L’eroe che accettò di andare nell’inferno di Auschwitz: nel libro "The volunteer", Il volontario, di Jack Fairweather, la storia dell’eroe polacco Witold Pilecki, un soldato che nel 1940 si fece arrestare dalla Gestapo e fu internato nel campo di concentramento per organizzare una rete di resistenza e inviare un rapporto sulla situazione nel campo. "Devi essere pazzo!" gli disse un prigioniero dopo aver sentito la sua storia. Chi, infatti, si sarebbe offerto volontario per andare ad Auschwitz?

Quando la Germania invase la Polonia, Pilecki – un nobile proprietario terriero – entrò nell’esercito. Le forze tedesche distrussero i polacchi nel giro di settimane e Pilecki si diresse a Varsavia, ridotta in rovina dai bombardamenti. Lì, in una chiesa barocca, si inginocchiò con gli altri e "giurò di servire Dio, la nazione polacca e proteggersi vicendevolmente". Era iniziato il movimento della resistenza. All’inizio del 1940, Auschwitz fu istituito come campo per prigionieri politici polacchi e lì la resistenza aveva bisogno di occhi e orecchie: il 19 settembre 1940, durante un rastrellamento a Zoliborz, Pilecki si fece catturare con il nome di Tomasz Serafinski, prigioniero n. 4859.

Quando un uomo fu picchiato a morte davanti ai suoi occhi, ebbe la conferma di trovarsi in un posto infernale. Comandavano le SS ma la gestione quotidiana del campo era nelle mani dei kapo, detenuti che avevano potere sui compagni di prigionia. Il peggiore era Ernst Krankemann, "un enorme ammasso di carne e grasso", che incatenava gli uomini a un rullo gigante usato per la costruzione di strade. Mentre tiravano li colpiva e se cadevano venivano messi sotto il rullo e schiacciati. Nel 1941, dopo che diverse centinaia di prigionieri di guerra sovietici furono picchiati a morte in una cava di ghiaia, da kapo con pale, Pilecki si rese conto che sarebbe stato difficile sopravvivere a lungo ad Auschwitz e tornare a Varsavia.

Aveva inviato molti messaggi alla resistenza polacca riguardo ai crimini a cui stava assistendo, trasmise un rapporto dettagliato delle atrocità naziste, ma erano arrivati? Nel 1943, Pilecki iniziò a pensare alla fuga, ma dei 173 tentativi nell’anno precedente, solo una dozzina erano riusciti. Un giorno, insieme ad altri due prigionieri, dalla panetteria in cui lavoravano presero del tabacco da lasciare sul loro cammino così da attirare i cani da caccia e depistarli e inoltre delle compresse di cianuro di potassio nel caso tutto fosse andato storto. Scapparono ma Pilecki scoprì con orrore che i leader della resistenza non credevano ai suoi resoconti sull’inferno di Auschwitz, erano certi che stesse esagerando. Alcuni pensavano che fosse un agente tedesco. Sarebbe bello scoprire un lieto fine nella storia di Witold Pilecki ma purtroppo non c’è.

Dopo la guerra, l’esercito sovietico si insediò saldamente in Polonia. Pilecki partecipò attivamente alla resistenza contro questa seconda occupazione. All’epoca le sue memorie di Auschwitz divennero anche un antidoto alle falsità che il regime comunista diffondeva sulla Shoah e sulla Resistenza. Dopo un processo farsa fu ritenuto colpevole di tradimento dal nuovo regime comunista e il 25 maggio 1948 giustiziato in una prigione di Varsavia con un solo colpo alla nuca. Il suo corpo fu seppellito in un posto segreto. Dopo la caduta del Muro di Berlino, Witold Pilecki in Polonia è stato riabilitato ed è considerato un eroe nazionale.

CATERINA GALLONI