Il dubbio sorge spontaneo dopo l'apertura del Governo Conte alla partecipazione italiana nel progetto di Pechino One Belt One Road, la nuova Via della Seta. Apertura preceduta e seguita da malumori e moniti dei principali alleati occidentali, soprattutto dagli Stati Uniti. Nell'attesa che il Governo assuma una decisione formale in occasione della visita in Italia tra due settimane del presidente cinese Xi Jinping, c'è però un altro grattacapo legato alla provenienza estera di investimenti in attività italiane di primo piano. È l'offerta fatta dai sauditi per l'ingresso nel cda della Scala di Milano. Possibilità su cui si è detto contrario il governatore della Lombardia, il leghista Attilio Fontana: "Assolutamente no", ha risposto in una intervista al 'Corriere della Sera' alla domanda se fosse al corrente di una trattativa in corso per l'ingresso dei Sauditi nel Cda del Teatro alla Scala.

"Questa cosa - dice - l'ho letta sui giornali e so per certo che la Lega non ha collaborato alla trattativa per un ingresso nel cda. Dopodiché aggiungo che La Scala è un simbolo importante e prezioso della milanesità, della nostra cultura, è il volto più bello della nostra tradizione, ha un valore quasi sacrale. Quindi se qualcuno mi avesse chiesto un parere su un'operazione di questo tipo avrei espresso la mia contrarietà, a prescindere dai soldi, che certamente servono". Da giorni la polemica sull'offerta dei sauditi per la Scala fa discutere. Venerdì si è espresso il presidente della commissione Diritti Umani del Parlamento Europeo Antonio Panzeri, del gruppo dei Socialisti e Democratici, secondo il quale il consiglio di amministrazione del Teatro alla Scala di Milano dovrebbe "prendere atto delle difficoltà" connesse all'offerta dell'Arabia Saudita, in via diretta o tramite imprese controllate, di entrare nel board, mettendo sul piatto 15 mln di euro, e "non intraprendere quella strada", ha detto.

Il possibile ingresso dei sauditi fa poi litigare per tutto il giorno il sindaco di Milano e il Governatore della Lombardia: a Fontana che ha dichiarato al 'Corriere della Sera' "che non ne sapeva nulla", il primo cittadino ha replicato su Facebook: "Presidente, ci spieghi una cosa. Visto che (è tutto verbalizzato) il cda della Scala dell'11 febbraio ha discusso della questione e che la Regione ha un rappresentante nel Cda, come faceva a non essere al corrente di una questione così delicata? Delle due l'una. O il suo rappresentante in Cda non ha compreso una comunicazione così importante e rilevante per Milano e la Lombardia e non lo avverte, e allora lo revochi immediatamente, oppure lei fa il furbo. Chissà...". A stretto giro, ecco la contro replica, sempre su Facebook, di Fontana: "Le relazioni con i sauditi non nascono certo con la Lega o con Max Ferrari (consigliere lombardo leghista indicato come il primo che avrebbe proposto una collaborazione tra il teatro e il governo saudita)...E' una fake news. Molti hanno fatto i furbetti provando a tenere alta l'attenzione su un falso ed evitando di andare al cuore della questione. Anche il sindaco non ha resistito, dichiarandosi sorpreso per una notizia non vera. Un capolavoro retorico utile a rilanciare la polemica e tenere i riflettori sulla Lega... è una furbata, 'disinformazia'".

Al post pubblicato sulla sua pagina Facebook, Fontana allega un articolo di giornale che riporta la presa di posizione di Sala, che ha scritto "noto solo che più di uno non resiste alla tentazione di partecipare al gioco del 'io non c'ero e se c'ero dormivo'. Oggi si iscrive a questo club il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana". Per Fontana, Sala "prova a distrarre dal fatto che non solo aveva seguito la cosa dall'inizio e passo dopo passo, ma che l'ingresso dei sauditi nel cda del Teatro più importante del mondo evidentemente lo voleva e lo vuole. Il dito e la luna... Spero solo - ha concluso - che non siano andati troppo avanti..Il punto è questo e sono certo che nel prossimo cda le carte saranno chiare". Il leader della Lega Salvini condivide il pensiero del "suo" governatore: "Sulla Scala condivido l'idea del presidente Fontana e penso che possiamo farne a meno".

Per il ministro della Cultura Bonisoli l'ingresso dei sauditi nel fondo del teatro lirico fa parte "di un progetto più ampio", ma la decisione spetta comunque al Cda della Scala. Ma considera comunque inopportuno l'eventuale partecipazione di un governo straniero al consiglio di amministrazione del teatro lirico: "Il fatto che qualche straniero si interessi alle cose di casa nostra mi fa piacere - ha spiegato parlando coi giornalisti al 'Villaggio Rousseau - non penso si debba avere un atteggiamento di chiusura a prescindere, anzi. Quello che trovo un attimo inappropriato è il fatto che ci sia un governo all'interno di un consiglio di amministrazione". Una linea chiara ancora non c'è, mentre per quanto riguarda l'avvicinamento italiano alla Cina è tornato sulla questione il vicepremier Luigi Di Maio, dopo il monito arrivato dal Consiglio di Sicurezza nazionale statunitense: "Io rispetto le preoccupazioni del nostro alleato, ma se stiamo guardando alla Via per la Seta non è per fare accordi politici con la Cina, è solo per aiutare le nostre aziende a portare il made in Italy, il nostro know-how in un mercato che ce lo chiede".

Anche il sottosegretario Geraci, colui che nel governo si sta occupando da vicino del Memorandum di intesa con i cinesi, ha difeso l'operazione. Per Geraci infatti l'ingresso dell'Italia nella nuova via della Seta serve a "ridurre il gap" di scambi con Pechino rispetto a Germania e Francia. Quanto alle preoccupazioni, secondo il sottosegretario la possibilità di ricorrere al golden power negli asset strategici è suffiente a tutelare la sicurezza e l'interesse italiano. Per il leader leghista Salvini, "basta che venga tutelato l'interesse nazionale soprattutto quando si parla si telecomunicazioni e dati sensibili, perché mettere i dati e le informazioni di milioni di italiani in mano ad altri è una cosa molto delicata, bisogna pensarci cinque volte". Sulla questione però le opposizioni attaccano: "Dura posizione del National Security Council sull'adesione affettata e solitaria dell'Italia alla Belt and Road Initiative della Cina. Cosa risponderà la Farnesina all'alleato americano che è preoccupato di questa ennesima subalternità estera dell'Italia?", scrive su twitter la deputata del Pd Lia Quartapelle. Mentre il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia chiede una discussione in Parlamento: "Molti ritengono che quello sia un mercato importante anche per i nostri prodotti, in parte ciò è vero. Ma la potenza cinese dispiegata in Italia rischia di portarci ad accordi vantaggiosi soltanto per loro. Aziende cinesi fanno dumping, ovvero concorrenza sleale, praticando prezzi bassi per espugnare mercati".