Volge al termine il mandato dell’ambasciatore pro-tempore italiano Gianni Piccato in Uruguay. Proprio come i governanti che al momento dell’uscita di scena badano solo a mostrare presunti traguardi raggiunti, anche Piccato si preoccupa di diffondere immaginari risultati positivi che sono molto lontani, però, dalla realtà vissuta in questi quattro anni. La propaganda ufficiale dell’ambasciatore uscente è partita con un’intervista a El País, l’ultima auto-celebrazione prima di fare le valigie e tornare in Italia. Secondo questa versione, ad esempio, bisognerebbe rendere merito al rappresentante diplomatico per aver aperto una pagina Facebook come nuovo canale per migliorare il dialogo con la comunità. Se qualcuno considera un trionfo il fatto di sbarcare sui social network all’alba del 2020 allora è evidente che c’è una situazione preoccupante, un ritardo madornale rispetto agli altri. Il sintomo, in altre parole, dello stato di invecchiamento generale che vivono le istituzioni italiane poco inclini al rinnovamento. Tra gli altri punti segnalati nel racconto autocelebrativo ci sono, tra le altre cose, la diffusione della lingua italiana nelle scuole uruguaiane e la creazione della "Red Italiana de Investigadores y Profesores en Uruguay". Sull’insegnamento dell’italiano nelle scuole bisogna fare una doverosa precisazione: può bastare un’ora e mezza di lezioni a settimana per diffondere la lingua di Dante? Davvero bisogna accontentarsi senza provare a immaginare qualcosa di più ambizioso? Ancora più eclatante è il secondo esempio che dimentica una questione di vitale importanza nell’ambito della cooperazione universitaria: la convalida del titolo di studio. Un ostacolo, questo, che continua ancora oggi a creare innumerevoli problemi ai cittadini di entrambi i paesi che finiscono in pratica a rinunciare all’idea della convalida. Nell’analizzare il mandato dell’ambasciatore piemontese in Uruguay ci sono poi altri episodi cruciali che meritano di essere ricordati poiché estremamente significativi per tracciare un bilancio di questo periodo. Partiamo dalla visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (maggio 2017) con il disdicevole tentativo di trasformarla in una "visita clandestina" come denunciato all’epoca dal Comites. Per partecipare all’incontro con il presidente le associazioni furono invitate a fornire cinque nominativi perché -parole testuali- "La Casa degli Italiani non è lo stadio Centenario ed è necessario un po' di equilibrio". In questa frase è racchiuso tutto lo spirito elitista degno della peg giore casta diplomatica allergica, evidentemente, al contatto con il popolo. Un capitolo a parte merita anche il tentativo di sabotare il premio concesso dalla Presidenza della Repubblica a Gente d’Italia che si sarebbe dovuto svolgere secondo Piccato nel grigiore oscuro della sua residenza privata anziché nel momento festivo dell’incontro con la collettività. A proposito della residenza privata, come non ricordare il sistematico abbandono della Festa della Repubblica, la festa dell’Ambasciata finita in giro per i locali più esclusivi di Montevideo anno dopo anno rinunciando a quella che era la sua sede naturale, la casa Towers, mantenuta profumatamente dallo Stato italiano con centinaia di migliaia di euro. Il culmine di questo processo di delegittimazione della festa si è avuto proprio in questo 2019 che ha segnato -incredibilmente- l’assenza di una celebrazione ufficiale aperta alla collettività alla Casa degli Italiani. Il principale colpevole di questo ennesimo disastro è stato ovviamente un Comites inefficiente e litigioso a cui però va affiancata anche la responsabilità di un’Ambasciata complice che ha preferito lavarsi le mani voltandosi dall’altra parte perché, in fondo, ciò che conta è solo apparire bene nelle foto. Uno dei capitoli più spinosi del mandato di Piccato in Uruguay è rappresentato dal clamoroso flop delle elezioni politiche del 2018 e tutti i problemi avuti durante la distribuzione dei plichi: 23% fu l’affluenza in quell’occasione, un crollo di quasi la metà rispetto al 2013 in un paese dalla grande tradizione civica. Che dire poi del sodalizio politico intrattenuto negli ultimi tempi con il Maie (Movimento Associativo degli Italiani all’Estero), il partito del sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo