Ci mancava il coronavirus. La caccia al malato sospetto: una sequenza tragica in questa società dai falsi, contrastanti e decadenti valori. È l'assunto inaudito di un'epoca che evoca i secoli bui, le barbarie perpetrate in nome di ideali ghettizzanti e ghettizzati, un inaccettabile e pericoloso sfaldamento sociale dell'evo moderno, pur progressista e foriero di grandi scoperte tecnologiche. Una contraddizione in termini imprevista e scioccante. Si continua ad ammazzare in nome di spregevoli ideali omofobi e xenofobi, di pulizie etniche, mai sopite, devianti ed idiote, riemergenti dal fango in cui la Storia ha tentato inutilmente di affondarli nella speranza di cancellarne la memoria. È un ritorno alle guerre sante e alle purghe, al recondito e anaerobio virus della superiorità della razza, della caccia agli infedeli che non si uniformano ad una stessa religione e non condividono un eguale fanatismo di credo o pensiero politico.

Ma è soltanto la memoria che ha la forza di evitare il riproporsi di tali ignominie! Non esiste distinzione - d'altra parte è una conseguenza naturale, anche se illogica - fra vittime e carnefici: ieri cristiani ed ebrei, oggi turchi, curdi, rumeni o bosniaci. Ciò che non va sottaciuto, ma evidenziato a chiare lettere, è una perversa, comune matrice d'estremismo di destra - una "morte agli stranieri" - che non può più essere derubricato a goliardate scioviniste o a episodi di generica stupidità emulativa, a neotrumpismo o mediocri nostalgie retrò. È il ritorno, senza attenuanti o commenti gigioni, del "Leviatano", l'orribile mostro distruttore della tradizione ebraica, con cui identificarono Hitler, della cui ideologia della razza suprema, oggi, nel ristagno fetido lacustre del pensiero umano, sembrano prendere spunto i rinnovati rigurgiti sovranisti.

America first, annientamento di "sacche etniche" indesiderate, qui abita un giudeo, orgoglio della razza bianca, caccia a gay e lesbiche, buttiamo a mare gli sporchi migranti, prima gli italiani, pulizia etnica dei curdi (come fu per il popolo armeno), cronache quotidiane di femminicidi e infanticidi, sterminio di etnie in Africa, l'odissea dei Rohingya in Thailandia con la complicità di una Nobel per la pace, la pace negata in Palestina con un Israele già immemore del senso di tale tragedia, invocazioni di calamità bibliche sui napoletani, sono soltanto una parte del filo conduttore avariato del percorso insensato di questa umanità "evoluta", ne prendiamo atto e coscienza "incosciente" ogni giorno, senza muovere un dito. Intanto risulta inquietante il ritorno alle origini territoriali delle ideologie nate dalla confusione intellettuale e culturale della Repubblica di Weimar, adattate per conformismo elitario ai differenti nazionalismi europei e altri, per certificare la retorica dell'odio e della prevaricazione.

La solidarietà, la comprensione, l'apertura al pensiero diverso rappresentano così solo epigoni esemplari di una debolezza intellettuale, di una timidezza decisionale, di un filosofare improduttivo non in linea con il sentimento intimo e nascosto del popolo avvelenato da tossine storiche mai cancellate. Si parte dalla scuola, dove il bullismo o il cyberbullismo non può essere combattuto da convegni, conferenze e prediche educative, perché il marcio della nostra società alligna per gran parte nel tessuto della violenza fisica e comportamentale di nuclei familiari dove vigono paradigmi d'insofferenza e aspettative deluse. La causa delle nostre sconfitte è sempre degli altri. Non costruiamo una società civile inclusiva ed aggregante ma schiere di disadattati, facile preda di dogmi isterici ed illusori, pronti a divenire terroristi di se stessi e distruttori di vite altrui, colpevoli prodotti del consumismo, bruciano la loro vita, assoggettandola al meccanismo perverso e disumano dell'usa e getta, come patetici ed impazziti eroi del nulla, senza una soluzione razionale a questa terribile escalation. Siamo tutti responsabili di tale sfacelo, per il silenzio, per la condiscendenza, per l'irritante convinzione di essere nel giusto, senza renderci conto di essere fragili tessere impazzite di un inquietante mosaico dell'umana vergogna.

ANONIMO NAPOLETANO