È di certo uno degli appuntamenti più seguiti e attesi in tutto il mondo degli italiani all’estero, ed è anche uno dei rari eventi in cui i dati e le problematiche di chi vive fuori dall’Italia, diventano materia di attenzione anche per i media nazionali, notoriamente poco sensibili nei confronti dell’emigrazione. Stiamo parlando del Rapporto Italiani nel Mondo, edito dalla Fondazione Migrantes, curato da Delfina Licata che racconta come è nata l’idea… ""Più che il come, è interessante raccontare il perché ben 14 anni fa la Chiesa italiana, nell’ambito dei suoi organi preposti allo studio e alla ricerca, ha accettato di dare l’avvio a un progetto editoriale dedicato all’emigrazione italiana. Erano anni in cui le maggiori risorse venivano investite per l’immigrazione e ci fu chiesto di tentare di trovare nuove strade per sensibilizzare all’arrivo di persone provenienti da altri territori. C’è chi pensò che una via percorribile potesse essere quella della memoria, e quindi ricordare agli italiani quando ad emigrare erano loro. Fu un’idea vincente, non solo perché riuscì nell’intento, ma perché aprì un mondo sconosciuto a noi ricercatori per primi, in quanto scoprimmo che di mobilità italiana non sapevamo nulla, e all’Italia in generale perché si iniziò a raccontare la storia di un paese e di un popolo che praticamente nessuno conosceva e della quale non si percepiva l’esistenza. Da un volume che doveva nascere e morire nel 2006, il Rapporto Italiani nel Mondo è diventato un appuntamento fisso annuale".

Ribadisco che è uno dei rari casi in cui una pubblicazione dedicata all’emigrazione, viene recensita e richiesta non solo dagli addetti ai lavori ma anche dai media nazionali: quali sono gli aspetti, i dati che maggiormente interessano?

"Il nostro è un Paese strano perché è come se fosse ‘malato’ di numeri. Per tanti anni si è pensato, e probabilmente ancora oggi, che il RIM sia un volume di statistica. Il dato è stato ed è alla base della conoscenza, ma nel tempo la metodologia statistica è stata arricchita da metodologia qualitativa: interviste, storie di vita, apparato fotografico e iconografico, persino disegni e illustrazioni. È stato necessario vista la ricchezza del tema e del suo declinarsi davvero in mille diverse sfaccettature. Ed è proprio questa ricchezza che ne determina l’interesse: ognuno, rispetto al proprio ambito, sia esso pubblico o privato, appartenente a una istituzione o meno e quindi giornalisti, accademici, ricercatori, possono trovare cose interessanti per loro. Persino i musicisti, ad esempio, leggono il RIM, e il pubblico più vasto in generale, compresi gli stessi immigrati in Italia. C’è chi lo legge per conoscere la storia recente e l’attualità dell’Italia, c’è chi si informa dei dati e delle storie, c’è chi rintraccia i profili sociali, c’è chi è curioso di usi e costumi. Ogni lettore trova nelle pagine del RIM quello che cerca, nella maggior parte dei casi, o comunque resta affascinato dalla lettura di argomenti curiosi, accattivanti dei quali non aveva alcuna idea. Questo, almeno, è quanto mi ritorna da caporedattrice".

Una curiosità: ha appena rivelato che anche i musicisti leggono il vostro Rapporto? Come l’ha saputo e quale la motivazione?

"Ogni anno il volume è accompagnato da un video e mi sono ritrovata a chiedere la collaborazione di musicisti legati al mondo della mobilità umana come Renzo Arbore, Gian Maria Testa che ci ha lasciato troppo presto. Persone squisite prima che artisti eccezionali. Da lì è nata una mia personale ricerca da appassionata di musica, di artisti legati a questo specifico mondo. Dai contatti all’interesse reciproco, il mio per la loro musica e il loro per le nostre ricerche. La musica è lo specchio della società e l’artista racconta la realtà e le sue trasformazioni. Oggi non si può prescindere di parlare del migrante e per parlarne occorre conoscerlo. I più seri studiano oltre che osservare la società. A questo serve la ricerca sociale: è al servizio di chiunque lavora per gestire, raccontare, governare, educare, ecc.".

