Poco più di 5 miliardi di dollari, l’equivalente di 4,5 miliardi di euro, oltre il 9% dell’export italiano negli Stati Uniti. È il "conto" per l’Italia della nuova ondata di dazi americani, presentato nella missione governativa di due settimane fa. Le cifre sono state illustrate dal sottosegretario allo Sviluppo economico con delega al commercio estero, Michele Geraci, nel corso degli incontri avuti a Washington con l’Ustr, l’Ufficio del rappresentante speciale al commercio che ha pubblicato la lista dei prodotti a rischio, e con il National economic council della Casa Bianca. I dazi in discussione sono quelli proposti dall’Ustr come rappresaglia contro gli aiuti Ue al consorzio europeo degli aerei Airbus. L’iter per l’applicazione finale è ancora in corso ma l’Italia ha sottolineato agli Usa che ritiene la ripartizione dei dazi in discussione estremamente squilibrata, al punto che il nostro export sarebbe – dopo la Francia e prima degli altri tre paesi storici del consorzio, cioè Germania, Spagna e Regno Unito – il più danneggiato. Rispetto alla stessa Francia si ritiene che la scelta dei prodotti sia sproporzionata.

Il confronto con l’amministrazione americana sulla lista "anti Airbus", arrivata dopo i dazi già applicati su acciaio e alluminio, si inserisce nel più ampio dialogo Ue-Usa sul trattato di libero scambio (una sorta del vecchio Ttip in forma ridotta) e sui prospettati e temutissimi dazi per il mercato dell’auto. Nel vino e nell’alimentare, in particolare per i formaggi ma anche per la pasta, saremmo più in difficoltà. I calcoli elaborati dagli uffici tecnici del ministero dello Sviluppo economico sulla base di dati delle dogane Usa indicano per l’Italia un impatto di 5,07 miliardi di dollari su esportazioni per 54,7 miliardi. Per la Francia 8,1 miliardi (su 52,4 miliardi), per la Germania quasi 4,5 (su 125,9), per il Regno Unito 3 (su 60,7), per la Spagna 1,8, (su 17,2) e poi via via per gli altri paesi. Il controvalore dei prodotti indicati dall’Ustr, in due differenti tranche, è nel complesso di circa 25 miliardi di dollari. Ad aprile infatti la prima lista – per dazi la cui entità sarebbe determinata alla fine del percorso – comprendeva 317 sotto categorie per un controvalore dell’import americano stimato in 21 miliardi di dollari. Questa prima lista era suddivisa in due parti, la prima concentrata su prodotti e componenti dell’industria aerea ed elicotteristica colpirebbe solo Francia, Germania, Spagna e Regno Unito mentre la seconda riguarderebbe tutti i 28.

All’inizio di luglio si è aggiunta una lista supplementare per il controvalore di 4 miliardi di dollari, anche questa rivolta a tutti i 28 membri Ue. Nel primo elenco già figuravano prodotti italiani come il pecorino e il prosecco. L’elenco supplementare – definito anche dopo consultazioni con i produttori americani – ha poi acuito le preoccupazioni del settore agroalimentare italiano, con l’inclusione ad esempio di romano, reggiano, provolone. Ma nella ripartizione dei 5 miliardi di dollari a carico dell’Italia le voci sono molto diversificate. Tra prima e seconda lista, il settore dei vini e liquori sarebbe colpito per 2,3 miliardi di dollari, gli alimentari e bevande (vino e liquori esclusi) per quasi 1,3 miliardi, la moda per poco più di 1 miliardo, i materiali da costruzione per 180 milioni, i metalli per 110 milioni, le moto per 74 milioni, la cosmetica per 42.

Carmine Fotina