"In un primo momento avevo pensato che la causa del crollo del ponte Morandi fosse la corrosione degli stralli. Poi vedendo alcuni video ho iniziato a ipotizzare che a far collassare il viadotto potrebbe essere stata la caduta del rotolo di acciaio trasportato dal camion passato pochi secondi prima". Lo ha detto Agostino Marioni, ingegnere ex presidente della società Alga che si occupò dei lavori di rinforzo della pila 11 nel 1993, sentito come persona informata dei fatti in procura dal pm Massimo Terrile che indaga sul crollo di Ponte Morandi.

SPRIGIONATA FORZA DI UNA CANNONATA
"Secondo i calcoli che ho fatto - ha detto ancora Marioni - se il tir, che viaggiava a una velocità di circa 60 chilometri orari, avesse perso il rotolo che pesa 3,5 tonnellate avrebbe sprigionato una forza cinetica pari a una cannonata. Verificarlo è semplice: basta controllare se sul coil (la bobina di acciaio, ndr) ci sono tracce di asfalto".

I LAVORI DI RINFORZO ALLA PILA 11
L'ingegnere ha poi spiegato come mai Autostrade decise di eseguire i lavori sulla pila 11. "Aveva problemi di corrosione legati a un difetto costruttivo - ha detto -. I cavi all'interno degli stralli di quella pila non vennero sistemati bene per cui il calcestruzzo non li aveva perfettamente avvolti. Per questo si sono corrosi. Anche le pile 9 e 10 presentavano qualche problema ma in misura minore, di poco rilievo".

"RESTO DEL VIADOTTO NON VA DEMOLITO"
Il professionista, che per anni ha eseguito lavori su richiesta di Aspi in vari viadotti in Italia e che adesso lavora in Cina ha anche sostenuto che quel che resta del viadotto "non va demolito. Sarebbe come demolire il Duomo di Milano perché è crollata una guglia. La soluzione migliore sarebbe quella di riparare la struttura, magari facendo le parti in acciaio e a vista".