Ogni edizione focalizza l’attenzione su temi particolari, in quella del 2018 sono stati evidenziati alcuni profili di chi parte, ad esempio si parla di “maturi disoccupati”…

"L’opinione pubblica conosce quasi esclusivamente la mobilità dei giovani italiani grazie alla tristissima e inopportuna descrizione dei cervelli in fuga, che rappresenta chi parte oggi solo come mente pensante e sfruttabile, e non nell’interezza della persona e della sua dignità. La realtà è altro. Racconta, infatti, che dall’Italia a partire non sono solo i giovani ma anche gli adulti, anzi nel lungo periodo le crescite più interessanti le abbiamo riscontrate dai 50 anni in su. Sono questi i maturi disoccupati, ovvero chi ha perso il lavoro in Italia e da disoccupato e con una famiglia da mantenere, tenta la strada dell’estero per una ricollocazione occupazionale. Sono persone davvero disperate a volte perché all’interno delle loro famiglie il rischio povertà è molto alto. La disoccupazione, infatti, spesso attanaglia non solo il capofamiglia ma anche i figli che hanno terminato gli studi e non riescono a trovare un lavoro".

Un altro profilo che ha suscitato interesse, quello del “migrante di rimbalzo”… come avete “scoperto” questa particolare tipologia di emigranti e quali aspetti la caratterizzano?

"Analizzando i dati, ci siamo accorti che tanti di coloro che sono partiti, in realtà affrontano oggi una seconda partenza. Intendo dire che sono già rientrati dall’estero, ma in questo momento storico, con un’Italia così difficile dal punto di vista economico, occupazionale e sociale, si rendono conto che la vita all’estero era più facile, e così ripartono alla volta della nazione che per tanto tempo è stata la seconda casa. I migranti di rimbalzo nel loro lungo periodo di emigrazione, si sono creati una seconda possibilità inconsapevolmente, ma anche dai loro racconti emerge il senso di sconfitta. Molti migranti infatti, di ieri e di oggi, hanno un elemento in comune: quello cioè di partire con il sogno nel cassetto di rientrare prima o poi. In questo specifico caso questi sono riusciti ad afferrare il sogno del rientro, ma si può dire che non avevano fatto i conti con la storia. Il momento è sbagliato e non resta che la ripartenza".

Altro fenomeno che da qualche tempo a questa parte è diventato oggetto di grande attenzione (e anche discussione), riguarda il numero crescente di pensionati che lasciano l’Italia. Quali sono i dati, le motivazioni evidenziate dalle vostre ricerche in merito?

"I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno comunicano che in questo momento stiamo assistendo ad un cambiamento: a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani, esattamente il 37,4% sul totale delle partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017, e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti si notano tra coloro che hanno dai cinquant’anni in su che raggiungono il +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% nella classe 65- 74 anni; +49,8% nella classe 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su. Ecco che il dato ci sorprende e ci avvisa dell’esistenza di quelli che nel RIM abbiamo chiamato migranti previdenziali. Che siano pensionati di lusso, o colpiti da precarietà o sull’orlo della povertà, si tratta di numeri sempre più importanti. Le traiettorie tracciate da queste partenze sono ben determinate: si tratta di paesi con in corso una politica di defiscalizzazione, territori dove la vita costa molto meno rispetto all’Italia e dove il potere d’acquisto è, di conseguenza, superiore. Ma non è solo il lato economico a far propendere o meno al trasferimento: vi sono anche altri elementi più inerenti alla sfera privata quali il clima, l’humus culturale, la possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza. Quanto detto appare evidente considerando le mete principali: Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania. Sono luoghi in cui la vita è climaticamente piacevole, dove è possibile un’esistenza più che dignitosa anche grazie alle spese per l’affitto, bollette, spesa alimentare, di certo meno onerose, e dove a volte con il costo delle assicurazioni sanitarie private si riesce a curarsi, o almeno a incontrare un medico specialista adatto al problema di salute avvertito, molto più che in Italia. Anche la presenza del silver co-housing favorisce la scelta della destinazione. Nato in Olanda e Danimarca negli anni Settanta per venire incontro alle esigenze soprattutto delle giovani famiglie, oggi le co-abitazioni si stanno moltiplicando in diversi Stati di vari continenti. Si tratta di formule abitative individuali in spazi condivisi, dove regna uno stile di vita che recupera la solidarietà e la collaborazione reciproca. Tutto questo porta gli anziani a vivere serenamente dal punto di vista economico senza il problema di pesare sui figli e con la grande opportunità di essere integrati, necessari e partecipativi in una comunità dove tutti hanno un ruolo attivo".

