Smartphone fanno tumori? Sì, se i magistrati fanno gli scienziati. Si dice e si tocca con mano come da decenni in Italia i magistrati facciano spesso (e volentieri) il lavoro della politica. Sostituiscono nel migliore dei casi una politica che non sa per incompetenza decidere e non vuole per pavidità decidere. In altri e numerosi casi, cui è difficile attribuire l’aggettivo migliore, di fatto con indagini prima ancora che con sentenze determinano carriere, reputazioni, perfino fortune politiche non solo di individui ma anche di idee ed organizzazioni.

La supplenza della magistratura rispetto alla politica è cosa assodata. La vigilanza della magistratura sulla politica è missione teorizzata (e praticata) da esponenti non di secondo piano della magistratura, la volontà di raddrizzare le gambe o rivoltare come un calzino la società italiana è nel bagaglio culturale e nel manuale operativo di non pochi magistrati.

Ma non solo la politica. Più di rado, ma anche qui con una certa frequenza, si son visti magistrati fare volenterosamente il mestiere degli scienziati. E’ accaduto, tanto per stare agli episodi più evidenti, quando sentenze e ordinanze sparse qua e là per l’Italia ordinavano di somministrare tramite Servizio Sanitario nazionale il cosiddetto metodo Stamina. Cioè si son visti magistrati sostituirsi ai medici che dicevano come metodo Stamina guarisse nulla e nulla avesse di scientifico. Ma magistrati e ordinanze ordinavano di somministrare quel che poi altri magistrati sentenzieranno essere truffa.

Non solo la politica, non solo magistrati sono all’opera per decidere e stabilire cosa sia un partito e cosa no, si vedono magistrati che (volentieri) fanno anche il mestiere degli epidemiologi e dei botanici: magistrati hanno provato a stabilire per via giudiziaria cosa sia la Xylella

Ed ora magistrati hanno volenterosamente intrapreso il mestiere dei fisici e degli oncologi. Una sentenza ha stabilito Inail debba risarcire un lavoratore che per anni usava, per lavoro appunto, il telefonino per circa tre ore al giorno. (Sia detto per inciso, sulla base di questo parametro milioni e milioni di italiani qualcuno li dovrà risarcire perché tre ore al giorno al telefono ci stanno in parecchi…lo battezzeremo risarcimento di cittadinanza?).

Il magistrato, nella fattispecie informano le cronache la Corte di Appello di Torino ha riconosciuto l’esistenza di un nesso tra l’uso dello smartphone (tranquilli, quelli a vecchia tecnologia non più di fatto in uso) e l’insorgenza di un tumore all’orecchio (peraltro benigno, ma non è questo il punto). E il nesso è stato individuato, sempre secondo le cronache, sulla base del principio “scientifico” del “più probabile che non”. Principio questo rispettabilissimo e molto diffuso nel sentir comune e anche nelle arti e anche nel pensiero religioso e anche nel pensiero magico. Però proprio scientifico il “più probabile che non ” non è. Scienza è verifica empirica, ripetuta e comprovata fino a diventare costante e osservato  e misurato nesso di causa ed effetto.

Il principio “più probabile che non” è più probabile che non appartenga e provenga da una filiazione del principio di precauzione. Principio secondo il quale una tecnologia innovativa va applicata su larga scala solo dopo sperimentazione e osservazione dei suoi effetti. Principio di precauzione che però è stato usato come dogma ed esteso nel suo significato fino al concetto di blocco obbligatorio e obbligato delle nuove tecnologie. Principio di precauzione di cui si sente l’eco in quel “più probabile che non” tre ore di telefonino al giorno possano avere una qualche parentela, quale non si sa, con l’insorgenza di un tumore.

L’eco culturale, ma più che culturale, l’eco ideologica. Era appena lo scorso agosto e l’Istituto Superiore della Sanità diceva che la somma delle ricerche sul campo non aveva trovato nessi tra smartphone e tumori. Sei mesi dopo sentenza di magistrato afferma il contrario anche sulla base di una consulenza di uno dei maggiori assertori su scala nazionale della nocività dell’elettrosmog. Come chiedere all’oste un parere sul vino…

Ci deve essere dell’ideologia nell’ignorare il documentato e scientifico, questo sì scientifico, parere dell’Istituto superiore della Sanità. Se non l’ideologia della medicina asservita agli interessi di Big Pharma e quindi anche, perché no, dei big della telefonia, se non proprio quella di certo la sua eco. O più semplicemente la gran voglia, la gran buona intenzione che spesso si riscontra tra le fila della magistratura: fare, spesso e volentieri, il mestiere dei politici, dei medici, dei chimici, degli oncologi, degli scienziati, degli economisti, dei fisici, degli ingegneri e architetti di società umane.

di Lucio Fero