A cosa serve Destra Liberale, lo ha spiegato, del tutto involontariamente, Giorgia Meloni ad Atreju lo scorso fine settimana. Certo, a parere di chi scrive non tutte le cose dette possono essere condivise da un programma di Destra Liberale; ma una formazione di questo tipo ha la propria utilità, nel centrodestra, se appoggia quanto di liberale emerge anche dalle altre componenti, invece di perdersi in una cachettica analisi logico-liberale dei discorsi altrui, cosa in cui certi intelligentissimi liberali inconcludenti sono molto bravi, da sempre. La sostanza è che la libertà è in pericolo, ed è vero patriota chi combatte per salvarla.

Un'affermazione neorisorgimentale essenza di Destra Liberale. Senza quindi polemica, ma per far capire, allora, perché Destra Liberale fa bene alla coalizione, e le sue istanze non sono riassorbibili solo nella proposta politica delle altre componenti, si può invitare Giorgia Meloni, ed altri, ad una riflessione positiva sulle profonde e lontane origini del suo partito. Al centro del simbolo di quella forza politica persiste, ed è bene vi sia, la fiamma tricolore. Richiama l’evoluzione del vecchio Movimento Sociale Italiano cominciata da Giorgio Almirante, con la fusione coi monarchici di Alfredo Covelli nella Destra Nazionale, dopo una costituente presieduta dall’economista liberale Ugo Papi, maestro di Antonio Martino. Solo così Giorgio Almirante poté vagheggiare una Destra europea, in quanto il Movimento Sociale Italiano nacque, nel dopoguerra, tra reduci del neofascismo repubblichino. Si espongono delle oggettività, non si danno giudizi.

Storicamente, sono da distinguersi, in quel neofascismo, le dichiarazioni ideali dalla dura realtà, l’occupazione nazista delle parti d’Italia su cui disse di governare. A singoli volonterosi, qua e là, riuscì solo d’interporre un cuscinetto amministrativo fra il feroce occupante e la popolazione. Gli ideali sbandierati furono, invece, quelli del primo fascismo, rilucidati. La stessa espressione "Repubblica sociale" è ripresa da certa pubblicistica repubblicana, socialista ed anarchica fra i secoli XIX e XX, il liquido fetale ideologico in cui si formò Benito Mussolini. Significherebbe una forma istituzionale dello Stato in cui non ci si limiti a sostituire il Re con un Presidente, ma si facciano coincidere i cittadini coi produttori. Scrivere, dando un senso alle parole: "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro", è descrivere una "Repubblica sociale italiana", in questi termini, come rilevò da qualche parte Ugo Spirito. Nel 1914, interventista, dirigente socialista e direttore de "L’Avanti!", Mussolini uscì dal Partito Socialista Ufficiale per fondare una testata attorno alla quale raggruppare i socialisti e democratici interventisti.

Nel 1919 riunì costoro per reagire ad una ventata disfattista e terrorista contro i combattenti, a piazza San Sepolcro, a Milano, e fondò i "Fasci di Combattimento". Se si legge il documento che ne uscì, indubbiamente patriottico, comunque si rileva un carattere socialista, con decise venature anarchiche. Mosso dalle circostanze della politica, poi, l’anticlericale Benito Mussolini, alla fine, si fuse coi Nazionalisti di Luigi Federzoni, conservatori cattolico-clericali, i cui mentori ideologici furono i giuristi fratelli Rocco. Così i fascisti socialisti anarchici si ricomposero con gli autoritari clericali nel Partito Nazionale Fascista, e costruirono il regime più illiberale della storia contemporanea d’Italia, definito "totalitario" non da un antifascista, ma nella voce Fascismo dell’Enciclopedia Italiana, scritta da Giovanni Gentile e firmata da Benito Mussolini.

Queste evoluzioni, strada facendo, sono sempre possibili, nella mutevolezza delle situazioni ed emozioni politiche. Si veda solo la trasformazione recente della Lega, dal movimento secessionista del primo Bossi al nazionalismo di Matteo Salvini. Occorre una Destra Liberale, nella coalizione, per coalizzare i patrioti in difesa della libertà, come detto da Giorgia Meloni, ed aiutare gli alleati a mantenere la direzione, soprattutto quando è umano sbandare.

RICCARDO SCARPA