ha chiesto al premier, Benjamin Netanuyahu, di richiamare l'ambasciatore a Varsavia. Un altro ministro israeliano Yoav Gallant ha parlato di vera e propria "negazione dell'Olocausto", mentre l'ex ministro degli esteri Tzipi Livni, dal canto suo, ha detto che è stato come "sputare in faccia a Israele". Ha detto la sua anche Yad Vashem, l'organismo creato proprio con il compito di preservare la memoria della Shoah e delle sei milioni di vittime nei campi di sterminio: "E' una distorsione della verità storica".

LA LEGGE APPROVATA IN SENATO
La legge polacca, in attesa della firma del presidente Andrzej Duda, è stata approvata dal Senato (57 voti favorevoli, 23 contrari e due astenuti), nonostante le rassicurazioni al governo israeliano che ci sarebbero state consultazioni con Israele prima del voto. Per i conservatori polacchi, l'uso del termine "campo di sterminio polacco" induce a pensare che la Polonia abbia avuto responsabilità nell'olocausto nazista. Israele invece contesta il tentativo di negare la partecipazione di alcuni polacchi allo sterminio degli ebrei e persino la possibilità di perseguire i sopravvissuti all'olocausto che potrebbero evocare tali casi.

LA REAZIONE DI VARSAVIA
A Varsavia, un centinaio tra artisti, giornalisti e politici polacchi, tra cui la regista Agnieszka Holland, l'ex presidente Aleksander Kwasniewski e l'ex ministro degli esteri Radoslaw Sikorski, avevano firmato un appello chiedendo un emendamento per eliminare la criminalizzazione delle espressioni offensive per la Polonia. Un gruppo di ebrei polacchi ha anche pubblicato una lettera aperta contro la nuova legge che "può portare a penalizzare coloro che dicono la verità sugli informatori polacchi e sui cittadini polacchi che hanno assassinato i loro vicini ebrei". Ma il Senato ha approvato il testo senza alcuna modifica. Duda si era detto "sbalordito" dalla reazione di Israele. "Non possiamo tornare indietro, abbiamo il diritto di difendere la verità storica". E mercoledì, durante il dibattito, il vice ministro della giustizia Patryk Jaki ha sostenuto che la violenta reazione israeliana sia in parte dettata da problemi di politica interna.

LA PREOCCUPAZIONE DEGLI USA
Anche gli Stati Uniti si sono detti preoccupati per le "conseguenze" di questa legge e hanno invitato Varsavia a riconsiderare: Espressioni come "campi di sterminio polacchi sono "imprecise, suscettibili di essere fuorvianti e offensive", ha detto in una nota la portavoce del Dipartimento di Stato Heather Nauert. "Ma siamo preoccupati che questo disegno di legge, se approvato, influenzi la libertà di espressione e il dibattito storico". E ha avvertito che potrebbe anche avere "ripercussioni" sugli "interessi e le relazioni strategiche della Polonia con gli Stati Uniti e Israele".