Dietro la costruzione di grandi opere ci sono sempre il genio umano e la realizzazione di un intuito o di una necessità, utili a far progredire la civiltà. Numerose infrastrutture realizzate nei secoli dagli uomini hanno modificato la geografia, il territorio e l’ambiente contribuendo a modellare civiltà e progresso, per favorire la mobilità e la sicurezza.

In questi cambiamenti, ovunque nel mondo, gli italiani hanno sempre fatto la loro parte, distinguendosi per operosità, genio e intraprendenza. In diverse situazioni tali opere sono la risultanza del loro lavoro materiale ed immateriale caratterizzatosi per sacrifici e perdite di vite umane.

Parliamo, purtroppo, di tristi aspetti della nostra antica e recente storia, che ritorna in auge ogni qualvolta si verifica un tragico incidente con effetti dirompenti. Sono quei momenti in cui l’opinione pubblica disquisisce e discute di prevenzione, di sicurezza, di cause ed effetti e sistematicamente si cercano capri espiatori e cause difficilmente giustificabili.

Le recenti commemorazioni di Marcinelle, del Lötschberg, della tragedia legata al ponte Morandi di Genova assieme al ricordo di Mattmark, che ci riporta alla memoria la valanga di ghiaccio abbattutasi il 30 agosto del 1965 sul campo di lavoro di quella che sarebbe diventata la diga del lago di Mattmark, comprovano questo modus operandi a testimonianza dell’impervia disputa tra l’uomo e la natura, in una lotta impari tra il bisogno, il desiderio e il creato.

Alla vigilia del 53° anniversario della tragedia di Mattmark la Comunità italiana in Svizzera ricorda il sacrificio degli 88 operai morti sul versante svizzero delle Alpi, e tra loro le 56 vittime italiane. Il sol pensiero a ritroso ci ripropone fotogrammi sbiaditi, ma per alcuni versi ancora attuali, di un periodo di grandi trasformazioni, che avrebbero contribuito a modellare la modernità.

Dal ricordo di quegli anni affiorano la piena occupazione nel mondo del lavoro, il contributo allo sviluppo economico e sociale, l’avanzamento della legislazione svizzera in termini di diritti, la valorizzazione delle culture presenti in questo piccolo Paese al centro dell’Europa e in particolare il difficile cammino dell’accoglienza, che con il tempo ne ha modificato abitudini e comportamenti civili e civici. In quel ricordo è insita una parte della recente storia degli italiani in Svizzera, della storia del nostro paese e dei tratti caratterizzanti il fenomeno migratorio, che con virulenza ritornano ad alimentare il discorso pubblico nel nostro continente. Alle vittime di Mattmark e alle loro famiglie va il nostro più sincero sentimento di riconoscenza e gratitudine.

Michele Schiavone

Segretario Generale CGIE