Uno spazio particolare è dedicato ai giovani che lasciano il Paese, all’inizio per fare esperienza, spesso per restare. Come avete spiegato il fenomeno, a quanto pare inarrestabile, sulle pagine del Rapporto Italiani nel Mondo?

"Il Rapporto Italiani nel Mondo 2018 ha voluto porre l’attenzione su una determinata categoria di migranti italiani oggi in partenza, ovvero i giovani e i giovani adulti, coloro cioè che hanno una età compresa tra i 20 e i 40 anni e hanno lasciato l’Italia nell’ultimo anno o al massimo negli ultimi cinque, spostando la propria residenza in determinati paesi del mondo. Si è definito questo movimento neo-mobilità volendone sottolineare la contemporaneità sicuramente, ma anche la fluidità che, in questo caso, diventa sinonimo di difficile categorizzazione e, quindi, di complessità di un fenomeno che, seppure sia sempre più presente nel dibattito pubblico, resta poco conosciuto nella sua reale consistenza numerica e nelle sue effettive caratteristiche. Si è pensato che, per avvicinarsi il più possibile alla realtà dei numeri e dei fatti, fosse produttivo analizzare questa specifica tipologia dei migranti italiani di oggi, quelli che frettolosamente da più parti vengono definiti cervelli in fuga, dando per scontato un titolo di studio medio-alto e la positiva riuscita del progetto migratorio. Purtroppo non è così per tutti e i dati, quando non espressamente quantitativi sicuramente qualitativi, lo descrivono molto bene delineando una categoria composita ed eterogenea. Si tratta, infatti, di altamente qualificati, ma anche di persone con titoli medio-alti che, dopo essersi diplomati o laureati, all’estero svolgono lavori non all’altezza del titolo di studio da loro conquistato. Si parla di giovani studenti entusiasti nello specializzarsi all’estero, di operai, talenti che si sono più o meno inseriti nei diversi contesti di vita dei paesi che li accolgono fuori dei confini nazionali. Si dà riscontro anche di quanto oggi la mobilità italiana sia spinta da un ventaglio plurimo di motivazioni che vanno dalla ricerca di indipendenza economica e di una occupazione, a necessità di ordine sentimentale e culturale, dal bisogno di sentirsi professionalmente realizzati all’urgenza di inseguire nuove opportunità di vita, dal voler confrontarsi con altre realtà, al rifiuto di un sistema nazionale, quello italiano per l’appunto, in cui non ci si identifica più".

Accanto a questi giovani, è bene ricordare anche coloro che vanno all’estero per studiare… quali dati avete al riguardo?

"Legato al discorso dei giovani c’è un’altra importante mobilità da considerare, quella studentesca, appunto. Si tratta di una vera e propria migrazione per motivi di studio, è un fenomeno tutt’altro che nuovo se pensiamo che è possibile rintracciare, fin dal Medioevo, un movimento intraeuropeo di studenti e professori che si muovevano da un’università all’altra. Oggi la mobilità studentesca è in continua crescita: solitamente riservato a pochi studenti, a partire dalla metà degli anni Duemila il fenomeno è cresciuto e si è espanso tanto che dal 2009 al 2016 l’aumento stimato era del 111%. Vorrei aggiungere che insieme ai tanti giovani, a partire oggi sono anche tanti adulti. Abbiamo già parlato degli italiani migranti maturi disoccupati, dei migranti di rimbalzo, dei pensionati. A tutti questi vanno aggiunti i genitori-nonni ricongiunti. Con il passare del tempo e l’evoluzione della mobilità italiana, stanno emergendo nuove strategie di sopravvivenza tra i genitori-nonni come il trascorrere periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità, fino al completo trasferimento per tutto l’anno solare o di buone parti. Spesso noi che siamo nati in una Europa di pace, non ci rendiamo conto del grande regalo di cui disponiamo: la libertà di circolazione. Viaggiare è un diritto all’interno del quale ne vive uno più grande, il diritto all’esistenza, un vivere non rassegnato ma attivo nel realizzare i propri sogni, ricercando ciò che fa stare bene, correndo incontro alla felicità in un’unica e sola Terra che è di tutti e non di alcuni, madre quando accoglie e matrigna quando costringe ad andare via, ma dove ogni persona ha il diritto di vivere felice e rincorrere i propri sogni. Queste famiglie che si ricongiungono ci ricordano questo: ovunque purché insieme e quindi felici".

