È una ferita ancora aperta quella che porta il Sud America nel ricordo del plan Condor, l’operazione orchestrata dalla Cia nei diversi paesi della regione negli anni settan ta che ha portato allo sterminio di un’intera generazione di dissidenti.Una vicenda su cui sta cercando di far luce la giustizia italiana con il processo Condor -indagando sulla morte o la scomparsa di 43 latinoamericani di cui 23 di origine italiana- iniziato il 12 febbraio del 2015 a Roma e attualmente in attesa della pronuncia della sentenza di appello.

È partito da questo processo il documentario "La memoria del Condor", opera dell’italiana Emanuela Tomassetti, che è stato presentato giovedì sera a Montevideo presso la sede del Pit-Cnt. Un film duro che ripercorre le vicende di quei drammatici anni raccontando le storie personali di alcune delle vittime sparse tra Uruguay, Cile, Argentina e Paraguay. Nella sentenza di primo grado del processo sono stati assolti 19 dei 27 militari sudamericani coinvolti. Tra questi molto noto è il caso dell’italouruguaiano Jorge Troccoli che oggi risiede liberamente in Italia nonostante sia stata provata nei suoi confronti la responsabilità nel sequestro di persona e nella tortura.

Come ha raccontato Emanuela Tomassetti durante il dibattito con il pubblico "l’idea del documentario è nata attraverso Jorge Ithurburu, avvocato argentino che fa parte dell’associazione 24 Marzo e che segue da vicino queste vicende. Lui ci parlò di questo processo che sarebbe iniziato un mese dopo. Io sono sempre stata sensibile alle tematiche dei diritti umani e, ascoltando queste storie, è nato l’interesse per approfondire". Girato tra il 2015 e il 2017, "La memoria del Condor" dà voce ai tanti familiari delle vittime del terrorismo di Stato in Sud America da Juan Montiglio a Juan Maino, da Daniel Banfi ad Horacio Campiglia. Insieme a loro ci sono anche le toccanti testimonianze di Mariana Zaffaroni, Victoria Moyano e Macarena Gelman, figlie rubate ai desaparecidos che hanno potuto incontrare la loro vera identità solo dopo tanti anni di ricerca.

A completare il documentario c’è il significativo intervento di Martín Almada, avvocato paraguaiano grazie al quale nel 1992 furono incontrati i cosiddetti "archivi del terrore", 700mila documenti che dimostravano per la prima volta l’esistenza dell’operazione Condor frutto della collaborazione tra le polizie e i servizi segreti di Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Brasile. "È stata una serata stupenda, piena di gente attenta e interessata". Questo il commento emozionato della regista a Gente d’Italia al termine di una serata lunga e coinvolgente. "Sono molto felice e onorata di aver fatto la proiezione anche qui a Montevideo per la storia di questo luogo e delle persone presenti. Dopo le tappe a Santiago e Buenos Aires era doveroso venire anche qui. Con questo documentario -ha concluso- spero di restituire il senso della lotta che hanno fatto queste persone purtroppo morte. La loro storia, la loro bellezza, la loro onestà".

Matteo Forciniti