che ha lanciato una gigantesca operazione mediatica condita di fake news sul consolato di Montevideo. Con il referente uruguaiano del Maie Aldo Lamorte, Piccato è andato a braccetto su questa storia del consolato ancora poco chiara condita da elogi pubblici e amorevoli sintonie. Che fine ha fatto il ruolo di garante super partes che dovrebbe mostrare un ambasciatore? Lo stesso Lamorte, ricordiamo, che non è stato ancora espulso dal Comites dopo averne boicottato il funzionamento per oltre 2 anni dopo il cambio di esecutivo nel 2017. Con un ritardo madornale, solo pochi mesi fa sono stati espulsi i 5 consiglieri eletti nella lista del rappresentante del Maie per le continue assenze ingiustificate. Anche in questo caso la strategia dell’Ambasciata è stata quella dell’indifferenza complice contribuendo ad affondare l’organismo di rappresentanza dei cittadini reso inoperante in questi anni a causa dei numeri insufficienti. Il chiaro indirizzo politico dell’Ambasciata è stato esattamente replicato nel rapporto con il mondo associativo italiano basato su palesi preferenze e disparità fermo restando che in Uruguay ci sono associazioni che lavorano molto bene e altre che invece fanno poco e niente. Uno degli aspetti più difficili in questi quattro anni del mandato di Piccato in Uruguay è stato il rapporto conflittuale con i rappresentanti della collettività. Secondo il presidente del Comites Alessandro Maggi è mancata sintonia con questo organo di rappresentanza: "Dopo le vicende che hanno portato alle dimissioni del presidente Melloni e la formazione di un nuovo esecutivo, credo che sia mancato il dialogo da parte dell’ambasciatore a differenza di quanto veniva fatto in passato. Spesso lui ci ha comunicato delle decisioni già prese ma non c’è stato mai un vero confronto con noi come accadeva invece con altri suoi colleghi". "L’esempio più evidente" -prosegue Maggi- "è stato quello relativo al consolato dove il Comites non è stato mai coinvolto attivamente. Su questo punto, inoltre, bisogna ammettere c’è stato troppe volte da parte dell’Ambasciata uno sbilanciamento a favore del Maie". "Tutti i problemi derivano da una cosa" sostiene Filomena Narducci, membro dell’esecutivo, la voce più critica. "Il fatto di non avere un consolato probabilmente ha provocato una mancanza di fluidità nel rapporto con le autorità diplomatico-consolari. Si è sentita una mancanza nei confronti del Comites, forse c’è stata un’errata comprensione della legge". La Narducci parla poi di "gravi errori istituzionali" che hanno accompagnato le ultime vicende riguardo il progetto di costruzione del nuovo consolato di Montevideo. "La foto della conferenza stampa dell’ultima visita del sottosegretario Merlo è estremamente simbolica: è stato invitato solo il rappresentante del Maie. Una gaffe enorme dato che Merlo è venuto qui come rappresentante istituzionale e non di un partito. In tutti questi anni di partecipazione non avevo mai visto cose del genere. Come mai tutte le comunicazioni sul consolato sono arrivate sempre da un partito e non dai canali ufficiali?". Più tiepido il commento di Renato Palermo, rappresentante uruguaiano nel Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) oltre che membro del Comites: "È stata una gestione tradizionale. Io parto da una premessa, di solito gli ambasciatori fanno poco per le collettività dato che hanno altre funzioni. Insomma, un mandato senza pena e senza gloria". Palermo rivendica il ruolo da lui svolto come "mediatore" tra l’ambasciatore e il sottosegretario Merlo per cercare di risolvere il problema dei servizi consolari: "Io penso di non essere stato nel gruppo dei suoi nemici e ho cercato sempre di avere un ruolo di conciliazione. Personalmente, nel rapporto con il Cgie da parte sua c’è sempre stata correttezza, ascolto e dialogo". "Nei primi tempi" -prosegue Palermo nella sua analisi dividendola in due periodi- "ho notato una maggiore presenza a differenza degli ultimi tempi dove invece è stato più assente. Prima aveva un atteggiamento neutrale poi, dopo, ha deciso di sposare la linea politica del Maie forse per cercare di ottenere maggiori risorse per la sede. La realtà è che è stata una gestione poco liscia che ha suscitato forti discrepanze".

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