Sempre la Fondazione Migrantes ha pubblicato il RIM Junior rivolto ai giovanissimi, quali aspetti, temi caratterizzano questa pubblicazione?

"In questo caso RIM sta per Racconto degli Italiani nel Mondo. Si tratta del fratello minore del RIM-Rapporto Italiani nel Mondo, ed è dedicato ai più giovani e non solo perché è studiato e realizzato con la precisa idea di un linguaggio e di una veste grafica accattivante. Ha subito trovato risposta positiva sia nei ragazzi ai quali è specificatamente dedicato, ma anche negli adulti che lo trovano più simpatico rispetto al fratello maggiore. Un’idea editoriale, questa del RIM Junior, che ha visto due edizioni. La prima del 2017 è dedicata alla nostra emigrazione attraverso la storia del cibo e dei mestieri italiani all'estero, un vero viaggio intorno al mondo conoscendo paesi nuovi, leggendo innumerevoli aneddoti e incontrando tante persone. Un nuovo viaggio è quello che il lettore è chiamato a fare nell’edizione 2018-2019 che focalizza le sue pagine sui luoghi della mobilità italiana seguendo le avventure di donne e uomini che sono andati a vivere in diverse città del mondo, note e meno note. È così che si scopre chi era il nostro concittadino che a Londra insegnava l’italiano alla regina, perché ad Amsterdam c’è una strada dedicata ai banchieri lombardi e come mai ad Alessandria d’Egitto tutti volevano le balie italiane, chi ha costruito il primo grattacielo a San Paolo e perché i giovani italiani a Sydney vogliono raccogliere zucche per 88 giorni. Si potranno leggere le affascinanti avventure delle spie di Shangai che sapevano pilotare gli aerei e le storie avvincenti dei pescatori che andarono all’altro capo del mondo e, a Wellington, impararono l’inglese e il maori. E ancora, chi era la modella di Parigi che si trasformò in pittrice e chi la dottoressa che curava tutte le donne di Tangeri, perché a Cracovia le verdure hanno nomi italiani, chi fu l’uomo che inventò la berlina e qual era la colazione politicamente corretta dei bambini della Little Italy di New York".

In attesa di conoscere tutte queste interessanti curiosità del Rim Junior, ricordiamo che per ottobre, come ogni anno, è prevista la presentazione della quattordicesima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo: è possibile dare delle anticipazioni?

"Alla fine di ottobre presenteremo, appunto, la quattordicesima edizione che è in preparazione. Parleremo di un tema che probabilmente stupirà, poco legato ai numeri, più qualitativo proprio perché è cambiata la dimensione del fenomeno e le sue peculiarità. Cercheremo di descrivere il fenomeno dal punto di vista culturale ed emergerà l’Italia di oggi ancorata fortemente al passato, non può essere altrimenti, ma ne verranno delineate le caratteristiche attuali. Gli studiosi coinvolti sono più di quelli dello scorso anno, eravamo 64, ma quello che mi piace sottolineare è che ancora una volta la redazione tiene presente la transnazionalità di chi, da studioso e ricercatore, si occupa di Italia e italianità anche operando dall’estero. Quest’anno abbiamo aumentato di molto la rete generale creata dalla prima edizione del 2006, che io amo definire famiglia del RIM, con tanti nuovi studiosi che lavorano in diverse università estere del mondo ricoprendo incarichi importanti, interessanti e innovativi legati alla mobilità italiana".

GIOVANNA CHIARILLI